giovedì 6 maggio 2021

Libri a caso: Il Mistero di Abbacuada


Uno dei classici topos narrativi che si è soliti vedere nei romanzi gialli è quello dell'investigatore di turno che - per le più svariate ragioni - si ritrova a un certo punto fuori dal proprio elemento. Cosa che avviene già dai tempi di Sherlock Holmes, il cui esempio più significativo in tal senso è con ogni probabilità Il Mastino dei Baskerville.
Un topos che ritroviamo anche nel romanzo Il Mistero di Abbacuada di Gavino Zucca, pubblicato nel 2017 da Newton Compton Editori.
L'opera rappresenta la prima parte di un ciclo incentrato sul Tenente Giorgio Roversi, composto alla data odierna da quattro romanzi. La storia è ambientata tra novembre e dicembre del 1961. Giorgio Roversi è un carabiniere di Bologna che, per un motivo che rimane per il momento ignoto, viene trasferito in Sardegna, presso la città di Sassari. Qui fa la conoscenza di un suo ex collega, Luigi Gualandi, divenuto tenutario e imprenditore agricolo, e della sua governante Caterina.
Mentre con l'aiuto di Gualandi cerca di abituarsi a una realtà per lui del tutto inedita, Roversi si ritrova coinvolto nell'indagine sull'omicidio di Carlo Ferrero, un vicino di Gualandi che in apparenza non aveva alcun nemico: ma allora perché le modalità del suo assassinio ricordano quelle di un codice criminale del posto?
Due argomenti appaiono interessanti in questo romanzo: in primo luogo l'ambientazione della storia, non solo la terra sarda, sassarese, con tutte le sue peculiarità, ma anche il periodo temporale. Un periodo in cui l'Italia, con finalmente alle spalle le conseguenze del secondo conflitto mondiale, si appresta a vivere un nuovo boom economico.
Un'epoca senza telefoni cellulari, senza Internet, senza computer, e dove la televisione inizia a far breccia nelle case degli italiani. L'opera riesce a catturare bene quello spirito dei tempi passati (passati non significa necessariamente migliori di quelli di oggi, è doveroso precisarlo), almeno dalla mia visione di persona che quell'epoca non l'ha vissuta, ma ne ha sentito parlare più volte dai propri genitori o conoscenti.
Il secondo aspetto è il legame tra i due protagonisti principali della storia, ovvero Roversi e Gualandi. Un rapporto alla Holmes/Watson intercambiabile, con una succedanea di Irene Adler (Caterina) stavolta dalla loro stessa parte.
Per chi è appassionato di fumetti, sarà una sorpresa scoprire che i due protagonisti sono entrambi appassionati lettori di Tex Willer - tanto che su di lui modellano persino il loro modo di agire durante le indagini - e più volte nel corso del romanzo si fa riferimento al celebre personaggio ideato da Gianluigi Bonelli, con tanto di indicazione di celebri storie del passato del ranger.
Rappresenta sempre una sfida sviluppare un personaggio femminile calato in un'epoca dove purtroppo alle donne non era concesso molto spazio, ma in questo caso il personaggio di Caterina ha quella giusta e necessaria indipendenza e spirito di iniziativa che non va a cozzare contro l'epoca storica di cui lei fa parte.
Questi due aspetti sono prevalenti, soprattutto nella prima parte, rispetto al mistero presentato, che viene comunque trattato nel solco della tradizione dei romanzi gialli, trovando infine una conclusione adeguata.
Credo che sia Roversi che Gualandi siano riflessi narrativi dell'autore, il quale è nato e vive in Sardegna, ma per lungo tempo ha soggiornato a Bologna. Un uomo di due mondi. E una Sardegna che non rappresenta un mondo a parte, bensì diviene crocevia delle varie anime dell'Italia.
L'unico problema che ho - ma questo è un mio limite - è che ogni volta che ci sono personaggi che iniziano a parlare sardo mi parte subito nella testa il flash di Nico di Aldo, Giovanni e Giacomo.

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