mercoledì 30 aprile 2025

Fabolous Stack of Comics: Scarlet - La Strada delle Streghe


Ogni tanto Wanda Maximoff, alias Scarlet, viene fatta precipitare in un abisso di oscurità da cui con fatica riesce a riprendersi. E ogni volta la storia delle sue origini viene modificata.
In principio fu il dio del caos Chthon, che provò a usare Scarlet come suo araldo per spargere distruzione sulla Terra. Fu poi la volta di Pandemonio e Mefisto, che fecero letteralmente impazzire Wanda Maximoff rivelandole che i suoi figli non erano mai esistiti.
Un trauma che rimase sepolto nel suo subconscio, fino a quando emerse pienamente nella saga Vendicatori Divisi, che causò la temporanea morte di alcuni componenti del gruppo, il quale si sciolse poco dopo per rinascere sotto diversa forma.
Wanda Maximoff ebbe anche il tempo di farsi volere bene dai mutanti quando, pur sobillata dal fratello Pietro, cancellò i poteri di quasi tutti i portatori del Gene X sulla Terra, riuscendo solo in un secondo momento a ribaltare questa situazione.
Insomma, tanti peccati che dopo questi eventi lei sta cercando di farsi perdonare. E il suo percorso di redenzione continua nella maxiserie di quindici numeri La Strada delle Streghe (Witches' Road), pubblicata tra il 2015 e il 2017, scritta da James Robinson e disegnata da Vanesa Del Rey, Steve Dillon, Marco Rudy, Chris Visions, Javier Pulido, Marguerite Sauvage, Annie Wu, Tula Lotay, Joelle Jones, Kei Zama, Leila Del Duca, Annapaola Martello, Jonathan Marks-Barravecchia e Shawn Crystal.
Dopo aver da tempo abbandonato gli Avengers e aver scoperto che Magneto non è suo padre,, Scarlet si occupa saltuariamente di casi legati alla magia. La sua unica compagnia è lo spirito di Agatha Harkness, la quale non perde occasione per fare battute denigratorie nei suoi confronti e ricordarle che è la responsabile della sua morte.
Scarlet avverte a un certo punto una perturbazione che sta avvenendo nel regno della magia e che rischia di avere devastanti propaggini. Per scoprirne le radici e il responsabile, si imbarca in un viaggio ai quattro angoli del mondo e scoprirà infine le sue vere origini e... sua madre.
Una prerogativa del fumetto supereroistico americano, a volte un'abusata prerogativa ci mancherebbe altro, è che certi personaggi ogni tot anni vadano rivisti e riadattati, con conseguenti nuove origini e nuovo status quo.
Wanda Maximoff, Scarlet, rientra pienamente in questa prerogativa. Ogni tanto, forse anche per un desiderio di rimescolare le carte e tentare nuove strade narrative, questo personaggio ha subito cambiamenti dello status quo, anche di notevole impatto. I poteri, le pazzie e la virtù, ma soprattutto le origini.
Credo che qualunque personaggio che sia in giro da sessant'anni e più, sia stato oggetto di almeno un cambiamento di origini. Wanda Maximoff - e suo fratello Pietro - è l'emblema di ciò. Tuttavia la sua parentela con Magneto sembrava ormai essere diventata un punto di riferimento.
Ma, appunto, viviamo in un mondo in continua evoluzione e già da molti anni questo fatto non è più consolidato. James Robinson, che non è stato l'ideatore di questo nuovo status quo, parte dunque da qui per ricostruire il personaggio di Scarlet letteralmente dalle fondamenta.
Ridefinendo dunque i suoi poteri e ricontestualizzandoli. Ricostruendo il suo rapporto con Agatha Harkness (in effetti, da quel che ricordo, dopo la sua morte nessuno è più tornato sull'argomento) come se fossero quelle amiche che si incontrano per strada e si punzecchiano amorevolmente.
E infine raccontando e attualizzando per la terza o quarta volta le sue origini. Perché annullare le precedenti e non andare oltre rappresenta alla fin fine una lacuna se non si riempie quel vuoto. Con questa maxiserie quel vuoto viene riempito.
Attorniato da uno stuolo di disegnatori, ognuno col proprio stile per meglio contestualizzare il viaggio intorno al mondo, James Robinson delinea il nuovo passato di Wanda Maximoff, ci fa conoscere la sua vera madre e - nonostante la storia principale venga portata a compimento - lascia una porta aperta per riprendere questo argomento in futuro.
Di nuovo il personaggio di Scarlet è stato scosso nelle fondamenta, di nuovo l'eroina è pronta a ripartire. Ci sono nuove strade da percorrere, dalle potenzialità infinite. Infinita come la magia.

