Anche se può sembrare insolito, il cinema italiano ha vantato una discreta tradizione in merito al genere fantastico/fantascientifico. Grazie ad artigiani e seri professionisti quali Mario Bava, Lucio Fulci e Umberto Lenzi, per citarne solo alcuni, si riusciva a tirare fuori produzioni di tutto rispetto con budget risicati, poiché i produttori di sganciare denaro non è che ne abbiano mai avuto voglia.
Poi i tempi sono cambiati, la tecnologia è andata avanti e creare un film fantastico è risultato ormai troppo dispendioso, quindi non si è corso il rischio e si è quasi del tutto abbandonata questa strada in favore di un genere più consolidato, la commedia. Ma una celebre commedia ha comunque trattato un celebre argomento della fantascienza, il viaggio nel tempo: Non Ci Resta che Piangere.
E a omaggiarne il titolo arriva Non Ci Resta che il Crimine, diretto da Massimiliano Bruno, scritto da Massimiliano Bruno, Andrea Bassi, Nicola Guaglianone e Roberto Marchionni e distribuito nei cinema nel gennaio 2019.
Moreno (Marco Giallini), Sebastiano (Alessandro Gassmann) e Giuseppe (Gianmarco Tognazzi) sono tre spiantati che provano a sbarcare il lunario organizzando tour non autorizzati nei luoghi dove agiva la Banda della Magliana.
Per sfuggire a un loro ex compagno di scuola da loro bullizzato, Gianfranco (Massimiliano Bruno), ora divenuto ricco, attraversano un portale spaziotemporale che li catapulta nella Roma del 1982, mentre si stanno svolgendo i Mondiali di Calcio che saranno vinti dall'Italia.
I tre, già sapendo cosa accadrà, pensano di sfruttare la situazione a loro vantaggio, ma sulla loro strada incrociano appunto la Banda della Magliana e il loro boss Renatino (Edoardo Leo) che iniziano a sospettare di loro.
In questi ultimi anni c'è stato un intento di rendere oggetto di culto gli anni '80 del ventesimo secolo, un culto che è cresciuto col progredire della generazione di quel decennio dello sfruttamento dell'uso della tecnologia spesso così tanto bistrattata.
Una passione per un'epoca, che ha oggettivamente prodotto belle opere in molti campi, in cui chi ne parla sui social aveva meno responsabilità sulle spalle e aveva - pur con le dovute eccezioni - affrontato fino ad allora meno sofferenza sul proprio cammino.
Pur in un'atmosfera da commedia dove predominano le battute spiritose, anche se qui e lì vengono inseriti un paio di elementi drammatici, il film sembra voler dire che, sotto quella patina di felicità e spensieratezza che molti di noi hanno sperimentato, vi era anche una profonda dose di oscurità che permeava quegli anni, una oscurità che si tende a dimenticare per non intaccare quella perfezione che esiste nelle nostre menti. Ma solo lì.
Anche se il titolo, come detto, richiama il film di Massimo Troisi e Roberto Benigni, l'ispirazione dichiarata per questa pellicola è in realtà Ritorno Al Futuro (più che altro la parte seconda), rifatto in salsa italiana, con anche un pizzico di Scarface. Seppur un omaggio a Troisi e alla scena di Yesterday sia ben presente.
Diversamente da altri prodotti, ho visto una sceneggiatura e dei dialoghi un po' più curati per concepire una trama che prosegue e si sviluppa, invece che stopparla a un certo punto e inserire scenette comiche per allungare il brodo, concludendo il tutto con un prevedibile ma buon cliffhanger.
Anche le interazioni tra i vari protagonisti, che si rifanno sia ai buddy cop movies americani che alle commedie italiane di qualche decennio fa, risultano - pur nel contesto fantastico e talvolta sopra le righe che permea il tutto - adeguati alla situazione.
Non stupisce dunque che da questo film si sia generato un mini-franchise (evento epocale in Italia) che continua ancora oggi.
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