mercoledì 19 maggio 2021

Fabolous Stack of Comics: X-Men/Fantastici Quattro - Primo Contatto


Può apparire incredibile affermarlo oggi, ma X-Men e Fantastici Quattro - in termini di rilevanza cinematografica - hanno anticipato gli Avengers di alcuni anni. Seppur alcune di quelle pellicole che li vedono protagonisti oggi appaiano deboli o superate, esse hanno comunque indicato una via per il futuro Marvel Cinematic Universe.
Anche nei fumetti, queste due famiglie di supereroi hanno preceduto la prima apparizione degli Eroi più Potenti della Terra (seppur gli X-Men solo di pochi giorni), eppure le occasioni di incontro - esclusi i crossover generali - nel corso degli anni sono state poche. Uno di questi incontri avviene nella miniserie in cinque numeri, pubblicata nel 2005, X-Men/Fantastici Quattro (X-Men/Fantastic Four), scritta da C.B. Cebulski utilizzando lo pseudonimo di Akira Yoshida e disegnata da Pat Lee.
Terzo incomodo di questa storia, la Covata, che prende possesso di una stazione spaziale costringendo i due gruppi a intervenire per salvare gli astronauti lì presenti. Ma questo è solo l'inizio di un'incredibile avventura, che vedrà alcuni X-Men sottoposti a una nuova mutazione causata dai raggi cosmici! E la lira si impenna!
C'è una cosa che non troverete in questa miniserie, nemmeno cercandola con la lente di ingrandimento: l'introspezione psicologica dei personaggi, nemmeno la più elementare. Wolverine è un esagitato, a volergli fare un complimento, mentre Reed Richards sembra aver scordato due o tre lauree lungo la via.
Questa storia, chiaramente un incarico su commissione con forse anche trama di base preparata a tavolino dall'editor, è tutta improntata all'azione e parte da un "Menamose", continua con un "Volemose bene" e prosegue con un "Damose da fà!".
C'è qualche situazione abbastanza paradossale e piccole incongruenze che sono riuscito a rilevare persino io alla prima lettura, quindi la mia impressione è che questo fosse un progetto di basso profilo su cui non si è speso più di tanto.
Interessante comunque come dietro di esso ci sia una probabile manovra di (legittimo) marketing. Con uno sceneggiatore dal nome orientale e con un disegnatore dal tratto, e anche le fattezze, all'orientale, si voleva con ogni probabilità intercettare un pubblico diverso dal solito.
Certo, detto col senno di poi, utilizzare per questo uno sceneggiatore All-American con uno pseudonimo e un disegnatore nato e cresciuto in Canada forse non è stata la migliore delle idee. Oggi un'operazione del genere non si potrebbe neanche pensare di concepirla. Ed è meglio così.
Ma si sa, anche questa è la magia - e la follia - del fumetto.

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