domenica 27 aprile 2025

Netflix Original 176: Un Piedipiatti a Beverly Hills - Axel F


Nel 1984, esce il primo Beverly Hills Cop. Per la prima volta, vediamo il detective di Detroit Axel Foley recarsi a Beverly Hills per indagare, in questo caso sulla morte di un suo amico. Una trasferta che sul grande schermo si sarebbe vista altre due volte, nel 1987 e nel 1994, durante la quale rivedremo, oltre a lui, anche i detective che ha conosciuto durante la sua prima indagine.
Quarant'anni dopo il primo film e trent'anni dopo il terzo, Axel Foley ritorna per la quarta (e ultima?) volta in Un Piedipiatti a Beverly Hills: Axel F, diretto da Mark Molloy, scritto da Will Beall, Kevin Etten e Tom Gornican e distribuito su Netflix a partire dal 3 luglio 2024.
Con un mondo e una società molto diversi rispetto ai suoi primi anni da poliziotto, Axel Foley (Eddie Murphy) pattuglia ancora con dedizione e un pizzico di esuberanza le strade di Detroit.
Il giorno in cui il suo amico Jeffrey Friedman (Paul Reiser) va in pensione, Foley viene contattato da Billy Rosewood (Judge Reinhold), che dopo aver abbandonato la polizia di Beverly Hills sta collaborando con la figlia di Foley, Jane (Taylour Paige), che non parla col padre da anni.
Quando la vita di quest'ultima è messa in pericolo, ad Axel Foley non resta altro che tornare a Beverly Hills, per risolvere il caso, ritrovare il nuovo capo della polizia, John Taggart (John Ashton) e cercare di riallacciare i rapporti con la figlia.
Il fatto che siano passati quattro decenni dalla prima pellicola e tre dall'ultima non può non notarsi, né questo viene nascosto.
In primo luogo nel personaggio di Axel Foley: un poliziotto rampante appena entrato in polizia nelle prime due pellicole, mentre ora è un navigato detective che ha alle spalle anche una famiglia e un matrimonio fallito (tecnicamente, già presenti al tempo del terzo film).
La tentata operazione di cesello che viene messa in atto è quella dunque di collegare questo personaggio, ora declinato in una diversa identità (a sessant'anni non si è più ventenni nel fisico e spesso neanche nella mente come lui stesso a un certo punto afferma), sia al suo presente che al suo glorioso passato, di modo tale da ricordarci che, sì, è ancora lui.
Tuttavia al tempo stesso si tiene a rimarcare, molte volte direi, che non si è più negli anni '80 e quello che Foley poteva fare all'epoca (distruggere decine di auto per una cattura e subire un semplice rimprovero) oggi non gli è più permesso. Così come certe cose (Foley che fa le sue scenate per ottenere informazioni) non funzionano più come un tempo. Traduzione: questo è un film che tenta di abbracciare la modernità, ma prova a non dimenticare il passato.
Quindi non stupisce che, dopo i criminali mascherati da imprenditori o i ricattatori, stavolta Axel Foley si ritrovi ad affrontare degli agenti corrotti, la creme de la creme della malvagità di questi tempi moderni dove si fa fatica a creare dei nuovi personaggi positivi in seno alla polizia.
Ma Foley è il passato che abbraccia il presente, quindi lui può porsi come espressione dell'ordine contro chi quell'ordine lo corrompe e si potrà chiudere un occhio.
Dunque una sorta di operazione nostalgia - chi del vecchio cast poteva apparire qui compare - mixata con la trama consolidata dei difficili rapporti familiari e il desiderio di provare a smarcarsi da quanto accaduto in passato.
Può essere il capitolo conclusivo della saga, così come un nuovo inizio. Il mondo cambierà ancora, le saghe action, invece, tenteranno di rimanere fedeli a sé stesse.

