Se c'è stato un genere cinematografico imperante in questi ultimi dieci anni, questo è sicuramente quello supereroistico. Con i film del Marvel Cinematic Universe in prima linea, anche in termini di incassi, ma non meno da sottovalutare sono quelli del DC Extended Universe.
Chiaro che, con un tipo di prodotto così vincente, chiunque cerchi a suo modo di salire su questo carrozzone. Cercando ad esempio di sviluppare prodotti collaterali su creazioni fumettistiche minori quali R.I.P.D. o addirittura provando a creare un supereroe dal nulla... o quasi.
Un supereroe come quello che compare in iBoy, film diretto da Adam Randall, sceneggiato da Joe Barton, Mark Denton e Jonny Stockwood e distribuito su Netflix a partire dal 27 gennaio 2017. La pellicola è tratta da un romanzo omonimo di Kevin Brooks pubblicato nel 2010.
Ci troviamo nella periferia di Londra, quella periferia vicina ai grandi palazzi luccicanti che appaiono come un mondo distante. Lo studente Tom Harvey (Bill Milner) riesce finalmente ad avere un appuntamento con la ragazza di cui è innamorato, Lucy Walker (Maisie Williams).
Ma la notte dell'appuntamento, Tom trova il suo appartamento devastato e occupato da dei ladri. Il ragazzo fugge cercando di chiamare la polizia, ma un colpo di proiettile lo manda in coma per un paio di settimane.
Quando si risveglia, Tom scopre che alcuni frammenti del suo cellulare si sono fusi col suo cervello e che può connettersi a ogni dispositivo mobile, riuscendo anche a controllarli. Userà queste sue capacità per un solo scopo: vendicarsi dei responsabili della sua condizione e scoprire il vero mandante dell'attacco a Lucy Walker.
Ebbene sì, quella che abbiamo di fronte è una vera e propria origin story di un nuovo, moderno supereroe. E se i supereroi della Silver Age traevano i loro poteri da strani incidenti dovuti spesso a contatto con materiale radioattivo (l'enigma e la paura di allora), iBoy ottiene i suoi poteri per via di uno strano incidente dovuto a contatto con la tecnologia dei cellulari, l'enigma e la paura di cinque anni fa.
Ignoro se il materiale di provenienza sia stato rispettato, ma posso dire con certezza che gli sceneggiatori hanno letto molto bene i fumetti di Spider-Man. Tom Harvey vive infatti in periferia, come Peter Parker, ha un rapporto di affetto con sua nonna (Miranda Richardson) che ricorda molto da vicino quello di Peter con zia May, Lucy Walker è l'equivalente di Mary Jane Watson e il suo nemico principale è un Kingpin londinese (Rory Kinnear).
La formazione come supereroe di Tom è dunque ben nota a chi legge fumetti di supereroi: scoprirà che da un grande potere derivano grandi responsabilità e, dopo averle usate per motivi egoistici, metterà quelle sue capacità al servizio del bene comune. Nulla di originale, dunque, e dovrete non far troppo caso ad alcuni passaggi volti a mandare avanti la trama, ma abbastanza godibile, forse perché è proprio un tipo di storia che abbiamo imparato ad apprezzare anche al cinema, oltre che sulle pagine di un fumetto.
L'ambientazione della periferia londinese in questo contesto risulta abbastanza inedita e vi è un cast di attori inglesi davvero mirabile. Curioso se pensiamo che questa è comunque una piccola produzione. Peccato che il protagonista sia invece abbastanza monoespressivo.
Credo infine sia abbastanza casuale il fatto che il "look" da supereroe di iBoy sia molto, ma molto simile a quello di Jeeg Robot di Claudio Santamaria (una felpa e un cappuccio non si negano a nessuno, dopotutto).
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