Chi è spesso immerso nel cinema americano e nelle sue atmosfere, vive al tempo stesso immerso anche nel concetto di sogno americano, pur appartenendo tale concetto a un'altra nazione.
L'idea che una persona, spesso proveniente dalle classi sociali più umili, possa realizzarsi grazie solo alla propria volontà e lavorando per raggiungere i propri obiettivi, è un tipo di narrazione che affascina gli spettatori da quando il cinema stesso esiste.
E che in questo medium trova una sua decisa presenza nei film a sfondo sportivo. Salvo rari casi, chiunque può appassionarsi a una disciplina sportiva. E allora perché non raccontare quelle storie di quelle persone che sono diventati qualcuno grazie a questo?
Ecco dunque La Ragazza del Mare (Young Woman and the Sea), diretto da Joachim Rønning, scritto da Jeff Nathanson e distribuito su Disney+ a partire dal 19 luglio 2024.
La storia si ambienta principalmente a New York, nel periodo tra i due conflitti mondiali. Gertrude "Trudy" Ederle (Daisy Ridley) è la secondogenita di una famiglia di immigrati proveniente dalla Germania che ha alcuni problemi di udito dovuti a una grave forma di morbillo che ha rischiato di ucciderla.
In un'epoca in cui a poche donne veniva concesso di apprendere le discipline sportive, Trudy si appassiona al nuoto, nonostante rischi di aggravare la sua condizione a contatto con l'acqua. Ben presto Trudy diventa una delle atlete più abili, ma il continuo osteggiamento delle autorità sportive la spinge a ritirarsi.
Trudy, però, non si arrende del tutto e decide di tentare un'impresa mai riuscita prima a una donna: attraversare a nuoto il Canale della Manica.
E con un titolo ripreso da un celebre romanzo di Ernest Hemingway, ritroviamo quelle consuete e consolidate atmosfere di cui sopra. Gli elementi ci sono tutti.
In primo luogo una protagonista appartenente a un'umile classe sociale e che vive una doppia condizione di percepita inferiorità in quanto donna che vive in una società dove molte attività le sono precluse. Altro elemento imprescindibile è la presenza di una famiglia, che in principio sembra osteggiare le aspirazioni della propria figlia, salvo poi starle a fianco nei momenti più difficili.
Un'eroina venuta dal nulla e che trova dunque i propri principali sostenitori in chi vive la sua stessa condizione i quali, in classiche scene alla Spider-Man di Sam Raimi, arrivano infine ad aiutarla a compire un'impresa in apparenza impossibile.
Per quanto rimaneggiata e stritolata a uso e consumo di un pubblico moderno e un mezzo comunicativo che ha regole precise, Trudy Ederle è una figura storica realmente esistita la cui impresa ha segnato un punto di svolta nella storia dello sport e non solo ma che ha anche pagato col tempo le conseguenze di questa sua grande forza di volontà, arrivando a perdere quasi del tutto l'udito.
Va da sé che, come era diversa la società cento anni fa, diverso è il modo di narrare questo tipo di storia rispetto a oggi. Dunque i temi delle prevaricazioni sociali nei confronti delle donne, della discriminazione e dell'arroganza del potere sono inquadrati in un'ottica moderna per far sì che il pubblico li faccia suoi.
L'impresa di Trudy Ederle rimane comunque un elemento perfetto per una storia di riscatto, soprattutto da parte della Disney - pur non essendo affatto l'unica - che ama questo tipo di racconti che seguono questo preciso, identico schema della storia della campionessa (Il Più Bel Gioco della Mia Vita, Un Anno da Ricordare, Un Sogno, Una Vittoria... e ho citato solo i primi titoli che mi sono venuti in mente) da consegnare a un pubblico che vive di speranza e che ogni giorno crede, nonostante una realtà schiacciante e crudele, nel fatto che un giorno potrà realizzare i propri sogni.
Ma è anche vero che... uno su mille ce la fa.
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