sabato 26 aprile 2025

Libri a caso: La Balera da Due Soldi


Quando il Commissario Maigret, ideato da Georges Simenon, conclude una sua indagine - molto spesso rimanendo amareggiato e deluso dall'umanità che ha incontrato lungo la via - l'ultimo atto è la condanna a morte del colpevole.
Perché, all'epoca in cui i primi romanzi furono scritti (ma anche gli ultimi, a onor del vero), la pena di morte era ancora presente in Francia. Ma nell'undicesimo romanzo della saga, La Balera da Due Soldi (La Guinguette à Deux Sous), pubblicato nel 1931, tale concetto viene ribaltato e la fine costituisce in realtà il principio.
Maigret si reca a trovare un condannato a morte, Jean Lenoir, nel giorno in cui la sua sentenza capitale sarà eseguita. Costui accetta il proprio destino, ma prima vuole togliersi un sassolino dalla scarpa o forse un peso sulla coscienza. Senza comunque fare nomi e dando poche indicazioni, afferma che presso un locale noto come la balera da due soldi vi è qualcuno che merita una condanna come e più di lui, avendo ucciso una persona sei anni prima.
Con fatica, Maigret individua questo locale ed entra in contatto con i principali avventori per capire chi possa essere questo ignoto assassino, ma la mattina successiva avviene un nuovo fatto delittuoso. Che questo sia in qualche modo connesso al delitto di sei anni fa?
Il Commissario stavolta indaga nella capitale francese, Parigi. Una Parigi mostrata sia per le sue vie principali, sia soprattutto per alcune zone periferiche, dove si aggira una strana umanità. Un'umanità composta da professionisti, commercianti e le loro famiglie, che ogni weekend si liberano delle proprie inibizioni sociali per dedicarsi all'alcool e a feste dove predominano gli scherzi e le finzioni.
Ma quella che appare come una maschera è in realtà il vero volto di queste persone, che dietro invece la loro vera maschera - quella che mostrano di giorno, ai loro clienti o conoscenti - nascondono tanti segreti che si sono ormai radicati nel profondo.
Georges Simenon è molto bravo a descrivere quest'umanità, quella che magari non sospettiamo ma incontriamo ogni giorno. Ma è anche eccelso a descrivere l'ambiente che li circonda. Un ambiente fatto di taverne, negozi, istituti creditizi e gli oggetti da arredamento. Descrizioni minute e dettagliate che ci rimandano a un mondo passato, un mondo che non esiste più, ma che lo scrittore ricrea davanti ai nostri occhi come se stessimo vivendo la scena in quel momento.
E anche stavolta, di fronte alla disillusione, di fronte a quell'amarezza che lo coglie alla fine di un caso, quando scopre a quali abissi possa giungere l'essere umano, Maigret trova un'ancora di salvezza nella moglie. Un appiglio a una diversa umanità, a quel lato buono che a volte però si seppellisce sotto troppi strati, lasciando via libera all'orgoglio e all'oscurità interiore.

venerdì 25 aprile 2025

Italians do it better? 56: Lo Chiamavano Jeeg Robot (2015)


