sabato 7 giugno 2025

Netflix Original 183: Tyler Rake 2


Si sa che gli eroi non muoiono, ancor più quelli protagonisti dei film action americani, che sono parificati ai supereroi. E se un supereroe diventa un eroe di una saga action, il cerchio si chiude.
In Tyler Rake, il protagonista ha dovuto affrontare una brutale e sanguinaria missione in Bangladesh per salvare il figlio di un boss della droga. Una missione che alla fine è sembrata costargli la vita. Ma, appunto, come detto questo poteva essere solo l'inizio.
E così l'eroe ritorna in Tyler Rake 2 (Extraction II), diretto da Sam Hargrave, scritto da Joe Russo e Anthony Russo e distribuito su Netflix a partire dal 16 giugno 2023.
Miracolosamente sopravvissuto alla missione di estrazione in Bangladesh, Tyler Rake (Chris Hemsworth) si prepara a ritirarsi e a provare a dare un senso alla propria esistenza.
Ma c'è qualcuno che ha ancora bisogno di lui: l'ex moglie, la quale gli chiede di prelevare da una prigione georgiana la sorella Ketevan (Tinatin Dalakishvili) e i suoi due figli, lì detenuti insieme al marito che non li lascia andar via.
Tyler Rake si riunisce così alla sua squadra di mercenari e si mette all'opera, ma lungo la propria strada dovrà affrontare la potentissima mafia russa, i cui componenti non vedono di buon occhio il fatto che qualcuno venga a dettare legge in casa loro.
Un piccolo cambio di rotta, se così si può dire. Se nel primo film, Tyler Rake compiva una corsa disperata alla ricerca della morte - per una tragedia accadutagli nel passato - qui appare invece cercare una strada alternativa per tornare alla vita e quindi accettare ciò che gli è capitato.
Ritorna inoltre quello che appare come una caratteristica di questa saga: un lungo piano sequenza, ovviamente costruito ad arte con montaggio ed effetti speciali - stavolta della durata di oltre 20 minuti - con cui si racconta l'evasione dal carcere.
Anche in questo caso si mixano gli stili action: da quello americano dove prevalgono le sparatorie a quello orientale/indonesiano, dove ci si concentra sui combattimenti brutali e da strada.
Un excursus per cielo e terra che tocca tutti gli elementi naturali e sfrutta il maggior numero possibile di mezzi di trasporto. Personalmente l'ho preferito a quello del primo film.
Sempre rispetto al primo film, dove apparivano più fissi e granitici, i personaggi risultano più sviluppati, ovviamente il tutto nel contesto di un film action, come se tutti - il cast, la regia, gli sceneggiatori - avessero preso più confidenza con la saga stessa. Tanto da permettersi di introdurre alcuni elementi da approfondire in un secondo momento.
Quindi, in ultima analisi, non preoccupatevi. Anche stavolta gli americani - curioso che gli attori protagonisti però siano di altre nazionalità - riporteranno la giustizia nel mondo.

