domenica 29 settembre 2019

A scuola di cinema: Entity (1982)

Estate 1974: Un gruppo di parapsicologi si presenta presso l'abitazione di Culver City, in California, dove risiede Doris Bither.
La donna ha vissuto un'infanzia tormentata, circondata da genitori dipendenti dall'alcool. Oltre ad abusi verbali, quasi di sicuro è stata anche vittima di violenze fisiche da parte loro. Una volta divenuta adolescente, Doris Bither viene ripudiata dalla sua famiglia e cacciata di casa. Il risentimento è così forte che, quando i suoi genitori muoiono qualche tempo dopo, la tagliano fuori dal testamento.
Dovendo crescere e provvedere a sé stessa solo coi propri mezzi, Doris Bither passa da una relazione tormentata all'altra, avendo infine quattro figli - ognuno da un uomo differente - tre maschi e una femmina. Insieme a loro, la donna si trasferisce da Santa Monica a Culver City in quel fatidico 1974, vivendo nella povertà. Qualche mese dopo, come i suoi genitori, anche lei diviene dipendente dall'alcool, ma non per lo stress causato dalla sua condizione sociale, in apparenza.
A un certo punto, Doris Bither viene a sapere da una sua amica di una conferenza sul paranormale tenuta nelle vicinanze da due parapsicologi di nome Barry Taff e Kerry Gaynor, e si reca lì a chiedere il loro aiuto. Il 22 agosto i due si presentano presso l'abitazione della donna, sporca e come se fosse in rovina.
Ciò che costei racconta è scioccante: secondo Doris Bither, una entità spiritica composta da tre fantasmi è presente nella sua casa e ogni notte abusa sessualmente di lei, lasciandole cicatrici o ematomi che sono ben visibili sul suo corpo.
I figli confermano le dichiarazioni della loro madre. Anche uno di loro ha dei lividi sul corpo, che dice essere stati causati dalla stessa entità quando ha cercato di aiutare sua madre, venendo scagliato contro una parete.
I due investigatori, nelle settimane successive, raccolgono prove documentali e fotografiche che a loro dire confermano la storia della donna, testimoniando inoltre di aver assistito alle manifestazioni dell'entità spiritica.
Alla fine, tuttavia, Doris e i figli sono costretti a trasferirsi, poiché il padrone di casa non vede di buon occhio la nomea che la dimora di sua proprietà sta ricevendo. In seguito alla loro partenza, non vi sono più altre notizie di manifestazioni paranormali in quella casa.
Doris Bither scompare nell'oblio per molti anni, ma la sua incredibile storia non viene dimenticata.


Il Caso Doris Bither viene adattato dallo scrittore Frank De Felitta nel 1978 col romanzo The Entity, che modifica il nome della donna in Carla Moran, così come quello degli altri soggetti coinvolti nella vicenda.
Il libro diviene un bestseller e viene opzionato dalla 20th Century Fox, la quale affida a De Felitta stesso - che in passato si è occupato di scrivere sia per il cinema che per la televisione - la stesura della sceneggiatura.
Come regista, viene selezionato il canadese Sidney Joseph Furie. Costui, per non pregiudicare la sua visione del film e inficiare il suo giudizio sulla vicenda, decide consapevolmente di non informarsi sul caso di Doris Bither o incontrare la donna
Per il ruolo della protagonista femminile, vengono valutate alcune attrici tra cui Jane Fonda, Bette Midler e Sally Field, che però rifiutano la parte. La scelta finale ricade dunque, a circa due settimane dall'inizio delle riprese, su Barbara Hershey, la cui unica remora è il fatto che ci siano alcune scene di nudo (una delle quali anche molto forte, poiché implica una violenza sessuale da parte dell'entità).
Il regista comunque la rassicura dicendo che le scene saranno interpretate da controfigure mentre, per la scena della violenza, sarà usato uno speciale manichino in latex sviluppato dal team di Stan Winston.
Le riprese iniziano in via ufficiale in California il 30 marzo 1981, terminando nel giugno 1981 dopo circa dieci settimane. I piani iniziali sono di distribuire il film in quello stesso anno, ma per qualche motivo l'uscita viene rimandata al settembre 1982 e programmata in principio solo in Inghilterra, forse per capitalizzare sul successo di Poltergeist. Negli Stati Uniti, invece, debutta solo il 4 febbraio 1983. Non va troppo bene.
A fronte di un budget di 9 milioni di dollari, Entity (The Entity) arriva infine a guadagnarne a livello internazionale poco più di 13.
Dopo aver abbandonato Culver City, Doris Bither si trasferisce in Texas insieme ai suoi figli. Pare che i presunti attacchi spiritici siano poi diminuiti e infine cessati col passare del tempo. Muore nel 1999, a causa di un arresto respiratorio. I suoi figli hanno sempre continuato ad affermare che è stata davvero vittima di un'entità paranormale. E questa è la fine della storia.

mercoledì 25 settembre 2019

Fabolous Stack of Comics: Iron Man - The Inevitable


Ma vi ricordate di Iron Man: Extremis? Quell'unione empia tra Warren Ellis e Adi Granov che ha dato vita, tra il 2005 e il 2006, a una storyline che (aspettate che leggo dal copione) ha esteso le sue ramificazioni in tutto l'Universo Marvel per molti anni, con buona pace di alcuni (LA CONTINUITY, MARIAAAAAA!).
Noi che ci siamo goduti i bei volumi autoconclusivi pubblicati in questi anni non ne siamo stati toccati, ma in USA la saga è stata soggetta a numerosi ritardi di pubblicazione causati dalla lentezza del disegnatore Adi Granov (in totale, sei numeri pubblicati in sedici mesi), che probabilmente era impegnato in palestra.
E così Tom Brevoort, messo in ginocchio sui ceci da Joe Quesada per non essere riuscito a fare il suo lavoro di editor, vagando disperato per i corridoi della Marvel chiese a Joe Casey una miniserie riempitivo per capitalizzare sul comunque crescente successo della storyline. Doveva essere una sorta di filler di ampia durata e non fare troppi riferimenti a Extremis per non rovinare il finale della storia.
Ne uscì fuori Iron Man: The Inevitable, una miniserie di sei numeri disegnata da Frazer Irving e pubblicata dal febbraio al luglio 2006... ah ma allora è possibile tenere un ritmo mensile e fare un lavoro artistico eccelso!
The Inevitable è una storia sulla rinascita e il senso di identità, sensazioni che vengono filtrate attraverso tre personaggi. Il primo è Spymaster: rinascita nel senso che tale ruolo viene assunto da una nuova persona, Sinclair Abbott, ma la sua identità come nemico di Iron Man non viene meno e sembra che il personaggio sia in grado di vivere solo di questo, sacrificando sull'altare di una vendetta che non può esistere il suo legame affettivo più importante.
Il secondo è il Laser Vivente. Rinascita nel senso che letteralmente rinasce sotto forma di energia fotonica senziente. Ma piuttosto che esplorare questa sua nuova condizione semidivina, il suo primo atto è tentare di uccidere Iron Man, come la vecchia, insignificante identità di Arthur Parks avrebbe fatto, sacrificando sull'altare di una vendetta priva di significato la sua appena ritrovata libertà.
Il terzo, infine, è Iron Man. La sua rinascita è avvenuta tramite il virus Extremis, che l'ha elevato oltre i limiti della condizione umana. Tony Stark è dunque divenuto qualcosa di unico ma, a differenza di Spymaster e del Laser Vivente, non vuole rimanere ingabbiato dalla sua precedente identità o dagli schemi prefissi, anzi, afferma più di una volta che gli scontri supereroe/supercriminale sono ormai qualcosa di anacronistico.
Tuttavia eventi più grandi di lui lo costringeranno a indossare la sua vecchia "maschera" e anche lui sarà costretto a un sacrificio, perdendo una persona di sua fiducia.
Per tutti e tre dunque la perdita di qualcosa di caro dovuto al cambiamento è un fatto inevitabile.
Oggi Joe Casey non è più un nome di primo piano, sotterrato da Young Guns e Rebirth vari, ma non mi sentirete ora dire quanto ciò sia una tragedia immane per il mondo del fumetto intero. Probabilmente, era destino, però state tranquilli: grazie a Ben 10 non ha problemi ad arrivare alla fine del mese.
E nel suo piccolo ha contribuito alla pubblicazione di belle storie, come questa miniserie. Doveva essere un riempitivo, è divenuta col tempo un gioiellino.

