Il Problema Finale (The Final Problem) rappresenta un caposaldo dei racconti di Sherlock Holmes scritti da Arthur Conan Doyle. In questa storia, Conan Doyle, non tanto per odio verso il suo personaggio quanto per il fatto che la scrittura delle sue storie gli portava via molto tempo, impedendogli di dedicarsi ad altri progetti a lui più cari, decide infatti di sbarazzarsi del celebre detective.
Crea perciò dal nulla un nemico impossibile da battere, il Professor James Moriarty, facendo sì che sia lui che Holmes periscano in un drammatico scontro in Svizzera. La fan base di Holmes, all'epoca pari a quella di Star Wars oggi con ogni probabilità, qualche anno dopo convince poi Conan Doyle a tornare sui propri passi, dando vita al Great Hiatus, il Grande Iato, ovvero il periodo della scomparsa del detective.
Il tutto ci porta a quello che è uno dei più celebri apocrifi dedicati a Sherlock Holmes, forse l'unico che abbia anche goduto di una trasposizione cinematografica: La Soluzione Sette per Cento (The Seven-Per-Cent Solution), scritto da Nicholas Meyer e pubblicato nel 1974 e che io ho recuperato nella versione pubblicata su Il Giallo Mondadori: Sherlock.
Chi vede il Canone di Doyle come la Bibbia di certo non amerà questo romanzo, quindi il mio consiglio è che si veda il tutto con una mentalità non ristretta da questo punto di vista.
Un romanzo che si riallaccia a un'altra caratteristica che oggi si tende in maniera conveniente a dimenticare del celebre detective, la sua dipendenza dalla cocaina. Può apparire folle ai nostri occhi moderni, ma nel diciannovesimo secolo l'uso di sostanze stupefacenti era una cosa ordinaria, come bere il thè, anche tra le classi meno privilegiate. Alcuni oppiacei venivano addirittura usati per fini medici. Conan Doyle è uno scrittore che non indulgeva più di tanto in alcuni aspetti di trama, così in una storia - tramite Watson - si limita semplicemente a dire che Holmes a un certo punto non ha più fatto uso di cocaina.
Meyer combina questi due particolari della vita di Holmes unendoli in una sola, coerente trama che si dipana tra Londra e Vienna, dove Holmes e Watson faranno la conoscenza di uno dei deus ex machina di questa storia, Sigmund Freud. Sì, proprio quel Freud. Il tutto infarcito con complotti internazionali, minacce belliche da sventare e treni in corsa verso l'ignoto.
Risulta ai miei occhi molto affascinante la descrizione della Vienna dell'epoca d'oro - il romanzo si svolge nel 1891 - sia dei quartieri più abbienti che di quelli più disagiati e in generale le interazioni umane, positive e negative, che intercorrono tra i personaggi. Viene data una splendida descrizione dell'amicizia tra Holmes e Watson, la quale diviene metafora dei legami più forti che abbiamo con certe persone e che per il nostro benessere si spingono fin dove è possibile... e anche oltre.
Qualche peccatuccio, o forse convenzione narrativa largamente accettata decenni fa, appare dunque trascurabile. Ad esempio, Holmes si disintossica in due giorni e mezzo - non sono un esperto, ma dubito che un cocainomane da svariati anni possa liberarsi in così poco tempo della sua dipendenza - e Watson arriva a Freud in maniera un po' forzata.
In certi punti infine Sigmund Freud sembra Ethan Hunt di Mission: Impossible. Diciamo che dopo questo romanzo vedrete il padre della psicanalisi sotto una luce diversa, se già non vi è bastato il serial di Netflix.
In certi punti infine Sigmund Freud sembra Ethan Hunt di Mission: Impossible. Diciamo che dopo questo romanzo vedrete il padre della psicanalisi sotto una luce diversa, se già non vi è bastato il serial di Netflix.
E il "Grande Iato"? Forse la spiegazione alternativa dietro a questo periodo fornita da Meyer rimane quella più realistica, ma meno "romantica" comparata a quella di Doyle. Ognuno si farà la propria idea, alla fine. Tanto, si sa, il Canone rimane sempre un obiettivo inarrivabile.
Eheh, ma ora sono curioso: come lo ha risolto il Grande Iato?
RispondiEliminaIn ogni caso... sarà che forse la cocaina di allora non era la merda di oggi, ma era naturale... forse era semplice poterne fare a meno. Boh.
Moz-
Per Doyle, il Grande Iato sono i 3 anni in cui Holmes smantella l'organizzazione di Moriarty in giro per il mondo. Per Meyer... ecco, basti dire che per Meyer quest'organizzazione criminale non è mai esistita :) Quindi Holmes si ritira in solitudine per 3 anni per un preciso motivo, che lascio scoprire poiché nel contesto della storia è ben inquadrato.
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