venerdì 6 giugno 2025

Fabolous Stack of Comics: Blankets


Il fumetto è una forma di narrazione, per immagini invece che per parole come avviene nei libri, e quindi alla sceneggiatura dell'autore si accompagnano i disegni dell'artista a supportare la storia.
Per anni, decenni, i fumetti hanno parlato di avventurieri, di eroi spaziali e del west, di supereroi, di mostri e molto altro. Eppure gli autori dei libri spesso parlano anche di loro stessi e del loro vissuto, come nel caso di Charles Dickens. Perché allora non fare la stessa cosa col fumetto?
Uno dei primi autori a scardinare questo status quo è stato Will Eisner, con le sue graphic novel basate sulla sua infanzia e adolescenza. E da quel momento in poi si è capito che anche la vita di una persona ordinaria può essere qualcosa di straordinario da raccontare.
Ne è una dimostrazione Blankets, opera scritta e disegnata da Craig Thompson, pubblicata da Top Shelf nel 2003.
Craig Thompson cresce in una piccola casa del Wisconsin, attorniato da una scuola piena di bulli e insegnanti e genitori che gli inculcano a tutti i costi i precetti della religione cristiana.
Il rapporto col fratello minore Phil è complicato, come accade in molte altre famiglie, ma i due si sostengono moralmente l'un l'altro di fronte alle avversità.
Una volta divenuto adolescente, Craig Thompson conosce il suo primo amore, Raina, che lo invita per due settimane ad andare a trovare lei e la sua famiglia. Un'esperienza che cambierà per sempre il futuro autore.
I Blankets del titolo sono le coperte, le lenzuola che proteggono Craig Thompson dal male che si annida all'esterno. Da piccolo sono quelle che condivide col fratello Phil, dove l'immaginazione di due giovani bambini può creare un mondo intero in pochi metri quadrati di stoffa e far dimenticare loro gli orrori del mondo che già stanno conoscendo.
Da adolescente, invece, è una trapunta che Raina ha cucito per lui e diviene una sorta di simbolo della loro relazione. Un'ancora di salvezza in mezzo a un mare agitato di realtà opprimente.
Ma prima o poi bisogna allontanarsi da queste coperte di sicurezza e andare ad affrontare il mondo. Blankets è dunque il viaggio interiore che Craig Thompson compie giungendo all'età matura e divenendo una persona più responsabile e descrive il suo complicato rapporto con la religione e il suo insegnamento.
Pur rispettando i precetti che gli vengono trasmessi, Craig Thompson li mette anche in discussione e ne sottolinea le potenziali criticità. Ma si trova di fronte a dei muri invisibili, di persone così convinte di ciò che stanno dicendo da non mettere in dubbio loro stessi e le loro parole. Poiché questo li porterebbe a far crollare tutte le loro certezze.
Non ci sono in quest'opera scene epiche, disegni frenetici o rapidi cambi di narrazione. Blankets è la rappresentazione di una vita ordinaria che, proprio in quanto tale, rappresenta infine uno straordinario racconto di crescita personale che, partendo da esperienze personali, giunge a trattare temi universali.
Chiunque nella propria vita prima o poi si imbatte nei precetti religiosi e può capitare che si sia rosi dai dubbi, in quanto esseri umani. Quest'opera non pretende di risolvere questi dubbi, ma fa capire come ogni percorso di crescita sia da rispettare. E che le persone che incontreremo lungo la via potranno modificare questa nostra percezione e vanno comprese poiché il loro vissuto potrebbe rivelarsi profondamente diverso dal nostro.

giovedì 5 giugno 2025

Netflix Original 182: Tyler Rake


Se vi si chiedesse di immaginare la tipologia classica dell'eroe dei film action americani, credo non fareste molta fatica, visto che questo tipo di personaggio è comparso decine di volte (paradossalmente, anche se si detestano i film action, è quasi impossibile non imbattervisi).
Anticipato da Charles Bronson (e volendo anche da John Wayne) nel contesto metropolitano in cui spesso agisce, ha iniziato a trovare gloria da Rambo in poi. Le caratteristiche sono consolidate: un eroe, il 99% delle volte con un passato militare alle spalle, che non ha più nulla da perdere e ha subito qualche tragedia che lo ha segnato. Tragedie che il più delle volte sono di natura familiare.
Passano i decenni e questa figura non vuole proprio saperne di scomparire. Ne è una prova Tyler Rake (Extraction), diretto da Sam Hargrave, scritto da Anthony Russo e Joe Russo e distribuito su Netflix a partire dal 24 aprile 2020.
Ovi Mahajan (Rudhraksh Jaiswal), il figlio di un boss della droga del Bangladesh rinchiuso in prigione, viene rapito da persone al servizio di un signore della droga rivale.
Non volendo pagare il riscatto e mostrarsi così debole, il padre del ragazzo fa contattare la squadra di mercenari capeggiata da Tyler Rake (Chris Hemsworth) perché prelevi Ovi Mahajan e lo porti fuori da Dacca, la capitale del Bangladesh.
Tyler Rake si infiltra dunque nella città, ottenendo come conseguenza di iniziare a essere perseguitato e inseguito da numerosi mercenari e la quasi totalità delle forze di polizia corrotte al servizio del rivale per una battaglia all'ultimo sangue.
Vediamo dunque cosa abbiamo qui. Un eroe in apparenza tutto d'un pezzo che compie imprese da supereroe (visto l'attore coinvolto è il minimo, direi)? Confermato.
Vi è un tragico passato alle spalle e la moglie lo ha pure abbandonato? Confermato.
Per via di questo l'eroe coltiva un mica tanto inconscio desiderio di morte e si butta a capofitto nelle situazioni più rischiose? Confermato anche questo.
Siamo proprio nell'ambito della tipologia del più classico film action, che possa appagare i gusti del pubblico senza troppe pretese (e non c'è nulla di male in questo).
Da sottolineare, forse anche per via dell'ambientazione, come la pellicola cerchi di mixare sia la scuola action americana (quindi sparatorie e manovre acrobatiche a farla da padrone), sia quella asiatica, principalmente quella dei film indonesiani, con scene di lotta fisica rapide, uso di oggetti domestici, arti marziali e coltellate.
Ne diventa un'emblema un piano sequenza di circa 12 minuti - chiaramente con abili tagli alla Hitchcock realizzati col montaggio e gli effetti speciali - in cui tutti questi stili si fondono e numerose ambientazioni vengono toccate, dalle abitazioni diroccate alle strade affollate. Occorre ammettere che appare davvero ben realizzata, pur essendo subito intuibile la sua natura artificiosa.
Quella che vedrete è una suicide run che, come un videogioco, diventa sempre più ardua e con "livelli" sempre più difficili da superare. Ma alla fine, non temete, gli americani porteranno di nuovo la giustizia con le proprie mani.
Se quindi volete vedere Thor che decima l'intero corpo di polizia del Bangladesh, questo è il film che fa per voi. Un popcorn movie, come si sarebbe detto un tempo.