lunedì 23 settembre 2019

A scuola di cinema: La Mosca (1986)

Vi abbiamo già detto di come a volte i remake cerchino di prendere strade differenti dal film originario. Le cause possono essere molteplici: vuoi per condizioni sociali mutate, vuoi per un intento di voler attualizzare certi temi... o infine per un legittimo desiderio di lasciare una propria impronta personale. Riuscendo a volte in tale scopo.


Nel 1958 viene prodotto il film L'Esperimento del Dottor K (The Fly), basato su un racconto dell'anno precedente scritto da George Langelaan e interpretato da Vincent Price. Ventotto anni dopo, qualcuno decide di cambiare del tutto le carte in tavola.
All'inizio degli anni '80 del ventesimo secolo, il produttore Kip Ohman suggerisce a uno dei suoi assistiti, lo sceneggiatore Charles Edward Pogue, di concepire la sceneggiatura di un remake de L'Esperimento del Dottor K. Un'idea che trova il consenso anche del produttore Stuart Cornfeld e della 20th Century Fox, che affidano a Pogue l'incarico ufficiale di scrivere la sceneggiatura.
Il trattamento di Pogue vede protagonisti lo scienziato Geoff Powell e sua moglie Barbara. Powell. L'uomo ha ricevuto dei finanziamenti dall'imprenditore Phillip DeWitt per costruire un'incredibile invenzione, la cui vera natura tiene nascosta a lui, nonché al suo caro amico Harry Chandler.
Dopo alcuni esperimenti falliti, Geoff Powell riesce a creare un dispositivo di teletrasporto funzionante sia su oggetti inanimati che su creature viventi. Decide dunque di sperimentarlo su sé stesso, ma non si avvede di una mosca che entra insieme a lui nel dispositivo.
Qualche tempo dopo, Powell capisce che le sue cellule si sono fuse con quelle della mosca e inizia a mutare in un'orribile creatura, perdendo ben presto la capacità di parlare. Sua moglie Barbara è terrorizzata, anche perché è rimasta incinta e non sa se il concepimento sia avvenuto prima o dopo il tragico evento.
Nel frattempo, Harry Chandler scopre l'esistenza del dispositivo, e ne mette a parte DeWitt. L'imprenditore ne capisce il grande potenziale economico e lo trafuga. Powell tuttavia lo assale nel suo ufficio, uccidendolo vomitando acido corrosivo dalla bocca. Dopodiché appicca il fuoco nella stanza dove si trova il dispositivo di teletrasporto, dove si rifugia perché sia avvolto dalle fiamme e possa morire.
Barbara dà infine alla luce un bambino... che è del tutto sano.
La sceneggiatura viene consegnata alla Fox, che non ne rimane entusiasta, decidendo dunque di non investire dei fondi nel progetto. Cornfeld e Pogue riescono comunque a chiudere un accordo: qualora trovassero un altro finanziatore, la Fox si occuperà della distribuzione del film.
Cornfeld conosce la persona adatta, ha già collaborato con lui in passato. Si tratta di Mel Brooks, che ha fondato una compagnia chiamata Brooksfilms, la quale ha già prodotto altri film drammatici quale ad esempio Elephant Man. Brooks fa revisionare la sceneggiatura a un altro scrittore ma, insoddisfatto del risultato, chiede a Pogue un secondo trattamento.
Al contempo, Brooks e Cornfeld individuano il regista del film - dietro suggerimento del produttore Scott Rudin - in David Cronenberg, ma costui è impegnato con un'altra produzione, Total Recall, e deve declinare. Viene allora individuato un altro regista, l'inglese Robert Bierman, di cui Cornfeld e Brooks hanno apprezzato alcuni cortometraggi. Questo film rappresenterebbe il suo esordio con un lungometraggio.
Inizia la fase di pre-produzione, ma poco dopo la figlia di Bierman rimane coinvolta in un incidente fatale mentre si trova in vacanza. Bierman abbandona il set e, alcuni mesi dopo, dichiara a Brooks che non se la sente di tornare.
Cornfeld intanto è venuto a sapere che Cronenberg ha abbandonato la produzione di Total Recall e lo ricontatta. Il regista stavolta accetta, ma a una condizione imprescindibile: che gli sia data carta bianca e possa revisionare la sceneggiatura.
Cronenberg interviene in maniera drastica sul trattamento di Pogue, modificando non solo i nomi dei protagonisti e la loro relazione, ma riscrivendo la quasi totalità del copione e alterando la trama. Nonostante ciò, Cronenberg chiede che Pogue sia accreditato come co-sceneggiatore, poiché senza la sua trama di base lui non sarebbe stato in grado di concepire il suo trattamento.
Per il ruolo del protagonista maschile, Seth Brundle, Cronenberg pensa a Jeff Goldblum, ma trova subito le obiezioni della Fox, che non ritiene l'attore una star capace di attirare sufficientemente pubblico e chiede quindi che siano provinati altri attori. Il regista, appoggiato da Stuart Cornfeld, porta tuttavia avanti questa sua scelta, fino a quando il presidente della Fox Larry Gordon dà il via libera, non mancando però di far notare che questo per lui è un errore di cui i due si assumono piena responsabilità.
Per il ruolo della protagonista femminile, Veronica Quaife, Cronenberg vorrebbe Linda Hamilton, ma costei rimane scioccata dalla sceneggiatura e decide di non aderire al progetto. Goldblum suggerisce allora di ingaggiare la sua fidanzata dell'epoca (che sposerà nel 1987), Geena Davis. Stavolta è Cronenberg a obiettare, poiché pensa non sia saggio dirigere sul set una coppia anche nella vita reale. Goldblum tuttavia riesce a far ottenere un provino a Geena Davis, che è capace di convincere sia il regista che Cornfeld.
Il trucco, che si suddivide in sette fasi della trasformazione, ognuna più complicata della precedente, viene affidato a Chris Walas, il creatore dei Gremlins. La fase ultima richiede non meno di cinque ore di lavoro.
Le riprese si svolgono a Toronto, dal primo dicembre 1985 al 28 febbraio 1986. Alcune scene, ritenute troppo forti e che mettono il personaggio di Seth Brundle in cattiva luce, vengono tagliate in sede di montaggio finale, incluso inoltre un happy ending con l'unione tra Veronica Quaife e l'"antagonista" Stathis Borans, poiché si ritiene non sia in linea con quello che è il drammatico epilogo della vicenda di Seth Brundle.
La Mosca (The Fly) viene distribuito nei cinema americani a partire dal 15 agosto 1986. A fronte di un budget che si aggira sui 15 milioni di dollari, il film arriva infine a incassarne oltre 60 a livello internazionale. Fa inoltre conseguire a Chris Walas l'Oscar come Miglior Trucco, un meritato riconoscimento per un lavoro che - aldilà delle eccellenti interpretazioni di Jeff Goldblum e Geena Davis - sullo schermo ha un potente impatto.
Tanto che alcuni anni dopo lo stesso Walas dirige il seguito di questa pellicola... ma questa è un'altra storia.

