mercoledì 1 gennaio 2025

Libri a caso: Veleno a Capodanno


Allora, avete festeggiato con i consueti bagordi la notte di Capodanno? Magari lanciando i soliti strali contro il Presidente della Repubblica mentre pronunciava il suo discorso senza che nemmeno lo ascoltavate? Disperandovi quando a tavola, anche all'ultimo, si è iniziato a parlare di politica, ma poi siete stati i primi a intervenire? Pubblicando il vostro selfie sorridente sui social, mentre dentro di voi la rabbia vi divorava? Tranquilli, c'è a chi è andata  peggio.
Questo succede in Veleno a Capodanno (The Poisoner's Mistake), scritto da Belton Cobb e pubblicato nel 1936.
I Bole sono una benestante famiglia inglese, tradizionale, col capofamiglia Rupert, la moglie Mary e la figlia Jennifer. Negli ultimi mesi la loro casa si è popolata di altre persone, tutte provenienti dal ramo familiare di Mary, a cui sono capitate avverse fortune che hanno fatto perdere loro quasi tutti gli averi e anche una casa sotto cui abitare.
Rupert Bole non vede di buon occhio che dentro casa girino quelli che lui considera dei parassiti, ma c'è poco che può fare al riguardo.
Tuttavia, durante la notte di Capodanno del 1936, avviene un fatto drammatico: Bobby Letchworth, un pretendente della figlia del cognato di Rupert Bole, muore a seguito di un cocktail che era stato in precedenza avvelenato.
Delle indagini viene incaricato il commissario di Scotland Yard Cheviot Burmann, il quale ben presto scopre che il ragazzo con ogni probabilità non era la vittima predestinata. Allora chi era la vera vittima dell'avvelenatore?
Il romanzo giallo inglese, nel decennio in cui l'opera è stata pubblicata, è ormai lanciato nell'olimpo grazie a una certa signora di nome Agatha Christie. Ma sarebbe riduttivo pensare solo a lei, visto che molti altri validi scrittori hanno condiviso la scena in quegli anni.
Belton Cobb è forse uno di quelli che sulla scena c'è stato tanto, ma non è stato notato (come uno di quegli attori che compare sullo sfondo, che all'inizio riconosci, ma poi te ne dimentichi fino a quando non lo rivedi in un altro film) e Cheviot Burmann è uno dei tanti detective di Scotland Yard che, almeno nella finzione, ha operatore con correttezza e rettitudine per decenni per portare giustizia.
Quindi, dopo aver presentato in maniera sommaria ma chiara i vari "attori" di questo dramma, avviene l'evento tragico che dà il via al tutto e fa intervenire sulla scena il deus ex machina, ovvero Cheviot Burmann.
Non che gente come Poirot o Maigret siano avari di parole, ma in questo caso abbiamo un detective meno vanitoso e che preferisce lasciar parlare gli altri. Praticamente, dopo i primi capitoli che introducono la storia, il resto è dominato al 95% dai dialoghi tra Burmann e i vari protagonisti della vicenda, che contribuiscono a fare luce sul caso.
Quindi un susseguirsi praticamente continuo di botta e risposta, senza nessuna particolare scena d'azione o drammatica a sottolineare la tensione degli eventi. O meglio, la tensione viene costruita proprio attraverso i dialoghi e capovolgimenti di fronte anche improvvisi lungo la via.
Anno nuovo, vita nuova, si suol dire. Ma il romanzo giallo inglese, nella sua costanza, rimane una continua fonte di sorprese.

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