mercoledì 29 febbraio 2012

Quel megalomane di Jim Shooter (II)


4 – EIC

Bisogna dire che ridotta ai minimi termine la scelta appare un po’ strana: un ventisettenne alla guida editoriale di una delle più importanti casi editrici statunitensi, quando forse sarebbe stato meglio scegliere qualcuno di più navigato. Ma come al solito la realtà dei fatti è molto diversa. Innanzitutto bisogna inquadrare il periodo storico dell’epoca: i fumetti attraversano una crisi nera, una crisi che fatti i dovuti distinguo fa impallidire anche quella vissuta a metà degli anni ’90. La DC è quella che se la passa peggio, non capisce che i lettori che aveva nel decennio precedente sono cresciuti ed apprezzerebbero anche storie più mature ed i telefilm di Batman, che avevano imposto salvo poche eccezioni a tutta la linea di supereroi un approccio quasi demenziale, alla lunga si rivelano controproducenti. E la dirigenza sembra, anzi è, fossilizzata su un passato che per quanto glorioso non consente un ricambio di lettori. La linea Vertigo, lo sperimentalismo inglese dovevano ancora arrivare. Risultato: la DC Implosion. Decine di serie chiudono i battenti da un giorno all’altro, persino personaggi storici come Aquaman, Freccia Verde e Lanterna Verde scompaiono nel semioblio.
Nemmeno la Marvel se la passa altrettanto bene: la voglia di osare e di rompere gli schemi che ha caratterizzato gli anni ’60 lentamente lascia il passo, con l’acquisto di quote sempre più ampie di mercato, a racconti banali, inconcludenti, a volte demenziali (come le storie dei Difensori). Lentamente il numero di pagine per albo, da 22, scende a 20, poi a 18, infine a 17: un approfondimento di un personaggio o di un tema trattato in una storia non è cosa impossibile, di certo comunque più difficile di prima. La Casa delle Idee evita una sua personale DC Implosion se non peggio nel 1977 quando, grazie all’arguzia di Roy Thomas, entra nella produzione di Guerre Stellari. Un film in cui, incredibile ma vero, pochi credono all’epoca della sua uscita ma che si rivela un successo (è proprio il caso di dirlo) planetario e che fa affluire una ingente e benefica somma di denaro nelle casse della Marvel. Certo è comunque che il problema del calo di lettori e della crisi di idee rimane.
E la figura cardine per la sua risoluzione si rivela proprio l’Editor-in-Chief. Come era inteso questo ruolo prima dell’arrivo di Shooter? In modo molto diverso da come è oggi. I suoi compiti infatti erano puramente editoriali, si limitava a controllare le varie serie (a quel tempo non erano poi moltissime, dunque poteva supervisionarle anche una sola persona) preoccupandosi di dare loro coerenza narrativa e cancellando eventuali argomenti scomodi. Solo che una cosa del genere non funzionava più dai tempi di Roy Thomas. È stata proprio questa l’intuizione di Shooter, che probabilmente gli ha permesso di essere promosso a quel rango (questioni anagrafiche a parte, Gerry Conway era più giovane di lui ed era stato Editor-in-Chief): l’EIC non deve più limitarsi ad essere il ‘padrone del vapore’ delle varie serie, ma deve anche occuparsi degli aspetti connessi al marketing, allo sfruttamento commerciale ed agli aspetti legali dei comics. Insomma, una figura multitalentuosa che necessita ovviamente di una persona che sia disposta a sobbarcarsi questi doveri: Len Wein, Marv Wolfman e Archie Goodwin evidentemente volevano concentrarsi solo sulla scrittura lasciando perdere tutto il resto. Shooter no.
L’ex editor/scrittore viene personalmente scelto da Stan Lee e Jim Galton, allora presidente della compagnia, ma dichiara che accetterà l’incarico solo se gli verrà concesso di effettuare dei cambiamenti. Come ad esempio royalties e tavole originali restituite ai disegnatori. La replica di Galton durante il primo incontro ufficiale dimostra quanto questo problema non fosse sentito:”Davvero non facciamo cose del genere?”. Sempre secondo Galton l’industria dei comics sta morendo, per via delle ragioni succitate, e non c’è modo di invertire la tendenza: dunque nel periodo in cui la Marvel entrerà in altri media (animazione, libri per bambini) Shooter dovrà ridurre al minimo le perdite del settore fumetti, prima che questo venga chiuso del tutto e la casa editrice percorra altre strade.