venerdì 20 settembre 2019

Fabolous Stack of Comics: Monkeyman and O'Brien


Quando un disegnatore decide di realizzare un'opera "creator-owned" (tiè, vedi quanto sono figo a utilizzare questo termine) il rischio è sempre dietro l'angolo. Da un lato, se non ha esperienza di sceneggiatura, ogni disegno dirompente che esce dalla tavola rischia di essere annullato da dialoghi e trame inconsistenti. Essere "andato a bottega" con altri sceneggiatori può essere utile, ma bisogna essere abili a recepire anche.
Inoltre c'è sempre la possibilità che il disegnatore si stanchi e lasci il tutto incompiuto... ma sì, facciamo quest'altra cosa, che tanto i miei fan adoranti non mi abbandoneranno. Ma ora basta parlare di Joe Madureira.
Monkeyman and O'Brien è un progetto personale di Arthur Adams, concepito nel 1993 e portato avanti per poco più di un lustro. Nasce sotto forma di back-up stories pubblicate in appendice a Seed of Destruction, la prima miniserie avente a protagonista Hellboy di Mike Mignola (anche io vorrei un biglietto da visita così). Il progetto è poi proseguito con una miniserie di tre numeri e qualche racconto sparso, l'ultimo dei quali pubblicato nel 1999.
Con le sue storie e i suoi personaggi, Adams celebra un periodo ben preciso e un artista ben preciso. La Pre-Silver Age e i primi "vagiti" della Siver Age e Jack Kirby. Le storie di Monkeymand and O'Brien sono piene di quelle situazioni paradossali e mostri strani tipici delle storie degli anni '50, mixate con la "fantascienza" dei primi albi di supereroi che presentavano ancora delle contaminazioni di quelle storie di mostri.
Questo includendo anche un gorilla, che nei fumetti degli anni '50 spuntavano come funghi, e un multiverso basato su frequenze vibratorie alla Gardner Fox. Per quanto riguarda Kirby, il Toporagnumanoide è l'Uomo Talpa, i Rospogliti sono gli Uomini Rospo (sì, ho letto Hulk 2 e me lo ricordo, ho già prenotato il mio cantiere da osservare) e Quash è Darkseid - che sì, non è proprio figlio della prima Silver Age, ma anch'io se volessi omaggiare Kirby creerei un clone di Darkseid.
Il nostro caro amico Arthur tuttavia, nei suoi omaggi dichiarati, si dimentica di infiocchettare bene il tutto, usando dialoghi poco ricercati - che è ovvio sia una cosa voluta, ma ecco, anche le cose volute devono essere ben confezionate. "Signora Adams, vede, il  fatto è che suo figlio è intelligente, ma non si applica".
La trama principale poi rimane incompleta, ma il nostro amico ha ancora molti anni davanti a sé per portarla avanti... (ehi, psst, sono passati vent'anni dall'ultima storia!) ... forse dovremo sperare in qualche opzione cinematografica per un sequel.
Sui disegni non c'è ovviamente nulla da discutere in merito alla loro spettacolarità. Se iniziassi a mettere in dubbio la bravura di Arthur Adams, sarei espulso dall'ingresso a Lucca Comics a vita.
Cosa rimane dunque oggi di Monkeymand and O'Brien, a vent'anni dall'ultima storia? Resta comunque qualcosa di divertente da leggere, senza pretese, magari quando vi avanzano un paio d'ore la sera e non volete andare subito a dormire. Poi però fate i bravi, cercate di calarvi in un passato oggi polveroso, contestualizzatelo e leggetevi le storie di Stan Lee e Jack Kirby.

mercoledì 18 settembre 2019

A scuola di cinema: Dallas Buyers Club (2013)

1985: A Ronald Woodroff, un elettricista residente a Dallas, in Texas, viene diagnosticato l'AIDS, contratto con ogni probabilità qualche anno prima a seguito di un rapporto sessuale non protetto.
Per via del fatto che la malattia appare in stato avanzato, a Woodroff viene detto che gli rimangono sei mesi di vita. A quel tempo, l'AIDS è ancora una malattia poco nota alla scienza medica e l'unico farmaco per trattarlo presente negli Stati Uniti è l'azidotimidina (AZT).
Tale farmaco non contribuisce ad alleviare il dolore di Woodroff che, sull'orlo della disperazione, si informa sulla malattia e i suoi effetti e sperimenta cure alternative utilizzando farmaci sperimentali o medicinali non disponibili negli Stati Uniti.
Utilizzando questo mix di farmaci, Woodroff riesce a superare i sei mesi che gli erano stati preannunciati e a veder alleviato, anche se in misura minore, il dolore.
Altri malati di AIDS iniziano a chiedere i farmaci usati da Woodroff e, per venire incontro alle loro richieste e non andare contro le leggi federali, costui fonda nel marzo 1988 il Dallas Buyers Club. Essendo vietato vendere farmaci non autorizzati, Woodroff li distribuisce gratuitamente, purché chi si iscrive al Dallas Buyers Club paghi una quota mensile.
Non sempre i farmaci distribuiti dal Dallas Buyers Club ad altri malati di AIDS, contrariamente a quello che è successo a Woodroff, riescono a lenire il dolore e la Federal Drug Administration (FDA) in un primo momento non indaga su di esso, fino a quando tuttavia gli associati crescono in maniera esponenziale, comportando dunque un ingente arrivo dall'estero di medicinali non autorizzati e un concreto rischio per la salute pubblica.
Tuttavia le indagini della FDA e le accuse di speculazione non andranno avanti più di tanto, poiché il 12 settembre 1992 Ronald Woodroff soccombe infine alla malattia a causa di una fatale polmonite.
Una vita ai limiti che diviene oggetto molti anni dopo di un'ormai celebre pellicola.


