mercoledì 29 agosto 2012

Neil Gaiman, Batman e l'archetipo


Alla fine Neil Gaiman ha sempre ragione. Ci sono personaggi che, per loro natura, per il forte impatto che hanno possono adattarsi ad una grande varietà di situazioni e di storie, che riescono a spaziare in ogni territorio narrativo.
Alla fine Neil Gaiman ha sempre ragione: Batman è uno di questi personaggi. Esiste da più di 70 anni e molte sono le incarnazioni che ha attraversato: spietato giustiziere degli esordi, che non esitava ad uccidere; con la comparsa di Robin un vigilante più malleabile, segnato da una tragedia personale per via della quale non uccide nè porta armi; al termine della Seconda Guerra Mondiale, coinvolto perlopiù in saghe fantascientifiche un po' astruse; con la Silver Age si riappropria del suo ruolo di detective e ritrova il suo consueto parco criminali, inoltre inizia un progressivo distacco da Robin; negli anni '70 c'è quasi un ritorno alle origini: dark, tenebroso, le sue qualità di detective portate all'apice; negli anni '80 c'è il revisionismo di Frank Miller che spazza via ogni aspetto minimamente giocoso del personaggio per consegnarci un Batman quasi psicotico, ossessionato dalla sua missione, caratteristica che viene portata avanti dai suoi successori; negli anni '90 ci sono gli eroi pompati e la morte degli eroi perfetti e incrollabili, ecco dunque Bane che spezza la schiena a Batman, Azrael il Batman folle o la Terra di Nessuno; nel nuovo millennio la personalità di Batman viene ridefinita da Grant Morrison, che accoglie in sè tutti questi diversi aspetti, anche i più assurdi, e cerca di dar loro una radice comune. E adesso il Batman del reboot, ancora in divenire.
E non dimentichiamoci le versioni per il piccolo e grande schermo: il Batman camp del 1966 interpretato da Adam West, figlio di una società più ingenua che deve ancora subire la rivoluzione giovanile; il Batman di Tim Burton: gotico, di poche parole, figlio della società dell'assurdo rappresentata dai suoi avversari; il Batman di Joel Schumacher, figlio del cinema disimpegnato e fracassone; infine il Batman di Christopher Nolan, figlio del post 11 settembre: realistico per quanto possibile, circondato da un mondo che si è spogliato della propria umanità per avvolgersi in un'atmosfera di falsa sicurezza e vera ipocrisia. Ma anche il Batman dei prodotti di animazione: un po' camp (poco poco), un po' dark (molto), un po' tutto il resto.
Alla fine Neil Gaiman ha sempre ragione. L'archetipo di Batman può essere adattato per un numero infinito di storie: i suoi nemici possono cambiare, così come i suoi alleati; i suoi amici possono tradirlo o abbandonarlo; la sua missione può essere portata avanti nei più disparati contesti. Lui però rimane fedele a sè stesso, perchè Batman non cede ai compromessi. E se un personaggio senza superpoteri è sulla scena da più di settant'anni un motivo ci sarà: qualche storia sarà riuscita bene, qualcun'altra meno bene, ma lui è ancora lì a svettare sulle guglie di Gotham, una città che cambia così come cambia la società che circonda il personaggio. Il lato oscuro, con sprazzi di luce, che caratterizza tutte le grandi metropoli.
Alla fine Neil Gaiman ha sempre ragione... e lo ha spiegato meglio di me nel dittico di storie "Cosa è Successo Al Cavaliere Oscuro?". Io lo leggerei, fossi in voi.

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