Quando un disegnatore decide di realizzare un'opera "creator-owned" (tiè, vedi quanto sono figo a utilizzare questo termine) il rischio è sempre dietro l'angolo. Da un lato, se non ha esperienza di sceneggiatura, ogni disegno dirompente che esce dalla tavola rischia di essere annullato da dialoghi e trame inconsistenti. Essere "andato a bottega" con altri sceneggiatori può essere utile, ma bisogna essere abili a recepire anche.
Inoltre c'è sempre la possibilità che il disegnatore si stanchi e lasci il tutto incompiuto... ma sì, facciamo quest'altra cosa, che tanto i miei fan adoranti non mi abbandoneranno. Ma ora basta parlare di Joe Madureira.
Monkeyman and O'Brien è un progetto personale di Arthur Adams, concepito nel 1993 e portato avanti per poco più di un lustro. Nasce sotto forma di back-up stories pubblicate in appendice a Seed of Destruction, la prima miniserie avente a protagonista Hellboy di Mike Mignola (anche io vorrei un biglietto da visita così). Il progetto è poi proseguito con una miniserie di tre numeri e qualche racconto sparso, l'ultimo dei quali pubblicato nel 1999.
Con le sue storie e i suoi personaggi, Adams celebra un periodo ben preciso e un artista ben preciso. La Pre-Silver Age e i primi "vagiti" della Siver Age e Jack Kirby. Le storie di Monkeymand and O'Brien sono piene di quelle situazioni paradossali e mostri strani tipici delle storie degli anni '50, mixate con la "fantascienza" dei primi albi di supereroi che presentavano ancora delle contaminazioni di quelle storie di mostri.
Questo includendo anche un gorilla, che nei fumetti degli anni '50 spuntavano come funghi, e un multiverso basato su frequenze vibratorie alla Gardner Fox. Per quanto riguarda Kirby, il Toporagnumanoide è l'Uomo Talpa, i Rospogliti sono gli Uomini Rospo (sì, ho letto Hulk 2 e me lo ricordo, ho già prenotato il mio cantiere da osservare) e Quash è Darkseid - che sì, non è proprio figlio della prima Silver Age, ma anch'io se volessi omaggiare Kirby creerei un clone di Darkseid.
Il nostro caro amico Arthur tuttavia, nei suoi omaggi dichiarati, si dimentica di infiocchettare bene il tutto, usando dialoghi poco ricercati - che è ovvio sia una cosa voluta, ma ecco, anche le cose volute devono essere ben confezionate. "Signora Adams, vede, il fatto è che suo figlio è intelligente, ma non si applica".
La trama principale poi rimane incompleta, ma il nostro amico ha ancora molti anni davanti a sé per portarla avanti... (ehi, psst, sono passati vent'anni dall'ultima storia!) ... forse dovremo sperare in qualche opzione cinematografica per un sequel.
Sui disegni non c'è ovviamente nulla da discutere in merito alla loro spettacolarità. Se iniziassi a mettere in dubbio la bravura di Arthur Adams, sarei espulso dall'ingresso a Lucca Comics a vita.
Cosa rimane dunque oggi di Monkeymand and O'Brien, a vent'anni dall'ultima storia? Resta comunque qualcosa di divertente da leggere, senza pretese, magari quando vi avanzano un paio d'ore la sera e non volete andare subito a dormire. Poi però fate i bravi, cercate di calarvi in un passato oggi polveroso, contestualizzatelo e leggetevi le storie di Stan Lee e Jack Kirby.
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