La storia di Ronald Woodroff giunge una prima volta all'attenzione mediatica il 9 agosto 1992, quando sul giornale Dallas Morning News compare un lungo articolo scritto dal giornalista Bill Minutaglio che racconta con dovizia di particolari tutte le traversie affrontate dall'uomo.
Lo sceneggiatore Craig Borten viene a conoscenza così di questa storia e, poche settimane prima della scomparsa di Woodroff, riesce a incontrarlo e a intervistarlo per tre giorni, nonché ad accedere ad alcuni suoi appunti personali.
Dopo mesi di altre indagini su questa vicenda, Borten produce infine una prima sceneggiatura le cui riprese vengono fissate nel 1996, con Dennis Hopper alla regia e Woody Harrelson nel ruolo di Woodroff. La società di produzione tuttavia fallisce e il progetto non inizia nemmeno.
Nel 2000, Borten incontra Melisa Wallack e insieme a lei crea una nuova bozza di sceneggiatura, che viene acquisita dalla Universal nel 2001 grazie all'appoggio della produttrice Robbie Brenner. La casa di produzione ingaggia Marc Forster come regista e pensa a Brad Pitt nel ruolo di Woodroff, ma non riesce a trovare i finanziamenti necessari e il progetto naufraga di nuovo.
La sceneggiatura rimane dunque nel limbo per svariati anni, tanto da gettare Craig Borten nel 2009 in uno stato di profonda depressione e farlo diventare dipendente da alcool e droga. Grazie all'aiuto di Melisa Wallack, l'uomo entra in un istituto di riabilitazione, da cui esce sette mesi dopo.
La sceneggiatura nel frattempo è giunta di nuovo nelle mani di Robbie Brenner, che è ben decisa a portarla sul grande schermo. Nella sua mente si immagina come protagonista Matthew McConaughey, nativo di Dallas come Woodroff, e gli invia dunque la sceneggiatura.
L'attore ne rimane conquistato e, per dimostrare il suo desiderio di veder realizzato il film, inizia a perdere peso. McConaughey arriva infine a dimagrire di circa 20 chili, con qualche inevitabile rischio per la sua salute, e anche questo contribuisce a far sì che il progetto trovi infine il budget necessario. Tuttavia non è così alto e al reparto trucco è assegnata una somma di appena 250 dollari.
Nel marzo 2011, viene individuato il regista nel canadese Jean-Marc Vallée. A supporto di McConaughey vengono selezionati Jennifer Garner e Jared Leto: costoro non interpretano persone realmente esistite, ma personaggi che rappresentano una sorta di summa dei vari medici e malati di AIDS che Woodroff ha incontrato negli anni. Anche Leto si sottopone a una dieta che lo porta a perdere quasi quindici chili.
Le riprese iniziano in via ufficiale l'undici novembre 2012, dipanandosi tra New Orleans e Baton Rouge in Louisiana e durando 25 giorni. Per tutto questo periodo, Jared Leto rimane nella parte anche quando le riprese non vengono effettuate, comportandosi, vestendosi e parlando come il suo personaggio.
Dallas Buyers Club viene distribuito nei cinema americani a partire dal primo novembre 2013. A fronte di un budget di poco meno di 5 milioni di dollari, il film arriva infine a incassarne a livello internazionale oltre 55.
Non solo, fa conseguire nel 2014 a McConaughey e Leto il Premio Oscar, rispettivamente, come Miglior Attore Protagonista e Miglior Attore Non Protagonista. E c'è anche un terzo Oscar, che ha quasi del paradossale se si pensa al budget che è stato stanziato per esso, quello come Miglior Trucco.
Tali riconoscimenti premiano due odissee personali: quella di Ronald Woodroff e del suo travagliato percorso di vita. E quella di Craig Borten, il quale ha dovuto attendere 21 anni prima che il suo progetto venisse acclamato.
La ricerca medica e scientifica per trovare una cura all'AIDS continua... con la speranza che questa un giorno sia un'altra storia.

martedì 17 settembre 2019

Fabolous Stack of Comics: The Pro


Credo sia stato detto più volte che a questo mondo (co)esistono due Garth Ennis. Il primo è colui che si occupa di opere "impegnate", quali Preacher o Chronicles of Wormwood, intrise di una cruda satira sulla società mediatica, il potere in ogni sua forma e lo sfruttamento della religione.
Il secondo invece ama cazzeggiare facendo satira e/o ironia sugli stilemi supereroistici. Come Ennis ha spiegato più volte, lui non detesta i supereroi... l'ha detto lui, eh? Non guardate me che non c'entro niente! Ennis detesta il modo in cui le major invadono il mercato con questo tipo di prodotti, lasciando poco spazio al resto.
In effetti a pensarci bene c'è anche un gemello malvagio di Garth Ennis, che di tanto in tanto ha scritto storie pure di supereroi... ma se ne sono perse le tracce.
The Pro, one-shot pubblicato nel 2002 da Image Comics, appartiene alla seconda categoria. Il Garth Ennis cazzaro allo stato puro (scusate il tecnicismo) che esagera con scene violente, surreali e turpiloqui perché lo trova divertente. Esagera in maniera pulp, molto pulp, pure troppo.
Le vittime di The Pro/Ennis sono i componenti della Justice League (La Lega dell'Onore) e la loro finta perfezione. Ma più in generale i supergruppi.
Soprattutto Lanterna Verde, eroe che Ennis non manca di sbeffeggiare ogni volta che ne ha la possibilità. Devo però ammettere che ho visto un uso del potere di Flash a cui non avevo mai pensato fino ad ora, forse perché sono un essere puro e... AH! Scusate, torniamo seri.
In questo florilegio di situazioni ai limiti del paradossale (qualcuna anche oltre i limiti), Ennis mutua anche la lezione di Authority e, nell'unico momento serio del fumetto, tramite la protagonista esprime la propria visione sul difetto fondamentale a suo dire del concetto di supereroe propugnato dalle major. Ovvero il concetto di un essere divino e così potente da non essere nemmeno in grado di modificare lo status quo e intervenire davvero in aiuto dei più deboli. Qualcosa invece che chi proviene dai bassifondi può ben capire, sacrificandosi senza nemmeno veder riconosciuti i propri meriti e venendo ben presto dimenticata in favore di un nuovo status quo uguale al precedente.
The Pro è un'idea a tre modellata insieme ad Amanda Conner e Jimmy Palmiotti durante un soggiorno a Berlino, quindi si può affermare senza timor di smentita che senza questi altri due autori il personaggio non potrebbe esistere. Credo sia un bene, ma se nel 2002 si poteva trovare straniante che una donna realizzasse certe vignette, oggi la cosa non ci sorprende più e lo troviamo accettabile.
Sono stati poi i due coniugi a far sì che l'insolita supereroina non venisse dimenticata, realizzando sketch alle convention, una storia aggiuntiva pubblicata cinque anni dopo l'one shot e una serie di card. Tanto che un paio di anni fa la Paramount ha acquisito i diritti di sfruttamento cinematografico del personaggio. Se questo porterà a qualcosa di concreto, in un'epoca dove predominano al cinema gli eroi "solari", resta tutto da vedere.
Cosa resta dunque oggi di The Pro? Un puro e semplice divertissement, se trovate chiaramente divertenti certi temi, incentrato su un particolare tipo di supereroina la cui esistenza oggi può essere vista come l'ennesimo tassello di un mondo (quello supereroistico) che sta cercando in maniera disperata di rinnovarsi e rimanere sulla cresta dell'onda.
Lo sta facendo da ottant'anni e fin qui tutto bene... fin qui tutto bene... fin qui tutto bene...

domenica 15 settembre 2019

A scuola di cinema: Le Iene (1992)

Inizio anni '90: un aspirante sceneggiatore e regista lavora come commesso di un negozio per il noleggio di videocassette in California, realizzando ogni tanto cortometraggi amatoriali coi suoi amici. Ma qualcosa per lui sta per cambiare e la sua vita prenderà una svolta decisiva. Il suo nome è Quentin Tarantino.