mercoledì 4 giugno 2025

Italians do it better? 58: 50 Km All'Ora (2024)


Il road movie: recarsi da una destinazione di partenza a un punto d'arrivo cambiando lungo la via e maturando come persona.
La famiglia disfunzionale: nuclei familiari che hanno affrontato difficoltà e separazioni che trovano il coraggio e la possibilità di ritrovarsi.
Il cinema italiano, ma più in generale il cinema di tutto il mondo, ha ormai da decenni utilizzato più volte questo stratagemma di unire entrambi questi concetti. L'idea di partenza in effetti è semplice da mettere in scena e quello che conta principalmente è come si sviluppano poi gli eventi.
Un nuovo road movie si ritrova in 50 Km All'Ora, diretto da Fabio De Luigi, scritto da Fabio De Luigi e Giovanni Bognetti e distribuito nei cinema nel gennaio 2024.
Rocco (Fabio De Luigi) e Guido (Stefano Accorsi) sono due fratelli che non si vedono da molti anni, dopo che i loro genitori si sono separati in malo modo e Guido ha deciso di abbandonare casa per girare il mondo e fare fortuna.
Dopo la morte del padre Corrado (Alessandro Haber), Guido si presenta al suo funerale e trova una lettera che costui gli ha scritto, dove afferma di non portar più alcun rancore e gli chiede di portare le sue ceneri presso la tomba della madre.
Guido salta allora in sella a un motorino e, nel viaggio, viene accompagnato da Rocco. Un viaggio che sarà occasione per entrambi di chiarire le loro divergenze e scoprire lati inediti delle loro vite.
La formula è davvero consolidata: vi è una tragedia di partenza che riunisce la famiglia, le cui differenze sembravano ormai inconciliabili, e da lì inizia un processo di riavvicinamento morale che annulla in poco tempo tutte le distanze che si sono creati in un arco di molti anni.
Nella vita con ogni probabilità non è così semplice, ma il road movie è anche un percorso di crescita condensato in breve tempo. Quando si parte si è in possesso della vecchia personalità, con tutti i suoi pregi e difetti, ma all'arrivo si è una persona diversa. Sempre con pregi e difetti, ma con un diverso approccio all'esistenza e ai rapporti interpersonali. Un viaggio interiore ed esteriore, dunque.
La formula quindi si ripete anche qui, con poche varianti. Ma non è un film che cercava l'originalità a tutti i costi.
Con due quasi cinquantenni che, a vario titolo, sono stati segnati dalla vita, ma che tentano entrambi di avere un approccio positivo di tanto in tanto venato di cinismo. Il primo, Rocco, più misurato e concreto. Il secondo, Guido, più esuberante e sbrigativo nelle cose. Poli opposti che si attraggono.
E con scenette comiche annesse, caratteristica basilare di questo tipologia di film italiani.
Vi è un curioso ribaltamento di prospettiva alla fine, che rimescola tutte le carte che abbiamo visto gettate sul tavolo fino a quel momento. Perché il viaggio ha bisogno di una motivazione concreta e tale motivazione a volte va creata dal nulla.

