martedì 9 febbraio 2021

Fabolous Stack of Comics: Ronin


Lasciati alle spalle i folli e divertenti anni '70, il fumetto americano negli anni '80 del ventesimo secolo inizia ad avere in maniera graduale un approccio più maturo verso le storie raccontate, grazie in particolar modo a nuovi sceneggiatori che si sono sì abbeverati a quelle storie del passato, ma cominciano ad attingere anche da altri tipi di fumetto, all'epoca praticamente ignoti nel mercato americano, quali il bande dessinée francese e il manga.
Uno dei primi e più importanti esponenti americani di questa new wave - prima che arrivino gli sceneggiatori anglosassoni a mescolare nuovamente le carte - è Frank Miller. Dopo aver rilanciato Daredevil come autore completo e disegnato la prima memorabile miniserie di Wolverine in coppia con Chris Claremont per la Marvel, Miller vede pubblicata la sua prima opera personale dalla DC Comics. Tale opera, lontana dagli stilemi supereroistici, è la miniserie in sei numeri Ronin, pubblicata tra il 1983 e il 1984.
In un onirico Giappone feudale, un samurai non riesce a proteggere il suo padrone dall'attacco omicida del demone Agat e diventa un ronin, vagando per la nazione e cercando di vendicare l'onta subita in un solo modo: uccidendo il demone. Nello scontro finale tra i due, tuttavia, per uno strano scherzo del destino gli spiriti di entrambi rimangono intrappolati all'interno della spada del guerriero.
Molti secoli dopo, grazie ai poteri del telepate Billy Challas, il Ronin e Agat si risvegliano in una New York del futuro, dominata dalla Aquarius Corporation e guidata dalle intelligenze artificiali. Casey McKenna, a capo della sicurezza dell'Aquarius, inizia una caccia spietata, ma ben presto capirà che le apparenze possono ingannare anche le menti più scaltre.
Ci sono due mondi che qui si intrecciano: il primo è quello del Giappone da cui proviene il Ronin, un Giappone ispirato a Lone Wolf and Cub di Kazuo Koike, mentre il secondo è il mondo futuristico derivato dalle geometrie e architetture di Jean Giraud alias Moebius e del fumetto francese.
Frank Miller trae ispirazione grafica da questi due autori per ideare a sua volta un meraviglioso ibrido di stili così diversi tra loro - impreziosito ancor di più dalla colorazione di Lynn Varley - e costruire attorno a esso una storia di vendetta, onore e sacrificio, concetti che qui trascendono il singolo essere umano per divenire emblema di un'umanità allo sbando.
Un'umanità che non ha più sfide davanti a sé e si inginocchia di fronte a una tecnologia che ha divorato ogni spazio possibile, fisico e psicologico. Una tecnologia Skynet pacifica, un anno prima che venisse pronunciata la parola Skynet.
Il Ronin è tuttavia l'elemento estraneo all'ambiente che causa il suo mutamento, di cui un'altra eccezione, Casey McKenna - una donna forte e indipendente - diviene parte. A ben vedere chi causa il cambiamento, in questa società metafora dell'era Reaganiana, sono i reietti, le persone abbandonate, mentre i ricchi e i benestanti sono asserviti da tempo al nuovo potere costituito delle intelligenze artificiali.
L'arte di Frank Miller raggiunge in questa storia vette che hanno rappresentato il punto di approdo - e se possibile superamento - di sue successive opere. Può apparire già vista agli occhi dei lettori di oggi, ma era del tutto innovativa all'epoca in cui uscì.
Si passa da coreografie di battaglia del Ronin, che sembrano prese da un balletto classico, a splash page di due pagine che inquadrano dall'alto la New York futuristica, costantemente in divenire. Luce e oscurità che si alternano, come nella vita.

2 commenti:

  1. Ehehe direi che questo ha quasi fatto da apripista a Elektra... per Miller.
    Vista l'ambientazione, e vista anche l'ambizione di un fumetto più maturo e dark, non avrebbe stonato in Metal Hurlant.

    Moz-

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    1. Già, Metal Hurlant non a caso tra le letture di Frank Miller di quel periodo, in quanto importato negli Stati Uniti.

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