Reservoir Dogs: come sia venuto in mente a Quentin Tarantino questo particolare titolo, non è mai stato spiegato. O meglio, è stato fatto, ma Tarantino stesso ne ha dato differenti spiegazioni, compresa quella di un curioso "mash-up" tra Au Revoir Les Infants di Louis Malle e Straw Dogs di Sam Peckinpah. Ne consegue che una spiegazione vera e propria non ci sia e con ogni probabilità a Tarantino piaceva semplicemente l'idea di scrivere un film su una rapina con quel titolo.
Un titolo che si stampa nella mente del giovane aspirante regista il quale, ispirandosi al film Rapina a Mano Armata di Stanley Kubrick e al cinema d'azione orientale, in particolare alla pellicola City On Fire di Ringo Lam, ne scrive in circa tre settimane e mezzo una sceneggiatura, a penna e su una serie di taccuini.
In origine Tarantino progetta di realizzare il film con un budget ridotto all'osso, appena trentamila dollari (racimolati interpretando la parte di un sosia di Elvis Presley in una puntata di Cuori Senza Età, comprese le royalties per le repliche), utilizzando una camera 16mm, affidando a sé stesso la parte di Mr. Pink e facendo interpretare le altre parti a dei suoi amici.
Uno di questi è il produttore Lawrence Bender. Costui sta frequentando un corso di recitazione e per un caso fortuito la moglie dell'insegnante conosce Harvey Keitel. Costei nota la sceneggiatura di Tarantino e la passa al celebre attore il quale, tre giorni dopo, contatta personalmente Tarantino dicendogli di essere non solo interessato a interpretare una parte nel film, ma anche pronto a produrlo.
Grazie alle conoscenze di Keitel, si riesce a racimolare un budget per la pellicola di circa un milione e mezzo di dollari. Keitel poi, usando soldi di sua tasca, porta Tarantino e Bender in un hotel di New York, dove si tengono le sessioni di casting degli altri protagonisti.
Da queste sessioni emergono Steve Buscemi, Tim Roth, Michael Madsen e Chris Penn. Costoro hanno già esperienza alle spalle di pellicole cinematografiche, ma sono desiderosi di lavorare con un regista sconosciuto per via del fatto che nel progetto è coinvolto anche Keitel.
Il provino di Buscemi per Mr. Pink convince così tanto Tarantino da fargli decidere di rinunciare a quella parte per sé e dirottare le sue attenzioni su Mr. Brown.
Le riprese iniziano in via ufficiale il 29 luglio 1991, dipanandosi in varie location di Los Angeles. In particolare un obitorio abbandonato, che viene utilizzato per la maggior parte delle riprese. La rapina non è mai effettivamente mostrata nella sceneggiatura, quindi è una precisa scelta narrativa non dovuta a motivi finanziari. Il comunque risicato budget invece impone che, quando sono in abiti civili, gli interpreti utilizzino i loro stessi vestiti.
Gli iconici completi neri vengono forniti da Betsy Heimann a titolo gratuito, grazie al suo amore per i film sulle rapine. Anche gli effetti speciali del trucco sono realizzati a titolo gratuito da Robert Kurtzman, alla condizione che Tarantino sviluppi poi la sceneggiatura di un suo soggetto intitolato Dal Tramonto All'Alba.
Dover girare durante una calda estate californiana, vestiti di un abito nero in giacca e cravatta, si rivela un'impresa non da poco per gli attori coinvolti. Le riprese terminano in via ufficiale il 31 agosto 1991.
La pellicola ha la sua premiere il 21 gennaio 1992 al Sundance Film Festival, suscitando l'interesse e l'attenzione dei presenti e facendo sì che la Miramax ne consegua i diritti di distribuzione.
Il film, come noto, contiene numerose scene violente, forti anche per gli standard attuali, figuriamoci a quell'epoca. Il presidente della Miramax, Harvey Weinstein, chiede dunque a Tarantino almeno qualche cesura durante la scena della tortura del poliziotto. Il regista tuttavia si impunta su questo aspetto e nessun taglio viene apportato.
Le Iene (Reservoir Dogs) viene programmato nei cinema americani a partire dal 9 ottobre 1992. A fronte, come riferito, di un budget di un milione e mezzo di dollari, il film arriva a incassarne solo sul territorio statunitense, dove peraltro ha una distribuzione limitata a poche sale, 2,8 milioni di dollari. In Inghilterra invece incassa il doppio di questa cifra. Questo senza contare gli altri paesi.
Un incredibile esordio per Quentin Tarantino, che vede così lanciata la sua carriera cinematografica. La quale inizia subito a muovere i primi passi quando un'altra sua sceneggiatura, Natural Born Killers, viene notata da Oliver Stone... ma questa è un'altra storia.

mercoledì 11 settembre 2019

A scuola di cinema: L'Uomo Invisibile (1933)

Nel 1897, lo scrittore H.G. Wells pubblica il romanzo L'Uomo Invisibile. Successivo a La Macchina del Tempo e contemporaneo a La Guerra dei Mondi, ha la particolarità di poter annoverare come protagonista un personaggio negativo, ovvero l'uomo invisibile del titolo, Griffin. Per natura violento e irresponsabile, costui diventa ancora più sfrenato nei suoi intenti quando una sua invenzione capace di rifrangere la luce lo fa diventare appunto invisibile.
Ma, come l'ateo Wells ha più volte scritto, chi tenta di sostituirsi a una divinità in una società folle e malata è destinato a cadere. Ed è questo il destino finale di Griffin. La sua aura di malvagità rimane tuttavia impressa nei decenni successivi nell'immaginario collettivo e alla fine approda anche sul grande schermo.


All'inizio degli anni '30 del ventesimo secolo, la Universal Pictures sta vivendo un grande e forse insperato successo di pubblico grazie agli adattamenti di celebri romanzi horror e gotici del diciannovesimo secolo, primi tra tutti Dracula e Frankenstein, grazie anche alle magistrali interpretazioni di Bela Lugosi e Boris Karloff e alle direzioni di Tod Browning e James Whale.
All'inizio del 1931, la Universal acquisisce da Wells stesso i diritti per un adattamento de L'Uomo Invisibile, ma di fronte a quelli che appaiono costi proibitivi di produzione decide di tenere in stand-by il progetto per alcuni mesi.
Dopo il grande successo di Frankenstein alla fine di quello stesso anno, la Universal intende capitalizzare sul carisma di Boris Karloff, rendendolo l'interprete principale dell'adattamento del romanzo di Wells. Si fatica tuttavia nei mesi successivi a trovare sia un regista che una sceneggiatura definitiva, fino a quando James Whale - il regista di Frankenstein - viene selezionato nel settembre 1932.
Tuttavia l'accoppiata con Karloff è destinata per il momento a non ripetersi, poiché Whale ritiene che Karloff non sia la persona più adatta a interpretare Griffin. Inoltre, non c'è ancora una sceneggiatura definitiva, ma una decina di diversi trattamenti, alcuni dei quali - che trasportano l'azione del film nella Russia zarista al tempo della Rivoluzione o su Marte - davvero astrusi.
Per dipanare la matassa, Whale contatta un suo fedele collaboratore, Robert Cedric Sherriff, chiedendogli di rimanere fedele per quanto possibile al romanzo di Wells. Pur concedendosi alcuni cambiamenti rispetto alla fonte originaria, Sherriff fa quanto gli è stato richiesto, consegnando il suo trattamento nel giugno 1933.
Rimane solo da scegliere l'attore protagonista. E Whale ne ha uno in mente, che ha ammirato in alcune rappresentazioni teatrali, Claude Rains. La Universal solleva delle obiezioni, poiché Rains ha più di quarant'anni ed ha interpretato un solo film - muto - in vita sua.
A favore dell'attore tuttavia gioca il fatto che il volto del personaggio non si vede mai, se non proprio alla fine, e la sua voce chiara e unica e la sua risata squillante lo aiutano a ottenere la parte... anche se il fatto che il suo agente sia amico del presidente della Universal male non fa.
Le riprese si tengono presso gli Universal Studios in California a partire da fine giugno 1933, per concludersi in agosto.
Ha inizio dunque una fase di post-produzione che dura circa due mesi e che viene supervisionata da John P. Fulton.
Quando l'uso di cavi per muovere i vestiti si rivela non attuabile, si utilizza uno sfondo del tutto nero e Rains viene avvolto da una speciale tuta nera, sopra la quale vengono posti i vestiti. Per la cronaca, Claude Rains è claustrofobico. Conclusa la prima ripresa, vi è poi una ulteriore ripresa, solo dello sfondo ambientale della scena.
Queste due riprese vengono dunque unite per formarne una sola, sostituendo lo sfondo nero e la tuta nera di Rains con lo sfondo della seconda ripresa e intervenendo infine in maniera manuale sulla pellicola per eliminare imperfezioni ed effetti di luce indesiderati.
L'Uomo Invisibile (The Invisible Man) viene distribuito nei cinema americani a partire dal 13 novembre 1933. Il budget del film è stato di sicuro superiore ai 300.000 dollari (quasi uno sproposito per l'epoca). La pellicola tuttavia si rivela un grande successo, anche se dati certi di quanto abbia incassato - in un'epoca in cui un film poteva restare nelle sale anche per anni - non esistono.
Quello che è certo è che la Universal continua a dare vita a un genere gotico cinematografico che vedrà prodotti altri capolavori nel corso degli anni successivi... ma questa è un'altra storia.