Esistono i supereroi nel panorama italiano? Se guardiamo al medium principale su cui questa figura narrativa compare, ovvero il fumetto, la risposta è sostanzialmente no.
Non che non vi siano stati dei supereroi in passato a solcare le pagine di alcuni fumetti nostrani, ma sono sempre stati relegati a pubblicazioni indipendenti, parodie o progetti effimeri. I lettori italiani hanno infatti quasi sempre preferito gli eroi del western, dell'avventura e i titoli horror, e il principale editore italiano ha sempre voluto tenere le distanze da ogni discorso supereroistico... salvo qualche peccato di gioventù.
E nel cinema? Anche qui la risposta è no... o meglio, sarebbe stata no fino a qualche anno fa. Ma l'emergere del Marvel Cinematic Universe ha fatto sì che anche l'Italia avesse i propri supereroi che, per nostra fortuna, non hanno ricalcato quelli americani, ma sono stati inseriti in maniera adeguata in una cornice nostrana.
Pur non essendo il primo, il titolo più celebre a oggi rimane Lo Chiamavano Jeeg Robot, diretto da Gabriele Mainetti, scritto da Nicola Guaglianone Menotti e distribuito nei cinema nell'ottobre 2015.
Enzo Ceccotti (Claudio Santamaria) è un ladro di basso profilo, che non vuole saperne di nulla e nessuno e il cui unico scopo è sopravvivere alla giornata. Quando però, per sfuggire a una sparatoria, cade nel Tevere, il contatto con delle sostanze radioattive lì abbandonate gli fa acquisire dei superpoteri.
Questo gli permette di salvare una ragazza, Alessia (Ilenia Pastorelli), dall'assalto di alcuni delinquenti al servizio dello Zingaro (Luca Marinelli). La ragazza si affeziona ad Enzo, soprannominandolo Jeeg Robot, poiché è convinta che sia giunto per riparare alle ingiustizie.
Cambiando lentamente la sua visione del mondo, Enzo Ceccotti entra dunque in rotta di collisione con lo Zingaro, il quale a sua volta è interessato a capire come abbia acquisito i superpoteri per dominare la malavita romana.
Permane a volte questa strana convinzione che solo gli americani possano girare e produrre certe tipologie di film. Che una modalità "spartana" (e non nel senso di eroica) quale quella italiana non possa adattarvisi. Questo nonostante ci siano decine, centinaia di prove in senso contrario nel passato.
Quando il western lo facevano gli americani, noi italiani abbiamo ripreso quel genere e lo abbiamo reinventato con la nostra spiccata personalità. Il genere supereroistico, in questo specifico caso, rimane appannaggio del cinema americano e qui non viene reinventato, bensì inserito in un nuovo contesto.
Tutti quei topoi tipici del genere, l'eroe che salva la ragazza in difficoltà, il criminale che ha avuto un momento di gloria nel passato e vuole tornare a essere il numero uno, la persona disillusa che si riscatta e riemerge dagli abissi della sua personalità letteralmente per rinascere, neanche fosse Daredevil... sono tutti presenti in diversa forma.
Ecco, tutto questo e molto altro viene inserito alla perfezione in un contesto italiano. Nei film di supereroi americani ci sono i grattacieli, qui le strade di borgata e povere. I criminali statunitensi sono in stile Kingpin e diventano sindaco, qui vi è un ex aspirante divo della televisione italiana che è stato dimenticato (per inciso, questo film è precedente a Joker, che a sua volta comunque si rifaceva a Re Per Una Notte).
Infine, gli eroi americani combattono per salvare il mondo e i multiversi, Enzo Ceccotti lotta per sé stesso, il suo quartiere e la donna che ama e non ha altre ambizioni.
Ecco perché questo non è un film di supereroi all'americana, questo è un film con un supereroe italiano che vive la sua parabola ascendente. Che inizia e si chiude qui. Perché, appunto, questo non è un progetto all'americana e sequel e spin-off non sono tenuti in considerazione.

lunedì 21 aprile 2025

Fabolous Stack of Comics: Max Fridman - La Porta d'Oriente


La spia destinata a perdere, Max Fridman, personaggio creato da Vittorio Giardino, è comparsa per la prima volta nella storia Rapsodia Ungherese e dietro di sé aveva lasciato le macerie di una missione che faceva presagire futuri orrori. Gli orrori che avevano già generato il nazismo e, di lì a poco, avrebbero causato lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale.
Ma mentre un mondo intero sta per precipitare nel caos, Max Fridman vorrebbe solo godersi qualche attimo di pace. Eppure, questo non gli verrà concesso, neanche in La Porta d'Oriente, pubblicato nel 1985 sulla rivista Corto Maltese.
Estate del 1938. Max Fridman si trova a Istanbul. La sua permanenza nella capitale turca è dovuta a motivi di lavoro e il suo unico obiettivo è di godersi un periodo rilassante, ma qualcuno ha deciso diversamente.
Max Fridman viene infatti coinvolto in un gioco di spie russe per catturare Stern, un presunto traditore della madrepatria. Nonostante Fridman affermi più volte di aver abbandonato il mondo dello spionaggio, nessuno gli crede e si convincono che lui sappia dove si nasconda Stern.
A questo punto all'ex spia, per salvarsi la vita e proteggere una donna di cui si è innamorato, non rimane altro che sciogliere questo mistero.
Dopo averci guidato tra le vie e i misteri della fredda Budapest e le guerre segrete dell'Occidente, Vittorio Giardino volge ora il suo sguardo all'oriente e alla calda Istanbul. Ma anche qui le guerre segrete non tardano ad arrivare.
Interessante notare come Max Fridman sia un uomo che vuole sfuggire al proprio destino, ma non vi riesce non per sue incapacità, bensì per la testardaggine degli esseri umani che si ostinano a inquadrarlo in una categoria a cui ha deciso di non appartenere più. A dimostrazione che per quanto si cerchi di sfuggire al passato, quel passato e gli errori commessi prima o poi torneranno a tormentare le esistenze degli uomini.
Sì, perché, a ben vedere, noi del passato di Max Fridman sappiamo davvero poco, quel poco che Vittorio Giardino ha voluto concederci. Per quanto quello che conti nelle due storie che lo hanno visto protagonista sia il suo presente, il suo stato attuale, questa voluta ombra su ciò che è stato contribuisce ad alimentare il fascino di questo personaggio.
E a gettare nella confusione noi, che lo vediamo sballottato di qua e di là continuamente, quando ai nostri occhi è chiaro che lui non sappia nulla della vicenda riguardante il presunto traditore russo.
Anche in questo caso Vittorio Giardino rimane fedele alla tradizione della spy story, contornando il tutto di misteri, doppi e tripli giochi, belle donne/femme fatale e segreti svelati.
La fine sarà sempre quella: Max Fridman verrà a capo del mistero, ma questo non gli gioverà in alcun modo. La felicità - mai davvero a portata di mano - gli sfuggirà e lui subirà un'altra sconfitta. Una sconfitta che fa da preludio a eventi più drammatici che accadranno entro un anno e rappresenteranno una sconfitta per tutta l'umanità.
Ma anche un antieroe quale è Max Fridman presenta molta più dignità e amor proprio di quelle spie, funzionari e governi che hanno poi causato decine di tragedie e lutti.