sabato 31 maggio 2025

A scuola di cinema: Urban Cowboy (1980)

12 Settembre 1978: Viene pubblicato sulla rivista Esquire l'articolo The Ballad of the Urban Cowboy: America’s Search for True Grit, scritto da Aaron Latham.
Il mito del selvaggio West oramai è scomparso e al suo posto hanno cominciato ad apparire decine di metropoli, popolate da milioni di persone. In quest'era di cambiamenti e incertezze, c'è chi si affida alla religione e chi invece al cappello da cowboy in un nuovo contesto urbano. Un Urban Cowboy.
L'articolo si incentra su Dew Westbrook, un giovane operaio che lavora presso un impianto chimico texano e vive in una casa mobile. Dopo essere uscito dal lavoro, le sue serate le passa in un locale chiamato Gilley's, sito in Pasadena e inaugurato nel 1971, vestito come un perfetto cowboy. Il Gilley's è un locale immenso, grande più di un campo da football, ed è capace di ospitare anche 5.000 persone.
Qui Dew conosce Betty Jo Helmer, l'ex moglie. Le loro vite sono fortemente intrecciate col locale tanto che, quando si sono sposati, si sono poi recati al Gilley's a festeggiare e lì Betty si è fatta scattare qualche foto con l'abito da sposa.
Le serate dei due si dividono tra i balli, i drink con gli amici e l'ascolto della musica country per cui il locale è diventato famoso nel corso degli anni. Fino a quando al Gilley's viene installato un toro meccanico, che chiunque può cavalcare. In breve tempo diventa l'attrazione preferita di Dew, ma anche Betty Jo vuole provare il toro meccanico, nonostante le proteste del compagno.
In breve tempo diviene abilissima, molto più brava di Dew. Questo è solo il primo di molti argomenti di discussione che avvengono nella coppia e che portano Dew a tradire Betty Jo con un'altra donna.
Pur essendo consapevole di questa relazione extraconiugale (l'uomo non si fa alcun problema a portare l'amante al Gilley's), la donna continua a essere innamorata di Dew e tenta di riconquistarlo cercando di suscitare la sua gelosia.
Ma forse Dew ha deciso di cambiare vita e così per un po' smette di frequentare il locale. A Betty Jo, dunque, rimangono solo la sua solitudine e il toro meccanico.
Una storia, quella di questi due giovani, profondamente radicata nella società americana, che qualche tempo dopo diviene oggetto di un adattamento cinematografico.