domenica 8 settembre 2019

A scuola di cinema: Argo (2012)

4 novembre 1979: Un gruppo di studenti iraniani prende possesso dell'ambasciata statunitense a Teheran. Sono così tanti che, oltre a scavalcare le mura, riescono anche a sfondare il cancello dell'ambasciata. In breve tempo conquistano l'edificio e prendono in ostaggio i componenti dello staff.
Tale atto costituisce una rivalsa nei confronti del Presidente Jimmy Carter e dell'amministrazione statunitense, che stanno ospitando l'odiato ex monarca/dittatore Mohammad Reza Shah - seppur per motivi di salute e tenendolo sotto costante sorveglianza - e si sono rifiutati di consegnarlo alla nuova reggenza guidata da Khomeini.
Cinque componenti dello staff tuttavia riescono a fuggire da una porta laterale che si affaccia direttamente sulla strada. Sono i coniugi Mark Lijek e Cora Lijek, Robert Anders, Joseph Stafford e Kathleen Stafford, anch'essi sposati. Costoro cercano rifugio presso l'ambasciata britannica, ma anche questa è sorvegliata dai manifestanti.
I cinque capiscono che non sarà possibile entrare e si rifugiano in maniera temporanea presso l'abitazione di Anders, poi presso altre strutture, prima di trovare ospitalità presso le dimore di John Sheardown, un amico di Anders, e Ken Taylor, ambasciatore canadese. A loro si unisce poco dopo Henry Lee Schatz, sfuggito anch'egli alla cattura.
La notizia delle sei persone riuscite a scampare alla rivolta giunge all'attenzione della CIA e dell'agente Antonio Joseph "Tony" Mendez. Prelevare i sei e farli fuggire sarà ancora più difficile del previsto, poiché il nuovo governo iraniano ha tagliato ogni canale diplomatico e dunque occorre una perfetta storia di copertura. E bisogna anche fare presto, perché come la notizia della fuga è giunta alla CIA, può giungere ad altri.
Ma non è così semplice trovare una storia credibile per far uscire delle persone come se nulla fosse da una nazione reduce da una rivoluzione. La prima idea è di far passare i sei come insegnanti, ma ci si accorge che tutte le scuole in lingua inglese sono state chiuse. Poi di mascherarli da nutrizionisti, ma siamo ormai a gennaio e Teheran è sommersa dalla neve, non ci sono campi coltivati o agricoltura da osservare.
Finché Tony Mendez concepisce un'idea così assurda da funzionare alla perfezione. L'agente in passato ha avuto dei contatti con alcuni rappresentanti di Hollywood e se c'è una cosa che può attirare dollari in qualsiasi nazione è il cinema. Perché allora non far passare i sei come dei rappresentanti di una casa di produzione che stanno ispezionando alcune location per un film? Sia i superiori di Mendez che la Casa Bianca approvano l'operazione, che sarà condotta in collaborazione col governo canadese, il quale fornirà i passaporti ai sei. Tutto liscio? No, serve un film ora!
Come detto, la storia di copertura deve essere credibile e prevedere tutti i dettagli per ingannare le autorità iraniane. Mendez si reca dunque a Los Angeles, dove ha un incontro con John Chambers, un mago dei trucchi di Hollywood ideatore delle orecchie di Spock e delle maschere prostetiche de Il Pianeta delle Scimmie.
In quattro giorni viene creata una falsa società di produzione, Studio Six Productions (sei come il numero degli ostaggi), con tanto di biglietti da visita e credenziali. Si trova anche uno spazio per gli uffici, un set abbandonato dalla Columbia al termine delle riprese di Sindrome Cinese, che era riservato a Michael Douglas. Tale spazio viene riempito di telefoni, scrivanie, macchine da scrivere e manifesti. La copertura è così credibile che nelle sue poche settimane di vita la Studio Six Productions riceve più di venti sceneggiature.
Per quanto riguarda il finto film da promuovere, Chambers ha già quanto serve. Qualche mese fa era stato contattato da un produttore, Barry Geller, il quale qualche anno prima aveva opzionato i diritti del romanzo di fantascienza Lord of Light di Roger Zelazny per svilupparne un lungometraggio. Geller aveva anche contattato Jack Kirby, il quale aveva realizzato molte pagine di design, e aveva tenuto nel novembre scorso una conferenza stampa in cui annunciava il progetto. Solo che poi uno dei suoi soci era stato accusato di appropriazione indebita dei fondi e il tutto era naufragato.
Tuttavia, Chambers è ancora in possesso sia della sceneggiatura, scritta da Geller stesso, che dei disegni di Kirby. Soprattutto questi ultimi, Mendez li trova perfetti per lo scopo prefisso e capaci di convincere chiunque della veridicità di questo finto progetto. Inoltre, dopo il successo di Star Wars, l'idea di un film di fantascienza, capace di portare migliaia di dollari in termini di indotto in un paese straniero, avrebbe di certo suscitato l'interesse delle autorità iraniane. Chambers e Mendez si limitano solo a modificare il titolo del film, chiamandolo Argo.
La pellicola che non sarà mai prodotta riceve addirittura una pagina di pubblicità su Variety e The Hollywood Reporter e Studio Six Productions tiene un party per la sua promozione.
Mendez si reca dunque in Iran, con la falsa identità di Kevin Costa Harkins, un produttore associato del film, insieme a un altro agente della CIA, portando con sé i biglietti da visita della Studio Six Productions, materiale promozionale come delle scatole di fiammiferi personalizzate col logo di Argo, una copia della sceneggiatura, i disegni di Kirby e tutti i documenti che dimostrano che otto persone della società di produzione si trovano in Iran per ispezionare delle location. Il 27 gennaio 1980 incontra i sei rifugiati, spiegando loro il piano e modificando il loro aspetto estetico.
Il mattino del 28 gennaio, otto persone presentano imbarco per un volo della SwissAir diretto a Zurigo. Il nome dell'aereo, per una curiosa coincidenza, è AARGAU. Essendo da poco passata l'alba, ci sono solo il personale di servizio necessario e pochi agenti di polizia iraniani, quindi tutto fila liscio grazie alla perfetta copertura e ai disegni di Kirby, che dimostrano ai doganieri quanto il progetto abbia solide fondamenta (inesistenti, in realtà) e così i sei rifugiati abbandonano l'Iran. Missione compiuta.
Poi cala un velo di silenzio e segretezza su questa storia. Che viene sollevato molti anni dopo.