Ma il nuovo EIC è di diverso avviso: è vero, l’industria dei comics è in crisi e rischia di morire. È vero, la Marvel ha così tanti titoli che alcuni ne cannibalizzano altri. Ma la soluzione non è chiudere tutto, la soluzione è rinnovare il panorama, tornare di nuovo a rompere gli schemi come era accaduto negli anni ’60. Ma ciò può essere fatto solo se gli artisti sono incentivati a farlo. E da lì le proposte di cui sopra. Una delle sue prime azioni di Shooter è quella di incentivare la figura dell’editor: come detto, l’EIC poteva e doveva occuparsi anche di altre cose e dunque certi compiti editoriali dovevano essere demandati ad altre persone. Beninteso, siamo lontani anni luce dalla figura professionale dell’editor di oggi (con tanto di assistenti ed un direttore di produzione), semplicemente allora era grossomodo un altro sceneggiatore che controllava il lavoro di un suo collega e dava il benestare e saltuariamente qualche suggerimento. Ma comunque già dal primo mese della gestione Shooter si intuisce che qualcosa è cambiato e molti sembrano non prenderla bene, solo che la DC Implosion fa tornare tutti a più miti consigli.
Fatto il primo passo, ne arrivano altri. La Marvel non deve più adagiarsi sugli allori, deve tornare ad essere quella potenza editoriale che era. E lo era diventata rompendo degli schemi prefissati. Il cosiddetto Marvel Style? Va rinnovato. Ecco dunque i primi celebri cicli già nel 1979: Chris Claremont e John Byrne su UNCANNY X-MEN; il solo John Byrne su FANTASTIC FOUR; ma soprattutto Frank Miller su DAREDEVIL, che in pochissimi numeri fa tornare mensile una serie che prima non riusciva a sbloccarsi dalla bimestralità. Le oscure profezie di Galton vengono demolite in pochissimi mesi. In generale tutte le serie ritornano a buoni livelli di vendita e, all’inizio degli anni ’80, quelle che vengono chiuse sono quelle che stanno sotto le 100.000 copie. Alla faccia dei rami secchi.
Certo, non è tutto rose e fiori. Il primo a dimostrare malcontento è il veterano Roy Thomas: uno sceneggiatore che ha sempre mal digerito la figura dell’editor (preferiva supervisionarsi da solo) comincia a vedere con occhio critico queste continue ingerenze editoriali. E quando la sua creatura prediletta, INVADERS, gli viene sottratta lui fa armi e bagagli e si trasferisce alla DC Comics, dove darà vita al progetto ALL-STAR SQUADRON, le cui premesse non erano poi differenti da quelle degli Invasori. Il secondo “contestatore” è Gene Colan: chiusa la sua testata simbolo, TOMB OF DRACULA, torna ad occuparsi a tempo pieno di supereroi, ma secondo alcuni lo fa un po’ imbrogliando, cercando di disegnare il minor numero di tavole possibili ed alterando così le varie sceneggiature. Le proteste non si fanno attendere e Shooter prova a mettere in riga Colan, il quale però decide di seguire le orme di Roy Thomas e trasferirsi alla DC.
Ma sono tutto sommato contestazioni minori, che non inficiano il lavoro del nuovo EIC. Mese dopo mese le vendite tornano a livelli stellari, quasi impensabili. Fino al 1982 nessuno si sarebbe messo contro Shooter, nessuno avrebbe agito contro di lui, nessuno avrebbe avuto qualche ragione di protestare. Le cose sarebbero drasticamente cambiate.

5 – VENTI DI CAMBIAMENTO

Ma prima di parlare di ciò, occorre citare altri esperimenti introdotti da Shooter, soprattutto all’inizio degli anni ’80 quando in virtù dei suoi successi editoriali la sua posizione come EIC si era rafforzata. Il percorso di autorialità, con i diritti che rimanevano in mano agli autori, viene realizzato grazie alla linea EPIC, dove dominava la parola sperimentazione e dove in generale si preferiva battere strade diverse da quelle supereroistiche, più consolidate. Il successo di questa linea lo si deve soprattutto al suo editor, Archie Goodwin, per cui la parola ‘limite’ non esisteva. Il fiore all’occhiello di questa linea editoriale è la rivista EPIC ILLUSTRATED MAGAZINE, mentre i prodotti di punta sono DREADSTAR di Jim Starlin ed ELEKTRA ASSASSIN di Frank Miller e Bill Sienkiewicz. Anche le riviste in bianco e nero come MARVEL PREVIEW, in bilico tra supereroismo e fantasy, vengono potenziate.