L'articolo di Aaron Latham viene notato dai produttori Irving Azoff e Robert Evans, per la Paramount Pictures. Azoff è anche produttore musicale e ha intravisto le potenzialità nel creare un album dedicato, incentrato su questo progetto.
Il primo regista scelto è Floyd Mutrux, ma viene ben presto scartato in favore di James Bridges. Costui scrive anche la sceneggiatura, in collaborazione con lo scrittore dell'articolo di riferimento, Aaron Latham.
Per il ruolo del protagonista, Buford Davis, la prima scelta di James Bridges ricade su Dennis Quaid, ma viene infine scelto John Travolta, che si è appena allontanato dalla produzione di American Gigolò. A causa di questa uscita improvvisa, la Paramount gli impone di girare altri due film e questo progetto è il primo di essi.
In preparazione alla parte, l'attore frequenta il Gilley's, nonché altri locali del Texas, conoscendo e chiacchierando con alcuni avventori. Inoltre si fa installare presso la propria abitazione un toro meccanico.
John Travolta inizia ad allenarsi su base quotidiana, con l'assistenza dello stuntman Chris Howell, divenendo talmente bravo che alla fine l'esigenza di avere una controfigura diviene praticamente superflua.
Per il ruolo della protagonista, Sissy, le prime scelte ricadono su Sissy Spacek e Michelle Pfeiffer. Soprattutto quest'ultima è l'attrice su cui i produttori puntano di più, ma James Bridges si impunta su un'altra attrice, Debra Winger. all'epoca ancora poco conosciuta. Il regista è supportato da John Travolta per questa decisione e arriva anche a minacciare di ritirarsi dalla lavorazione se Debra Winger non viene scelta e così alla fine anche la produzione si adegua alla sua preferenza.
Le riprese iniziano in via ufficiale il 2 luglio 1979. La programmazione originaria prevede l'inizio a giugno, ma vi è uno slittamento di tre settimane quando John Travolta rimane ferito a un labbro dopo essere stato morso dal proprio cane.
La lavorazione si svolge in Texas e, tra i luoghi delle riprese, vi è anche il Gilley's, approfittando di quando il locale è chiuso al mattino. Tra le comparse in queste scene vi sono anche i baristi, i proprietari e alcuni clienti regolari del locale, regolarmente pagati trenta dollari al giorno.
La produzione viene flagellata da avverse condizioni atmosferiche, che in alcuni casi portano alcuni componenti del cast e della troupe ad ammalarsi. Per questo e altri motivi, la lavorazione va oltre le tempistiche e il budget preventivati.
Le riprese si concludono il 6 novembre 1979.
Urban Cowboy viene distribuito nei cinema americani a partire dal 6 giugno 1980. A fronte di un budget sui 13 milioni di dollari, la pellicola arriva infine a incassare circa 50 milioni di dollari.
Le aspettative di Irving Azoff vengono accontentate, poiché la soundtrack della pellicola riaccende negli Stati Uniti la passione sopita per la musica country, garantendo così grandi incassi anche in questo contesto.
Se nel film il finale è lieto, la realtà risulta invece ben diversa. Dew Westbrook e Betty Jo Helmer alla fine divorziano e scompaiono dai riflettori pubblici pochi anni dopo la pubblicazione dell'articolo di Aaron Latham.
Dopo l'uscita del film, la popolarità di Gilley's, locale già prima ben noto nell'ambito della musica country e non solo, avendo ospitato numerose band e cantanti celebri, giunge alle stelle. Oltre a una gran varietà di merchandising brandizzato, il locale negli anni successivi organizza decine di altri eventi, musicali e non solo.
Ma il successo causa anche degli attriti tra i due proprietari, Sherwood Cryer e Mickey Gilley, da cui il locale prende il nome, un celebre cantante country, cugino di Jerry Lee Lewis. Visto che, a detta di quest'ultimo, Gilley's si è troppo allontanato dalle radici per cui è nato, ovvero organizzare piccoli concerti country con vari gruppi e artisti, Mickey Gilley decide di ritirare la propria associazione col locale, togliendo dunque anche il proprio nome.
Nel 1989 Sherwood Cryer trascina il suo ex socio in tribunale, ma perde la causa e gli viene intimato di pagare una somma compensatoria a Mickey Gilley. La conseguenza immediata è che Gilley's chiude per sempre i battenti, ponendo così fine anche a un'epoca.
L'anno successivo il locale, ormai chiuso, diviene oggetto di un incendio che lo distrugge quasi del tutto. Si insinua la voce che sia stato Sherwood Cryer a causare quest'incendio, in segno di rivalsa per la sentenza del tribunale, ma nessuna prova concreta viene mai portata al riguardo. Al suo posto viene costruita una scuola.
Nel 2015 comincia a circolare la voce che la Paramount stia producendo una serie televisiva basata sulla pellicola. Tali voci sembrano svanire già sul nascere, ma nel 2022 ritornano in auge per un progetto per Paramount+ che dovrebbe approfondire l'arrivo di Buford Davis in Texas e l'inizio della sua relazione con Sissy.
Dopo questo film, James Bridges e John Travolta rinnoveranno la loro collaborazione qualche anno dopo con Perfect... ma questa è un'altra storia.