La storia del salvataggio e del finto film prodotto dalla CIA, per evidenti motivazioni diplomatiche, viene secretata per ragioni di stato. Solo nel 1997 gli atti vengono resi pubblici. Tuttavia, la storia ottiene una prima rilevanza mediatica quando nel 2007 il giornalista Joshuah Bearman pubblica sulla rivista Wired un dettagliato articolo sull'intera vicenda.
I diritti su questa storia vengono subito opzionati dalla Smoke House Pictures, una società di produzione guidata da George Clooney e Grant Heslov che ha stretto un accordo di distribuzione con la Warner Bros. La sceneggiatura viene affidata a Chris Terrio, che si permette alcune drammatizzazioni dell'evento.
Il progetto si sblocca a febbraio 2011, quando Ben Affleck viene selezionato come regista. L'anno precedente, Affleck ha stretto un accordo con la Warner Bros., che gli consente di esercitare anche l'opzione di dirigere alcuni film. La storia di Mendez e dei sei cattura subito la sua attenzione.
Affleck sceglie per sé la parte dell'agente della CIA, pur non avendo origini latine (ma avendo vissuto per un po' di tempo in Messico). Mendez stesso comunque si dichiara non toccato dalla cosa e ha un incontro con Affleck nel mese di marzo per discutere della cosa e dei retroscena di quei giorni.
Una volta radunato il cast, le riprese iniziano nel settembre 2011, dividendosi tra alcune località della California e Istanbul - che funge da "controfigura" dell'Iran. Per alcune scene ambientate alla CIA, grazie ai buoni uffici di Tony Mendez, l'Agenzia in via eccezionale autorizza le riprese presso la sede di Langley, in Virginia. La fase delle riprese termina a novembre 2011.
Argo viene distribuito nei cinema americani a partire dal 12 ottobre 2012. A fronte di un budget di 44,5 milioni di dollari, la pellicola arriva infine a incassarne a livello internazionale 232. Non solo, consegue l'anno successivo il Premio Oscar come migliore sceneggiatura e miglior film.
Un dovuto riconoscimento alle capacità di Affleck come regista e Clooney come produttore. Affleck e Terrio avrebbero portato poi avanti la loro collaborazione grazie a un personaggio iconico come Batman... ma questa è un'altra storia.

sabato 7 settembre 2019

A scuola di cinema: Cool Runnings - Quattro Sottozero (1993)

Febbraio 1988: Accade qualcosa di impensabile fino a quel momento. La Giamaica partecipa alle Olimpiadi Invernali nella disciplina del bob a quattro. L'idea che una nazione dal clima tropicale competa in uno sport invernale è una di quelle cose che rendono magica la realtà. Anche se l'esperienza non si rivela così magica per gli atleti coinvolti.
Tutto inizia nel 1987, quando due imprenditori americani in visita in Giamaica osservano una gara di kart e, ritenendo il mezzo simile al bob, trasmettono questa loro idea al comitato olimpico giamaicano. Ovviamente non c'è un intento da mecenati dietro questa proposta, solo il desiderio di capitalizzare sulla novità e originalità della cosa vendendo magliette e gadget.
Tuttavia, nessun atleta professionista appare interessato a questo sport e, per trovare dei volontari, ci si rivolge all'esercito. La prima persona coinvolta è il Capitano Dudley Stokes, a cui viene ordinato di competere da parte dei suoi superiori. Stokes esegue l'ordine. Nelle settimane successive si aggregano a lui Devon Harris, Michael White e Freddy Powell.
Superfluo dire che nessuno di loro ha esperienza di competizioni invernali e quindi, nel settembre 1987, viene reclutato l'ex atleta olimpico Howard Siler, che in appena sei mesi insegna loro i fondamenti del bob.
Dopo essersi qualificati in Austria grazie anche al sostegno di Alberto di Monaco, i quattro volano a Calgary. Qui, per via del loro "status", diventano gli idoli della folla. Anche gli atleti delle altre nazioni si affezionano ai quattro outsider, prestando loro equipaggiamento e dando loro supporto e consigli.
Nella realtà, però, le favole difficilmente hanno un lieto fine. Dopo alcuni infortuni, nel secondo giorno di gare Stokes perde il controllo del bob, che si rovescia su un fianco, impedendo così ai quattro atleti di tagliare il traguardo. La loro esperienza è finita nel modo peggiore, ma la loro leggenda è appena iniziata. E continua pochi anni dopo.


La storia dei quattro atleti giamaicani cattura subito l'attenzione della produttrice Dawn Steel, presidentessa della Columbia Pictures e loro tifosa davanti alla televisione.
I diritti su questa storia vengono acquisiti nel 1989 dalla Tristar Pictures, ma poco prima che la Columbia sia venduta alla Sony, Dawn Steel viene licenziata. Credendo ancora nel progetto, la donna fonda la compagnia di produzione indipendente Steel Pictures e stringe un accordo con la Walt Disney Company nel 1990.
L'intenzione originaria è di produrre un film abbastanza aderente alla realtà, quindi con un predominante tono drammatico e con attori di primo piano quali Denzel Washington ed Eddie Murphy. Viene dunque prodotta una prima sceneggiatura intitolata Blue Maaga, che non convince la Disney, la quale ritiene inoltre il budget stimato per questa pellicola troppo alto.
La sceneggiatura viene allora cambiata in maniera drastica da Tommy Swerdlow, con l'apporto di Michael Ritchie, così come il titolo, premendo l'acceleratore su una componente di commedia e prendendosi molte libertà rispetto alla storia originaria. Forse per risparmiare sui costi, per i quattro protagonisti vengono selezionati attori poco noti, un paio di loro anche alla loro prima esperienza cinematografica.
L'unico attore di rilievo è John Candy, che nella pellicola interpreta l'allenatore degli atleti giamaicani. Candy crede così tanto in questo progetto e nel suo successo che accetta una diminuzione della paga della metà rispetto ai suoi standard, pur di ottenere la parte. Questa pellicola sarà l'ultima che riuscirà a completare per intero prima della sua prematura scomparsa nel 1994.
Come regista, dopo il rifiuto di Jeremiah Chechik, che va a dirigere Benny & Joon, la Disney seleziona Jon Turtletaub, il quale ha già diretto una pellicola di questa casa di produzione, 3 ragazzi Ninja.
Le riprese iniziano in via ufficiale nel febbraio 1993, a Calgary, dove vengono ricreate le scene delle gare. Per rendere il tutto più realistico, i quattro attori vengono affidati alla tutela di un allenatore canadese, il quale li sottopone a un intenso allenamento. Per la scena del rovesciamento del bob, troppo pericolosa da ricreare, vengono invece utilizzati i veri filmati della gara. A marzo ci si trasferisce in Giamaica per il completamento delle riprese, che avviene la prima settimana di aprile.
Cool Runnings - Quattro Sottozero (Cool Runnings) viene distribuito nei cinema americani a partire dal 1 ottobre 1993. A fronte di un budget non inferiore ai 14 milioni di dollari, il film arriva infine a incassarne a livello internazionale quasi 155, facendo così avverare la previsione di John Candy.
Il bob in Giamaica non è mai scomparso: altri atleti di questa nazione hanno partecipato a questa competizione nelle Olimpiadi successive e adesso vi sono anche una squadra femminile e una federazione. Perché lo spirito di una nazione, e lo spirito sportivo, possono incrociarsi anche lungo i sentieri più impensabili.
Le Olimpiadi dopotutto ci hanno spesso presentato grandi esperienze di vita che hanno trovato spazio sul grande schermo... ma questa è un'altra storia.

