sabato 18 dicembre 2021

Fabolous Stack of Comics: The Sheriff of Babylon


Tom King è uno di quegli sceneggiatori che le storie non le ha semplicemente scritte, per certi versi le ha anche vissute.
Dopo gli attacchi dell'undici settembre 2001, King decide di entrare a far parte della CIA come agente operativo sul campo e, dopo la cattura di Saddam Hussein, viene inviato in Iraq per contribuire alla crescita della nuova realtà sociopolitica di questo paese uscito dalla dittatura.
Basandosi in parte su esperienze personali, in parte su racconti di altri agenti e aggiungendo qualche pizzico di inventiva da consumato narratore, Tom King - una volta abbandonata l'Agenzia - concepisce così la maxiserie in dodici numeri The Sheriff of Babylon, disegnata da Mitch Gerads e pubblicata nel 2015 dalla DC Comics tramite l'etichetta Vertigo.
Iraq, 2004: viene ritrovato il cadavere di un soldato iracheno, Ali Al Fahar. Si scopre ben presto che costui era una recluta di Christopher Henry, un ex agente CIA che addestrava Fahar, insieme ad altri iracheni, perché divenisse parte della nuova forza di polizia irachena.
L'autopsia rivela che Fahar è stato ucciso e la risoluzione dell'omicidio passa anche dalla transizione della nazione irachena verso un nuovo periodo storico e l'abbandono del vecchio, a cui alcuni non vogliono però rinunciare.
Per scoprire l'omicida, Henry chiederà l'aiuto di una sua vecchia fiamma, Saffiya al Aqani, donna coinvolta a livello politico nella ricostruzione dell'Iraq, e Nassir, ex poliziotto un tempo al servizio di Saddam Hussein.
Si potrebbe pensare che un ex agente CIA, che scrive una storia rivolta a un pubblico americano, si concentri sul mettere in buona luce o comunque in una posizione morale accettabile i soldati americani che compaiono nella sua storia, mentre invece proietti qualche ombra sui non americani.
Non in questo caso. Tramite i tre protagonisti della maxiserie, Tom King - descrivendo i loro tormenti interiori e il loro passato che si riflette sul presente - ci offre tre storie di profonda e sofferta umanità, dove non esistono buoni o cattivi.
In tal senso l'Iraq del post-Saddam rappresenta una sorta di Purgatorio che tutti coloro che vi sono presenti devono attraversare, per arrivare a un apparentemente irraggiungibile Paradiso o precipitare in un più probabile Inferno.
Tom King consegna a tutti i personaggi una motivazione per il proprio agire, anche quelli che possono apparirci in principio sotto una luce negativa, lasciando infine a noi il giudizio sul loro operato.
Ma allo stesso tempo, lo scrittore rende onore sia a una certa parte del popolo americano (qui molti, credo, saranno in contrasto con la sua visione), scevra da pregiudizi e dettami di natura economico/politica (che vengono individuati e condannati), sia all'intero popolo iracheno, quello da lui stesso conosciuto e ammirato al tempo del suo turno di servizio in questo paese.
Poiché è sempre facile e comodo giudicare un'intera nazione o cultura da lontano, senza conoscerla in maniera diretta. E c'è chi, invece, "a casa loro" ci è andato e ha cercato di dare il suo contributo. E ha capito che in certe realtà, in certe situazioni, non possono esistere il bianco o il nero. Esistono ed esisteranno sempre, in simili contesti, molte zone di grigio.

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