lunedì 26 maggio 2025

Netflix Original 181: L'Incredibile Storia dell'Isola delle Rose


Può accadere che vediamo pellicole, di produzione americana, basate su fatti realmente accaduti modificati a uso e consumo della macchina cinematografica, per pensare alla fine:"Queste cose solo negli Stati Uniti possono accadere".
Si potrebbe dunque pensare che la storia di un ingegnere che costruisce un'isola artificiale, la dichiara una nazione indipendente ed entra per questo in conflitto col proprio Stato sia qualcosa di prettamente americano. E invece no, tutto quello che segue è accaduto in Italia.
Una pagina un tempo poco nota del secondo dopoguerra e dell'era del boom economico riemerge in L'Incredibile Storia dell'Isola delle Rose, diretto da Sydney Sibilia, scritto da Sydney Sibilia e Francesca Manieri e distribuito su Netflix a partire dal 9 dicembre 2020.
1968: Giorgio Rosa (Elio Germano) è un ingegnere pieno di inventiva e al tempo stesso uno spirito libero, insofferente delle troppe regole che limitano la capacità espressiva di una persona.
Dopo essersi separato dalla fidanzata Gabriella (Matilda De Angelis), Giorgio Rosa ha l'idea di creare - fuori dalle acque territoriali italiane - una piattaforma che funga da isola artificiale, dove dunque non sussistano regole di alcun tipo e possa vivere libero.
A lui si uniscono ben presto altre persone, animate dallo stesso desiderio, e in principio l'isola sembra nulla più che una divertente e insolita attrazione turistica. Ma quando quest'Isola delle Rose chiede ufficialmente alle Nazioni Unite lo status di nazione indipendente, Giorgio Rosa entrerà in conflitto con quel tremendo nemico che ha nome Democrazia Cristiana.
Certe storie sono così surreali che si fa fatica a credere siano davvero accadute, e spesso quando si fa questo pensiero non si tiene conto del contesto storico e sociale in cui suddette storie si sono svolte.
La breve epopea dell'Isola delle Rose, durata poco più di un mese da quando ha richiesto lo status di indipendenza, è anche figlia di quel preciso periodo della storia italiana. La Seconda Guerra Mondiale era ormai alle spalle, una nuova generazione era emersa sulla scena, con nuove idee (che in quell'anno esplosero con le rivolte studentesche) che non incontravano il gusto della precedente generazione e vi era un generale benessere economico che permetteva un tenore di vita migliore.
Ovviamente c'erano molte ombre dietro questo scenario da fiaba e la pellicola riesce a catturare tutte queste sfumature, altrettanto ovviamente modificando la storia e gli eventi reali per renderli più appetibili da un punto di vista cinematografico (anche se le cose più incredibili sono davvero accadute, compresa alla data odierna l'unica "dichiarazione di guerra" - molto sui generis - compiuta dallo stato italiano nel dopoguerra).
Il peana di libertà e inventiva di Giorgio Rosa mal si concilia col sentore della politica e della chiesa di stampo conservatrice dell'epoca... questi due organi lo sono sempre stati, dopotutto, a seconda della convenienza.
Luca Zingaretti e soprattutto Francesco Bentivoglio creano dei perfetti "villain", nel ruolo di alcuni storici rappresentanti della Democrazia Cristiana, la forza di maggioranza dell'epoca, di persone che non hanno capito di essere ormai fuori dalla realtà, ma rimangono disperatamente aggrappate al potere distruggendo quel buono che la società italiana aveva creato fino a quel momento.
Dopo la trilogia "americana" di Smetto Quando Voglio e prima di Mixed By Erry, Sydney Sibilia ricrea un'altra piccola pagina della storia italiana poco conosciuta. Quegli eventi per cui qualcuno potrebbe dire:"Solo negli Stati Uniti sarebbero potuti accadere".
E invece no, la società italiana è di certo piena di queste piccole storie di coraggio, di libertà e volontà che sono andate a scontrarsi contro lo status quo. Anche se in questi casi è difficile che vinca lo sfavorito, ricordare e approfondire certi eventi potrebbe allargare gli orizzonti e ridurre i confini, di spazio e mentali, che albergano nelle menti umane.