Shooter introduce poi in Marvel due elementi già presenti nel panorama del comicdom. Il primo è la cosiddetta miniserie, che aveva fatto capolino sia in DC che in alcune case editrici minori già qualche anno prima, la quale consente di narrare una storia e portarla a conclusione all’interno di pochi albi. Storie perfette anche per il lettore occasionale. WOLVERINE di Claremont/Miller è il primo e miglior biglietto da visita che si possa presentare. La mania attuale dei Trade Paperback trae da qui le sue origini. Il secondo elemento è il cosiddetto romanzo grafico alla Will Eisner, la graphic novel: un albo di grande formato e con molte più pagine del consueto (anche un centinaio, a volte) adatto a presentare storie dal forte impatto. Ed in effetti la prima Graphic Novel Marvel è di quelle che lascia il segno: LA MORTE DI CAPITAN MARVEL. Questa storia sconvolse moltissimo i lettori di allora e non poteva essere altrimenti. Rifacendosi ad una tragica esperienza personale (la morte del proprio padre), Jim Starlin scrive l’ultima avventura del celebre eroe spaziale, il quale ha contratto il cancro dopo un’esposizione ad un gas nervino alcuni mesi prima. E la sua fine non avviene in battaglia, ma in un letto d’ospedale. In generale la storia si segnala poiché profondamente intimista e non contenente alcuno scontro, molto toccante. Il formato Graphic Novel diviene molto gradito e viene utilizzato per proporre altri prodotti supereroistici d’elite (come ad esempio la celebre storia Dio Ama l’Uomo Uccide) o addirittura racconti mainstream, qualcosa per l’epoca di molto raro.
Ma sono due le principali intuizioni di Shooter che meritano di essere segnalate, poiché frutto di una attenta analisi del mercato di allora e che ancora oggi sono incredibilmente attuali. Da quando lo spilungone era diventato EIC, il mercato dei comics era cambiato: prima i fumetti si vendevano al 100% in vari esercizi commerciali (drugstore, bar, empori, in certi casi addirittura farmacie), ma dall’inizio degli anni ’80 erano sorti i cosiddetti comic shop, le fumetterie per intenderci. Locali dediti solo alla vendita di fumetti e gestiti da gente competente, che doveva saper vendere quel tipo di prodotto. Shooter pensa che questo possa essere un buon canale di distribuzione e concepisce una linea di comics da vendere esclusivamente attraverso i comic shop, con carta pregiata e maggiore foliazione. Non solo, poteva essere un viatico attraverso cui far passare quei fumetti che nel circuito classico vendevano poco, ma filtrati attraverso questo nuovo esercizio potevano raggiungere risultati differenti e suscitare la curiosità di altri lettori. Certo, rivisti a distanza di anni le serie che vennero lanciate per i comic shop (DAZZLER, KA-ZAR THE SAVAGE) fanno un po’ sorridere, ma le aspettative di vendita vennero pienamente soddisfatte e se pensiamo che costavano un po’ di più rispetto agli altri comics…
Oggi i fumetti si vendono praticamente solo nei comic shop, si è invertita la tendenza rispetto a venti anni prima (fatta eccezione per alcuni prodotti, come i fumetti per bambini): il primo a capire che il mercato sarebbe andato in quella direzione è stato Jim Shooter.
Un’altra intuizione ancora oggi fa sentire i suoi segni. Verso la fine degli anni ’70 Shooter sancisce dei contratti di collaborazione reciproca con alcune case produttrici di giocattoli: in sintesi la Marvel avrebbe pubblicato fumetti con protagonisti le creazioni di queste case e avrebbe fatto loro pubblicità, e viceversa. E’ quello che l’EIC si proponeva di fare fin dall’inizio: portare il mondo del fumetto fuori dal ghetto in cui si era cacciato, sfruttando altri media ed altri prodotti che in qualche modo potevano incrociarsi con le esigenze di una casa editrice. Il direct marketing, verrebbe da dire. All’inizio si disse che con questa manovra la Marvel aveva venduto la propria anima al mondo dell’economia, soprattutto quando si vide che questi nuovi fumetti non appartenevano ad un altro universo narrativo come era accaduto per altri franchise (es. STAR WARS), ma erano ambientati nel Marvel Universe vero e proprio apportando talvolta significativi cambiamenti. Polemiche che i fatti demolirono senza appello. Come detto per le serie vendute solo nei comic shop, riviste oggi queste serie fanno (nel più gentile dei casi) sorridere per la loro ingenuità, e qualcuna si rivelò anche un terribile flop, ma alcune diventarono rapidamente dei prodotti di punta della Marvel. Narra la leggenda che i primi numeri di ROM SPACEKNIGHT vendettero addirittura poco meno degli UNCANNY X-MEN di Claremont/Byrne, ed anche MICRONAUTS fu un insperato successo. Ancora oggi queste due serie hanno una fanbase regolare e si spera sempre in una ripresa (narra una seconda leggenda, e questa è vera, che poco più di una decina di anni fa Mark Millar e Grant Morrison volevano produrre una seconda serie di ROM). Ironia della vicenda: i giocattoli di Rom e dei Micronauti furono un tremendo insuccesso e sparirono in pochi mesi dagli scaffali dei negozi, le loro serie invece durarono più di otto anni. L’apoteosi di questa manovra commerciale si sarebbe avuta con SECRET WARS.
