sabato 17 luglio 2021

A scuola di cinema: Insider - Dietro la Verità (1999)

4 febbraio 1996: Come ogni settimana, va in onda sulla rete televisiva CBS 60 Minutes, un programma di approfondimento giornalistico condotto da Mike Wallace. Ospite della trasmissione quella sera è Jeffrey Wigand, biochimico ed ex consulente della Brown & Williamson, una delle più potenti industrie del tabacco.
Costui rilascia una confessione sconvolgente: la Brown & Williamson ha volutamente alterato la sua miscela di tabacco, inserendo elementi chimici quali l'ammoniaca, allo scopo di procurare più assuefazione al consumatore finale.
Quest'accusa in realtà non è nuova nell'ambiente del giornalismo, poiché i reporter di 60 Minutes - a partire dal produttore Lowell Bergman - ne sono a conoscenza già dall'anno precedente e intendevano mandare in onda la trasmissione mesi prima, nel novembre 1995. Tuttavia, un pericolo di possibili ritorsioni da parte della Brown & Williamson aveva fatto sì che venisse mandata in onda una versione "edulcorata" dell'inchiesta, senza le accuse specifiche di Wigand.
Questo porta a far sì che Bergman venga meno a una specifica promessa che aveva fatto a Wigand, il quale a sua volta passa attraverso il divorzio dalla prima moglie e diviene l'attacco di un dossier da parte della Brown & Williamson che tenta di screditarlo. Molte delle accuse di quel dossier, tuttavia, vengono smontate grazie all'intercessione di Bergman e, messa alle strette e copertasi di ridicolo, la CBS manda infine in onda l'intervista completa di Wigand.
Pochi mesi dopo, la storia di Jeffrey Wigand diviene il soggetto di un importante articolo della rivista Vanity Fair, The Man Who Knew Too Much, scritto dalla giornalista Marie Brenner. Ed è da questa storia e le sue forti implicazioni che pochi anni dopo viene tratta una celebre pellicola.


Il regista e sceneggiatore Michael Mann - che conosce Lowell Bergman - inizia ad appassionarsi alla vicenda di Wigand già nel novembre 1995, quando vede la trasmissione di 60 Minutes che non include la sua intervista, ma intuisce che c'è dietro una storia interessante.
Quando l'articolo di Vanity Fair ad opera di Maxine Brenner viene opzionato dalla Touchstone Pictures, Mann raccoglie tutta la documentazione possibile sulla vicenda, comprese anche le deposizioni rese in tribunale.
Poco dopo, il regista entra in contatto con Eric Roth, lo sceneggiatore di Forrest Gump. Mann ha letto la sua sceneggiatura di un film che sarà prodotto solo alcuni anni dopo, The Good Shepherd, incentrato sulla nascita della CIA, e ritiene che sia la scelta più adatta.
I due si incontrano e iniziano a delineare la sceneggiatura, approfondendo le ricerche e contattando sia Lowell Bergman che Jeffrey Wigand. Il primo si dimostra molto collaborativo nel dare informazioni, il secondo un po' meno, ma non per cattiveria o malafede, semplicemente è ancora legato a un accordo di confidenzialità con la Brown & Williamson e non può rivelare più di tanto, oltre a ciò che è già pubblicamente noto.
La sceneggiatura finale (che ha per titolo provvisorio Man of People) di Mann e Roth si rivela abbastanza fedele rispetto a quanto accaduto nella realtà, pur concedendosi qualche inevitabile libertà per esigenze narrative, ma non alterando i fatti storici.
Una delle poche modifiche la chiede Wigand in persona, esortando a cambiare nel film il nome delle sue figlie, al fine di tutelarne la privacy. L'uomo chiede inoltre che durante la pellicola non sia mostrata neanche una sigaretta: questo non accade, anche se le sigarette compaiono solo per pochi secondi durante tutta la pellicola.
Oltretutto, trattando temi delicati e non esitando a fare i nomi delle società coinvolte nella vicenda, la sceneggiatura viene sottoposta a un rigoroso processo di fact-checking, al fine di evitare possibili conseguenze di natura civile o penale.
Per il ruolo di Lowell Bergman, Michael Mann ha in mente un solo nome: Al Pacino, con cui ha collaborato in Heat - La Sfida (Heat). L'attore non solo accetta, ma suggerisce anche di affidare la parte di Mike Wallace a Christopher Plummer. Suggerimento che viene accolto. In preparazione per questo ruolo, Pacino incontra più volte Lowell Bergman e frequenta le redazioni di quotidiani e notiziari televisivi.
Per il ruolo di Jeffrey Wigand, la prima scelta di Mann ricade su Val Kilmer, altro attore con cui ha lavorato in Heat. Il produttore Pieter Jan Brugge, tuttavia, gli suggerisce un altro nome, Russell Crowe, in quanto rimasto impressionato in maniera favorevole dalla sua interpretazione in L.A. Confidential.
Crowe effettua un'audizione aggiudicandosi la parte, ma ha qualche riserva sul fatto che possa ben interpretare una persona più anziana di lui (tra l'attore e Wigand vi sono più di venti anni di differenza). Per entrare nella parte, Crowe ingrassa di circa quindici chili, si schiarisce la capigliatura e applica su base giornaliera delle rughe finte sulla propria pelle, di modo da simulare l'età avanzata.
L'attore cerca anche di avere dei colloqui con Wigand, ma non vi riesce. Visiona allora delle videocassette coi discorsi di Wigand per capire il suo modo di parlare e di muoversi.
Le riprese iniziano in via ufficiale il 20 maggio 1998, tenendosi in California, New York, Kentucky e Indiana, con delle sortite all'estero in Libano, Israele e Bahamas.
Le riprese della deposizione di Wigand non si tengono in uno studio cinematografico, bensì nello stesso tribunale del Mississippi dove si tenne l'udienza originaria. In questa scena, l'attore Bruce McGill, prorompendo in una concitata arringa, si procura una lieve frattura all'intestino di cui si accorge solo il giorno successivo.
Le riprese si concludono il 9 ottobre 1998.
Insider - Dietro la Verità (The Insider) viene distribuito nei cinema americani a partire dal 5 novembre 1999. A fronte di un budget di circa 90 milioni di dollari, la pellicola arriva infine a incassare sul territorio statunitense poco meno di 61 milioni di dollari.
Non si tratta ovviamente di un grande successo, eppure questo non impedisce che la pellicola riceva numerose nomination al Premio Oscar - pur non vincendo infine nessuna statuetta - tra cui quelle per miglior film, miglior regia, miglior attore protagonista (Russell Crowe) e migliore sceneggiatura non originale.
Crowe, già sulla cresta dell'onda grazie a L.A. Confidential, diviene così un attore ancora più quotato e ha la sua consacrazione definitiva l'anno successivo, quando esce Il Gladiatore (Gladiator)... ma questa è un'altra storia.

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