lunedì 5 settembre 2022

Netflix Original 75: L'Unica


Capita, capita molto spesso. Lui ama lei, lei ama lui, ma... arriva l'imprevisto. Avete presente Love Story? Una storia d'amore in cui all'improvviso irrompe il dramma quando si scopre che lei è malata terminale di cancro.
Ecco, allora forse vi suonerà qualche campanello in testa nel vedere L'Unica (Irreplaceable You), film diretto da Stephanie Laing, scritto da Bess Wohl e distribuito su Netflix a partire dal 16 febbraio 2018.
Abbie (Gugu Mbatha-Raw) e Sam (Michiel Huisman) si conoscono sin da quando sono bambini e sono sempre stati insieme. Dopo anni di convivenza stanno infine pensando di sposarsi ma, durante un controllo per una presunta gravidanza, Abbie scopre di essere malata terminale di cancro.
Negli ultimi mesi di vita che le restano frequenta un gruppo di sostegno dove conosce Myron (Christopher Walken), il quale le darà preziosi consigli, e cercherà di rendere migliore la vita per Sam una volta che lei non ci sarà più. Ma paradossalmente questo rischia di compromettere il loro rapporto proprio nei suoi ultimi giorni di vita.
Sì, questo è proprio un Love Story ambientato cinquant'anni dopo circa, ma con una sensibile differenza. Stavolta vediamo la sofferenza di un rapporto d'amore che finisce a causa di una malattia non curabile principalmente dal punto di vista della protagonista, mentre cerca di immedesimarsi nel suo compagno e di accettare la sua situazione.
Lo spessore drammatico che si viene a creare viene bilanciato, per non appesantire troppo l'atmosfera generale in quella che rimane comunque una pellicola mainstream, da alcune scene e personaggi in grado di portare levità.
Come tuttavia intuibile, il film prosegue su binari programmati (tanto che si preoccupano subito di dire come va a finire prima che lo si capisca da soli), facendo affidamento su situazioni romantiche, melense (se mi si passa il termine nonostante la drammaticità del tema trattato), retoriche anche in certi punti per cercare di toccare alcune corde nello spettatore.
La cosa viene tuttavia eccessivamente sfruttata nel complesso, facendo sfumare in parte questo intento, seppur risulti particolare - e forse anche inedito - come a un certo punto i due protagonisti si interroghino se aver vissuto insieme tutta la vita, sin da quando erano piccoli, non abbia precluso loro di conoscere altri grandi amori (ma la risposta alla fine è ovviamente no, altrimenti si sarebbe vanificato quanto narrato sino a quel momento, a partire dalla metafora iniziale in una scena ambientata in un acquario).
Un merito va a Christopher Walken, il quale interpreta anche lui un malato terminale e con mestiere è capace di dargli spessore e credibilità, pur essendo comunque il suo personaggio soggetto a quella retorica da "non ho rimpianti, ho vissuto la mia vita" che predomina lungo tutto il film.

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