Molti scrittori di fantascienza hanno tentato di tracciare una loro personale storia futura. Dopotutto, per un genere narrativo che si incentra (anche) sul raccontare lo sviluppo della società tramite il progresso scientifico, risulta troppo grande a volte la tentazione di limitarsi a un solo romanzo o racconto e nasce quindi la volontà di espandere il tutto tramite una serie di storie interconnesse.
Abbiamo visto così nel corso dei decenni Fondazioni, Spazi Conosciuti, Leghe e Confederazioni stellari e in esse predominava quasi sempre l'elemento umano. Quell'umanità che, pur con tutte le sue mancanze e debolezze, riusciva a esplorare nuovi orizzonti, nuove galassie.
Clifford Simak, invece, ha deciso di fare qualcosa di differente. La sua Storia Futura si intitola Anni Senza Fine (City) e si compone di otto racconti pubblicati tra il 1944 e il 1951, più un epilogo - a quanto pare scritto di malavoglia - pubblicato nel 1973.
City copre un arco temporale che va dal 2008 e si estende per circa un milione di anni, durante il quale l'Uomo in maniera progressiva si distacca dalla Terra, lasciandola in eredità alle altre specie animali, che diventano senzienti. In particolare Cani e Formiche.
Se altri cicli di storia futura lasciano spazio a un pur moderato ottimismo, Clifford Simak invece, pur non mirando a un pessimismo totale, mantiene un atteggiamento di scetticismo e malinconia. L'uomo è visto come una specie distruttiva, l'unica in grado di muovere guerra contro i propri simili e i più deboli, che rinuncia alla grandezza per colpa delle sue inettitudini ed è destinata perciò a scomparire. Anche quando la violenza appare debellata del tutto, nelle generazioni successive essa rimane a livello inconscio nelle menti degli uomini, come un tratto genetico che non può essere cancellato.
Discorso diverso invece per le specie animali, soprattutto i cani, che Simak vede come portatori di un messaggio di fratellanza universale, capaci di elevarsi nonostante l'uomo (ancor meglio, senza l'uomo) al loro fianco. Messaggeri di questa era futura sono i robot, molto diversi da quelli immaginati da Isaac Asimov, capaci anche di provare emozioni, ma non di piangere, come sottolinea con amarezza uno di loro in un momento chiave.
Forse la base di questa malinconia dell'autore è dovuta al periodo in cui vennero scritte le storie (sette di queste furono pubblicate tra il 1944 e il 1947). Simak è nato nel 1904 e quindi, in poco più di due generazioni, ha vissuto due guerre mondiali e altri conflitti come la Guerra Civile Spagnola. E ha testimoniato in prima persona la devastante potenza della bomba atomica.
La sua visione del futuro è quella di un uomo disilluso dal suo tempo, da un'umanità che restringendosi negli agglomerati cittadini ha perso la propria identità singola, libera e meno sanguigna che aveva quando viveva nelle campagne.
La lettura di questo libro, a così grande distanza di tempo dall'ultimo racconto e ben oltre il 2008 immaginato nella prima storia, può risultare di certo poco profetica, ma non per questo altrettanto rassicurante. Non ci sono robot. Non ci sono cani senzienti. Ma uomini che dichiarano guerra ad altri uomini, lasciando che siano i poveri e gli sfortunati a combattere le loro battaglie... sì, quelli ci sono ancora oggi. Forse il desiderio di conflitto è davvero nel nostro DNA.
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