Shooter come EIC ha in mente un obiettivo ben preciso: far sì che si parli della Marvel, a qualsiasi costo. Parlarne significa attrarre interesse. Attrarre interesse vuol dire conquistare nuovi lettori. Ci riesce e, grazie anche al fatto che nei primi anni ’80 la DC vive una crisi editoriale e di contenuti, a quel tempo la Casa delle Idee conquista circa il 75% del mercato fumettistico. Ma questa stessa manovra presto si sarebbe ritorta contro Shooter stesso.

6 – LA CALUNNIA E’ UN VENTICELLO

Sciaf!
Seppur oberato di impegni come EIC, Shooter ogni tanto ritorna a scrivere alcune sceneggiature. Tuttavia la sua unica run come sceneggiatore regolare avviene su AVENGERS, serie su cui aveva già lavorato in passato, e comunque sono poco più di una decina di episodi pubblicati nel biennio 1981/1982. Episodi che ancora oggi vengono ricordati per il loro tema centrale: la caduta dal paradiso di Hank Pym, preda come non mai delle sue nevrosi. Calabrone arriva addirittura ad attaccare i suoi stessi compagni ed a schiaffeggiare sua moglie Janet pur di farsi notare: quest’ultimo gesto in particolare ha gettato una macchia praticamente indelebile sul personaggio. Indelebile poiché, diversamente magari dal nostro paese, la violenza domestica è un fatto molto sentito e condannato negli Stati Uniti. In questo caso Shooter porta all’estremo le psicosi nervose di Hank Pym, che già negli anni ’60 avevano generato trame interessanti ma alfine confinate nella ingenuità di quel periodo. Qui no, qui l’eroe e la sua percezione cambiano totalmente davanti ai nostri occhi, nessuno ha poi più visto Hank Pym come lo vedeva prima.
Come abbiamo accennato, Shooter voleva che l’attenzione di tutti tornasse a concentrarsi sui fumetti di modo che uscissero dal ghetto in cui si erano cacciati. Ci è riuscito, ma subito dopo questa manovra gli si è ritorta contro. Fino al 1982, salvo alcune sporadiche defezioni, nessuno aveva messo in dubbio la sua gestione, ma negli anni successivi numerose polemiche sarebbero piovute sul suo capo. La prima accusa è nientemeno che di omofobia: la materia del contendere nasce da un episodio di RAMPAGING HULK (rivista in bianco e nero che usciva, per i temi trattati, senza che venisse sottoposta all’approvazione del Comics Code Authority), durante il quale Bruce Banner subisce un tentativo di stupro da parte di due omosessuali in un YMCA. Apriti cielo, la storia e le sue polemiche escono subito dai confini del fumetto ed arriva nel “mondo reale”, laddove alcune associazioni pro-omosessuali (chiedo scusa per il termine un po’ brusco) accusano Shooter appunto di omofobia. La difesa dell’EIC a dire il vero è un po’ blanda, in quanto afferma che con quella storia non ha voluto offendere nessuno, solo mettere in mostra un episodio di vita reale, ed infatti nessuno gli crede. A complicare le cose c’è una successiva dichiarazione di Shooter ad una rivista specializzata nella quale dichiara categorico che non esistono supereroi gay nel Marvel Universe. Anche se è vero che a quell’epoca il Comics Code censurava ancora riferimenti espliciti all’omosessualità, non era sfuggito a nessuno il fatto che il Northstar di ALPHA FLIGHT fosse tutto tranne che eterosessuale. Come risultato lo sceneggiatore della serie, John Byrne, inizia a mitigare questo tipo di riferimenti ed in seguito si arriverà addirittura a dire che Northstar appartiene ad una razza elfica eccetera eccetera (anche se negli anni successivi la sua omosessualità verrà fin troppo sbandierata). A tutt’oggi non è ben chiaro se Shooter sia o meno omofobo, per quanto questa cosa possa importare a qualcuno, mi limito solo a dire che dopo questi fatti lo sceneggiatore non è più voluto tornare a discutere della faccenda.