lunedì 2 settembre 2019

A scuola di cinema: Quel Pomeriggio Di Un Giorno Da Cani (1975)

22 agosto 1972: Tre uomini, John Wojtowicz, Sal Naturale e Bobby Westenberg stanno per rapinare una banca.
Il primo è un ex militare che ha anche servito in Vietnam. Al ritorno in patria, trova lavoro presso una banca, dove conosce una donna di nome Carmen Bifulco, che sposa nel 1967.
Tuttavia Wojtowicz, che ha avuto una relazione omosessuale mentre era nell'esercito, ed è rimasto traumatizzato dagli orrori della guerra a cui ha dovuto assistere, decide di divorziare due anni dopo.
Diventato un attivista dei diritti degli omosessuali, Wojtowicz nel 1971 incontra Ernie Aron, un transgender che ha cambiato nome in Liz Eden, che sposa in dicembre con una cerimonia non ufficiale.
Il desiderio di Liz Eden è di sottoporsi a un intervento chirurgico di cambio sesso. Wojtowicz si oppone in maniera strenua ma, quando Liz Eden fallisce in un tentativo di suicidio, Wojtowicz decide di raccogliere i soldi necessari per l'operazione tramite una rapina in banca.
L'uomo trova due soci in un bar ed è confidente che la sua precedente esperienza lavorativa in una banca possa aiutare a far andare tutto liscio. Si sbaglia.
I tre entrano in una filiale della Chase Manhattan Bank di Brooklyn, ma Westenberg fugge subito durante le prime fasi della rapina per paura. Grazie a una telefonata a un collega di un'altra filiale, il direttore, senza insospettire gli altri due rapinatori, fa capire che c'è qualcosa che non va, facendo arrivare così prontamente la polizia sulla scena.
I due rapinatori decidono dunque di tenere in ostaggio i sette dipendenti della banca, più il direttore e una guardia di sicurezza. Un sequestro che dura 14 ore circa e che attira sul posto un notevole circo mediatico, nonché una folla di curiosi composta da centinaia di persone, tra queste anche la madre di Wojtowicz.
Alla fine interviene il Federal Bureau of Investigation, che porta Wojtowicz e Naturale insieme agli ostaggi presso l'aeroporto Kennedy, dove però Wojtowicz viene disarmato e Naturale ucciso.
Una storia che risulterà molto familiare a chi ha visto un capolavoro della cinematografia.


La cronaca di quel giorno viene raccontata con dovizia di particolari in un articolo intitolato "The Boys in the Bank" scritto dai giornalisti Paul Frederick Kluge e Thomas Moore, che compare sulla rivista LIFE nel settembre 1972. I diritti su questo articolo vengono opzionati dalla Warner Bros., che affida la sceneggiatura del film a Frank Pierson.
Costui prova a intervistare Wojtowicz, il quale sta scontando la sua pena in prigione, ma non raggiungendo un accordo economico lo sceneggiatore basa la personalità del rapinatore sulle testimonianze di alcuni suoi conoscenti. Il progetto viene affidato al regista Sidney Lumet. Pierson ha mantenuto nella sceneggiatura il titolo originario dell'articolo, ma Lumet pensa sia un titolo da commedia e lo cambia in quello definitivo.
Poiché l'articolo di LIFE dichiara che Wojtowicz assomiglia ad attori come Al Pacino o Dustin Hoffman, Lumet contatta il primo di essi, che conosce nel 1973 sul set di Serpico.
Pacino accetta il ruolo, ma quando completa le riprese de Il Padrino Parte II, che lo lasciano molto provato, preferisce farsi da parte. Lumet dunque consegna la sceneggiatura a Hoffman. Quando Pacino viene a sapere di questo, cambia idea e accetta di nuovo la parte.
Per il ruolo di Sal Naturale, vengono provinati dei giovani attori, poiché lo sfortunato rapinatore aveva appena 18 anni. Pacino tuttavia suggerisce di affidare la parte a John Cazale, con cui ha collaborato alla saga de Il Padrino. Lumet si dichiara del tutto contrario, poiché l'attore ha 39 anni e non gli può dunque essere affidato il ruolo di un adolescente. Pacino insiste, fino a far ottenere a Cazale un provino, che convince Lumet della bontà della decisione di Pacino in pochi minuti.
Wojtowicz riceve come compenso per i diritti su questa storia 7.500 dollari, una parte dei quali decide di donare a Liz Eden, che può così infine sottoporsi all'intervento chirurgico desiderato. Ma poco dopo Liz Eden decide di tagliare del tutto i ponti con Wojtowicz e di mettersi con un altro uomo. L'AIDS reclamerà Eden come vittima nel 1987.
Pur essendoci la possibilità di riprendere molte scene in studio, Lumet opta per girare tutto esternamente e trova una zona adatta in un quartiere di Brooklyn, dove c'è anche un magazzino abbandonato che viene arredato per farlo apparire come una banca. Sempre per scelta del regista, non viene utilizzata alcuna colonna sonora, per aumentare l'impatto della drammaticità di alcune scene.
Le riprese durano sette settimane e vengono effettuate nell'autunno del 1974. John Wojtowicz diventa Sonny Wortzik nel film.
Quel Pomeriggio Di Un Giorno Da Cani (Dog Day Afternoon) viene distribuito nei cinema americani a partire dal 21 settembre 1975. A fronte di un budget di quasi 2 milioni di dollari, il film arriva a incassarne - solo sul territorio statunitense - cinquanta e fa ottenere a Frank Pierson un Oscar come migliore sceneggiatura originale.
E Wojtowicz? Grazie alla buona condotta, la sua pena viene ridotta ed esce di prigione nel 1978. In carcere è riuscito a vedere il film di Lumet, apprezzando molto l'interpretazione di Al Pacino. Wojtowicz vive di piccoli lavori negli anni successivi e cerca anche invano un nuovo impiego in banca come responsabile della sicurezza, dichiarando di essere colui a cui ci si è ispirati per Un Pomeriggio Di Un Giorno Da Cani. Muore infine in povertà, vivendo solo di un assegno sociale, nel 2006.
Le carriere di Al Pacino e Sidney Lumet invece, dopo l'uscita del film, continuano e andranno incontro ad altri successi... ma questa è un'altra storia.