mercoledì 16 aprile 2025

Libri a caso: Se Morisse Mio Marito


Continuo a essere convinto che Agatha Christie, la quale pure veniva da una famiglia agiata e che forse solo durante le guerre ha vissuto qualche ristrettezza, avesse il dente avvelenato contro un certo tipo di aristocrazia e "gente perbene". Da lei invece giudicata vanesia, arrogante e pretenziosa e che di fronte ai loro insignificanti problemi assumeva un atteggiamento di protesta a discapito di gente meno fortunata di loro.
Tanto che, appunto, arriva il delitto come metaforica pena del contrappasso di tale comportamento. Un'ulteriore prova sembra giungere da Se Morisse Mio Marito (Lord Edgware Dies), pubblicato nel 1933.
Da quando risiede a Londra, Hercule Poirot ne ha ricevute di strane richieste. Ma forse non così strane quanto quella proveniente dalla famosa attrice Jane Wilkinson. L'investigatore dovrebbe infatti intercedere presso il marito di lei, Lord Edgware, perché le conceda il divorzio, cosa di cui è restio.
Rimasto comunque intrigato da questa richiesta, Poirot, accompagnato da Arthur Hastings, si reca a parlare con Lord Edgware. Ma qui lo attende una sorpresa: l'uomo non è affatto contrario a concedere il divorzio, anzi, ha già acconsentito con una lettera sei mesi fa!
E la seconda, drammatica sorpresa non tarda ad arrivare quando, pochi giorni dopo, Lord Edgware viene ucciso e tutti i sospetti ricadono subito su Jane Wilkinson. Eppure questo non può essere possibile: in quel momento era a un ricevimento e circa una decina di persone possono confermarlo.
Chi è allora il misterioso assassino? E come mai la notizia del divorzio concesso non è mai giunta a Jane Wilkinson?
Di solito vediamo gli investigatori ideati da Agatha Christie agire nei paesi di provincia o in campagna, o al limite nelle località di villeggiatura, dove si annidano segreti inconfessabili. Qui invece l'azione si svolge nella grande città di Londra, tra rappresentazioni teatrali, cene di gala e party sfarzosi.
Un mondo appannaggio della gente ricca in cui Poirot e Hastings rappresentano i classici pesci fuor d'acqua, ma che il primo riesce a dominare con la consueta abilità e sagacia. Perché come direbbe il buon investigatore belga, fino a sfinire Hastings, quello che conta è la psicologia dell'assassino e delle persone che ruotano attorno al caso.
Ma anche in quest'ambientazione più sfarzosa e luccicante, l'investigatore belga rimane presente a sé stesso e, pur commettendo un paio di errori di giudizio lungo la via, rimane l'arbitro dell'ordine che riconfina il caos che è uscito dal proprio elemento.