Alla prima pietra dello scandalo se ne aggiunge immediatamente un’altra, di cui sicuramente avrete sentito parlare, la cosiddetta querelle Kirby. Questa vicenda ha lunghe radici. L’ultimo contratto con la Marvel di questo grande artista termina nel 1978, incidentalmente il primo anno di Shooter come EIC, e subito dopo comincia a reclamare diritti legali sui personaggi che aveva creato o co-creato (una vecchia polemica con Stan Lee). In questo tentativo si inserisce una manovra legale dei suoi avvocati, i quali chiedono che a Kirby venissero restituite le sue tavole originali. Per la Marvel questa è una sorta di “trappola”, poiché restituire le tavole sarebbe stata una tacita ammissione che Kirby ne era il legittimo proprietario e non le aveva realizzate con un contratto di lavoro salariato, che sanciva in questo caso che la casa editrice ne era sia l’”autore” che il proprietario. Contorto? Siamo ancora all’inizio. Insomma, agendo in quel modo la Marvel avrebbe dimostrato che la rivendicazione di Kirby aveva ragion d’essere, pur non potendo nascondere che alcune di quelle tavole a causa dell’incuria e della disattenzione erano ormai ridotte in pessimo stato.
Ora il problema di fondo è che a quell’epoca la Marvel già restituiva le tavole originali ai suoi autori, per via appunto di quella politica di cambiamento voluta da Shooter durante il suo primo incontro con le alte sfere della Casa delle Idee. Ed in effetti Kirby ne aveva già ricevute molte. Una politica che si interrompe bruscamente, ed in toto, per le ragioni succitate. Si arriva dunque ad una situazione di stallo che dura parecchi mesi, una situazione in cui Jim Shooter si ritrova a fare da mediatore tra la casa editrice ed il grande artista che per così tanti anni aveva lavorato per essa. Una posizione che, all’esterno, pare non trasparire dal momento che negli anni successivi Shooter sarebbe stato identificato grossomodo come colui che si rifiutava di restituire a Kirby (uno dei personaggi più amati del mondo dei comics) le sue tavole. A dar man forte a Kirby c’è anche un altro grande artista recentemente scomparso: Steve Gerber. Un uomo che per aiutare il creatore dei Fantastici Quattro aveva scritto un fumetto volto unicamente a raccogliere fondi da utilizzare per la causa. Un artista che vanta anche lui diritti legali, su di un personaggio stavolta: Howard il Papero. La posizione di Gerber è che la Marvel non è titolare del personaggio in quanto esso è apparso come comprimario su altre testate prima di ricevere la propria serie ed un trademark, dunque il suo legittimo ideatore è proprio Gerber (in realtà dietro c’è anche una vicenda di sospensione di strisce sindacate, sempre dedicate ad Howard il Papero).
Alla fine la situazione di stallo si risolve, Shooter dice di esserne stato il principale se non l’unico risolutore, ma mi permetto di dire che anche gli avvocati della Marvel abbiano avuto voce in capitolo. Kirby infatti riceve indietro tutte le sue tavole, ma prima che possa portare avanti altre rivendicazioni la Casa delle Idee produce una pila di documenti, tutti regolarmente sottoscritti da Kirby, i quali affermano per farla breve lo status di dipendente salariato del grande artista durante il suo periodo presso la casa editrice. La vicenda si chiude qui, anche se viene strumentalizzata dal giornalista/fanzinaro Gary Groth per lanciare un attacco contro la Marvel e più in generale contro Stan Lee. A detta di Shooter, gli avvocati di Kirby mandarono poi una lettera di scuse ufficiali alla Marvel e Kirby non ebbe mai nei suoi confronti motivi di risentimento. Diversamente da altri, come adesso vedremo.
Già, perché l’accusa principale (motivata in più di un caso) rivolta a Shooter durante i suoi ultimi cinque anni di gestione Marvel è quella di ingerenza editoriale. E non solo. Shooter stesso ha più a volte affermato di avere un caratteraccio, che gli ha spesso precluso alcune scelte. Durante il suo run come EIC, