domenica 20 settembre 2015

Non sapevo di essere incinta superhero style (IV)


Negli ultimi tre articoli abbiamo parlato di trame contorte e mal gestite le quali avevano un comune denominatore: la gravidanza di una supereroina. Un tema in generale, quello della nascita e della crescita di un bambino, poco utilizzato nei fumetti supereroistici poiché vi è la convinzione che la presenza di un bambino invecchi troppo un supereroe, la cui lettura delle storie deve rivolgersi in maniera prevalente a un pubblico di adolescenti. Tanto che, quando un supereroe ha un figlio, nella maggior parte dei casi questo sarà soggetto a una innaturale crescita che lo porterà a divenire in breve tempo un adulto, di modo da bypassare così l'ostacolo del tempo che passa e che nei fumetti è dilatato oltre misura.
E quando alla fine questo tema viene trattato, i risultati sono nella maggioranza dei casi non eccelsi (oltre alle gravidanze di Power Girl, Scarlet e Miss Marvel possiamo citare Sins Past, storyline che faceva riferimento anch'essa a una gravidanza indesiderata, quella dei figli di Gwen Stacy e Norman Osborn). Come mai accade questo? Fermo restando che la verità è appannaggio di nessuno, tantomeno di uno come me, ho identificato due motivazioni:
1) Le trame sono scritte da uomini. Sì, può apparire banale, però ci sono sensazioni, emozioni, gioie e dolori associati a una gravidanza che solo una donna può davvero capire e descrivere in maniera efficace. Un uomo può al più intuirle, ma non comprenderle del tutto. E così quando si tratta di dover descrivere questa cosa e farlo nei "limiti" di un fumetto mainstream (perché narrativamente non si può far finta che il personaggio coinvolto non provi qualcosa) si ricorre a convenzioni che alla lunga risultano stantie e prevedibili, tra cui l'inevitabile momento di artefatta disperazione dell'eroina di turno quando scopre di essere rimasta incinta.
2) Le esigenze di spettacolarizzazione. Va da sé che se si mostrasse per molti albi una gravidanza che procede senza problemi e si conclude senza troppi patemi d'animo, con un bambino che poi cresce felice in famiglia, un lettore rimarrebbe deluso. Ecco dunque allora il dover per forza gettare il carico da novanta sul tutto (la gravidanza è innaturale, c'è stata l'immacolata concezione, il padre è così innominabile che non se ne deve parlare, il bambino una volta nato diventa adulto in pochi giorni, il bambino è perseguitato da forze maligne perché in possesso di un potere oltre ogni immaginazione... e via discorrendo). Giuste e inevitabili convenzioni della narrativa supereroistica e fumettistica in generale, ma che se sfruttate più volte alla fine rischiano di risultare ripetitive o, peggio, banali e fini a sé stesse.
Penso che, alla fine, tutto questo sia un cortocircuito: è un argomento di cui non si vuol parlare troppo, e quando se ne parla ci si limita a intraprendere quelle che si ritengono strade consolidate e senza rischi, le quali però rendono l'argomento qualcosa di imbarazzante (affrontare una gravidanza non è esattamente come affrontare un supercriminale, se posso dirlo).
Permettetemi comunque di citare infine una piacevole eccezione: Fantastic Four Annual 6, del 1968. Una storia scritta da due uomini, che parla di una gravidanza problematica e per cui gli eroi devono lottare contro il tempo, ma che come descrizione dei personaggi e gestione della trama non risulta affatto banale, anche se vista con gli occhi disincantati di oggi. E sì, c'è il lieto fine, il miglior lieto fine che si possa concepire. A dimostrazione che a volte, se si presta più attenzione ai personaggi e non a spettacolarizzare a tutti i costi la trama, può anche venirne fuori qualcosa di buono, pensa un po'. Poi Franklin Richards ha smesso di crescere... e lì sono iniziati i problemi.

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