lunedì 7 aprile 2025

Fabolous Stack of Comics: La Morte di Capitan Marvel


La morte di un eroe immaginario, di finzione, tecnicamente non dovrebbe colpirci. Dopotutto scompare un personaggio di carta, che non esiste nella realtà, che non conosceremo mai personalmente. Eppure, aver seguito le gesta di quell'eroe per mesi o anni rende quel personaggio molto vicino per alcuni lettori. Una sorta di amico immaginario per ragazzi cresciuti, e questo non sia visto come un difetto. Tanto che, quando un autore decide di sbarazzarsene, la cosa invece ci colpisce.
Talvolta, oppure spesso, la morte è solo temporanea, sin dai tempi di Sherlock Holmes o giù di lì. Perché dopotutto parliamo pur sempre di finzione narrativa. Ma a volte, invece, è insolitamente definitiva come nella realtà.
Tutto questo preambolo per giungere a La Morte di Capitan Marvel (The Death of Captain Marvel), pubblicato nel 1982, scritto e disegnato da Jim Starlin, che mette la parola fine all'epopea di un eroe le cui gesta abbiamo ammirato sin da L'Arrivo di Capitan Marvel.
Mar-Vell si è ormai ritirato su Titano, accolto da Mentore ed Eros, e ha iniziato una relazione con Elysius. Le sue giornate si dividono tra il dettare le sue memorie e la contemplazione, lontano da ogni battaglia.
Tuttavia c'è anche un male che si annida dentro il corpo di Mar-Vell, un male contratto a seguito del suo primo scontro con Nitro: il cancro. In una corsa contro il tempo, tutti gli amici - e anche alcuni nemici - dell'eroe si presentano al suo capezzale per rendergli omaggio e per testimoniare la sua grandezza.
Il concetto di eroe e supereroe si basa sul presupposto costui sia continuamente in battaglia. Ogni mese, oppure ogni certo periodo temporale, per ragioni commerciali e in caso di successo, deve affrontare nuove minacce che lo mettano alla prova.
Il patto di mutua accettazione tra lettore ed editore è che l'eroe può anche perdere in alcuni casi, ma non può certo morire. Altrimenti come si farebbe a leggere nuove storie? E così via, in un ciclo infinito.
C'è poi il caso dell'eroe che ha avuto successo per qualche anno, ma poi varie ragioni di natura economica e narrativa hanno bloccato la sua corsa. E in questo caso si adotta spesso l'idea di far sì che l'eroe si sacrifichi in maniera altruistica in un'ultima battaglia per la salvezza del mondo... salvo poi ritornare per tentare un rilancio. E così via, in un ciclo infinito.
Ma non è il caso di quest'opera. Quest'opera, diventata seminale per ovvie ragioni, scardina entrambi questi concetti. In questo caso l'eroe non ha più alcuna battaglia da affrontare, ha esaurito il suo tempo: forse si potevano narrare altre storie su di lui, ma sarebbe stato solo il prolungamento di un'agonia.
L'idea di una narrativa supereroistica infinita trova forse qui il primo brusco risveglio nella realtà: no, neanche essa è infinita, come piace pensare alla nostra mente per essere rassicurata. Anch'essa un giorno avrà fine, essendo un'esperienza umana.
L'eroe qui non si sacrifica in un'ultima, gloriosa battaglia (a meno che non si voglia vedere come tale il confronto finale con Thanos, che però altro non è che un'illusione), ma come molte altre persone muore nel proprio letto, colpito da un male che ahinoi ci è molto familiare, circondato dalle persone che hanno segnato la sua vita.
È noto che in questo caso l'autore ha voluto anche venire a patti con un evento che lo aveva colpito personalmente, ovvero la morte del padre proprio a causa di un cancro. Ancora una volta una catarsi artistica ci parla - in maniera metaforica - di quelle che sono le sofferenze della vita reale, per cercare di venirne a patti e accettarle.
Mar-Vell è poi tornato? Mentiremmo a dire di no: tra qualche flashback, due o tre ritorni occasionali dalla morte e, in senso lato, lasciando in eredità all'universo due figli. Ci sono anche in ballo questioni di copyright, ma forse questo "sporcherebbe" un po' il tutto.
Eppure questa storia di oltre quaranta anni fa rimane la sua ultima. Un punto fermo oltre cui non si è mai andati. Quella che potrebbe essere vista come una fine ingloriosa per un'eroe che ha combattuto tante battaglie è invece quella che lo riconcilia con la sua stessa umanità. E in quanto tale è rimasta nella storia, questo sì nel tempo infinito.