Un personaggio come Zagor, che ha l'onore di essere pubblicato da sessant'anni, ha al suo attivo decine, centinaia di storie ideate da vari sceneggiatori e realizzate da altrettanto svariati disegnatori. Come a volte capita, tuttavia, le storie ritenute migliori vengono associate ai due creatori del personaggio, nello specifico Sergio Bonelli e Gallieno Ferri (il che è preoccupante, se si pensa che la loro ultima storia risale a decenni fa, ma sorvoliamo).
E tra queste storie ritenute migliori svetta in particolar modo La Marcia della Disperazione, una saga di quasi 400 pagine pubblicata tra il 1974 e il 1975 sui numeri 112/116 di Zagor. Se la sceneggiatura è tutta opera di Bonelli, che utilizza come sempre lo pseudonimo di Guido Nolitta, Gallieno Ferri è stato assistito in alcuni punti da Franco Bignotti.
All'annuale Consiglio di Primavera di Darkwood si presenta il nuovo capo della tribù Kiowa, Winter Snake, l'unico che non riconosce l'autorità di Zagor e che denuncia la presenza di cacciatori di frodo nella valle dove risiede la sua tribù, i quali col loro comportamento sconsiderato stanno mettendo in pericolo l'approvvigionamento di viveri per i Kiowa.
Per cercare di evitare sanguinose ritorsioni, Zagor e Cico vanno alla ricerca dei cacciatori di frodo, che si rivelano componenti di una nobile famiglia austriaca in cerca di nuove esperienze negli Stati Uniti. La loro arroganza, in contrasto con la rabbia di Winter Snake, porterà a quel sanguinoso conflitto che Zagor sperava di evitare e che rischia di compromettere per sempre la pace a Darkwood. Per sventare la tragedia, lo Spirito con la Scure dovrà intraprendere una lunga marcia coi nobili e le loro mogli per portarli in salvo.
Nell'approcciarsi a questa storia a distanza di così tanto tempo, non si possono fare a meno di notare modi di narrare un racconto che risultano oggi anacronistici (ad esempio, ogni due o tre pagine, Zagor non manca di esclamare "Per tutti i tamburi di Darkwood!". E alla ventesima volta avevo una faccia tipo Jessica Jones), ma una volta che ci si lascia alle spalle questo aspetto si notano cose più rilevanti.
Non si può sapere se nel rappresentare il conflitto tra gli aristocratici e gli indiani - gli oppressi - Bonelli abbia voluto fare un'allegoria di tensioni sociali presenti nell'epoca in cui la storia fu scritta. Da un lato, coloro che col denaro pensano di poter comprare tutto, anche la libertà altrui, dall'altro coloro che si ribellano. Bonelli, tuttavia, non prende posizione su questo, o meglio lo fa ma in maniera intelligente.
Per Bonelli non c'è necessariamente una parte buona e una parte cattiva. Se chi usa lo "sporco denaro" è ovviamente dalla parte del torto, la stessa cosa può dirsi di chi usa subito la violenza per cercare di raddrizzare la situazione, causando altrettanto dolore. Né bianco, né nero, dunque, ma solo una indefinita zona di grigio che si estende lungo tutta Darkwood e, in via metaforica, sulla società dell'epoca.
In mezzo a loro, dunque, come una sorta di figura messianica, vi è Zagor, il quale propone la via che può apparire la più difficile, ma al tempo stesso - se c'è chi è disposto ad ascoltare - anche la più efficace. La via del dialogo. Una via che non viene mai abbandonata, nonostante Zagor sia soggetto a torture e dileggi da entrambi i lati (poiché se si è in torto entrambi, allora per certo si commettono anche gli stessi errori) e tenga in conto la vita umana molto più di quanto faccia chiunque ruoti intorno a questa vicenda.
Sergio Bonelli, che è anche abile narratore, sa però che una vicenda fin troppo cupa rischia di essere opprimente per il lettore e quindi non manca di tanto in tanto di inserire qualche siparietto comico, utilizzando Cico o qualche sprovveduto soldato. Scene oggi un poco stranianti, ma per l'epoca inserite perfettamente nel contesto.
Di Gallieno Ferri, oltre alla sua abilità nel ritrarre sempre in modo perfetto le varie scene di lotta, sia tra due persone che tra due gruppi, va notata anche la sua abilità nel riuscire a ritrarre le figure femminili, le quali assumono un peso rilevante in questa storia, nonostante gli eroi Bonelli classici spesso rifuggano da loro, per la convinzione - che Boneli aveva - che un eroe non può dividersi tra l'avventura e l'amore.
Ma questo, appunto, accadeva molti anni fa.
L'ultimo Zagor che ho letto risale al 1999, quindi non posso aprire bocca sulle storie "recenti", ma concordo in pieno sul fatto che Sergio Bonelli fosse un ottimo narratore (e Gallieno Ferri un disegnatore sopraffino!) e ricordo che questa breve "run", letta da adolescente, mi era piaciuta molto. Certo, come dici tu a rileggerla oggi magari salta fuori qualche ingenuità, quale ripetizione di troppo, ma erano comunque storie molto belle che hanno fatto la storia del fumetto italiano.
RispondiEliminaBellissima recensione.
Grazie. Letta nel 2020 ha quel fascino come quando ascolti un disco sul giradischi. Un fascino che bisogna saper apprezzare.
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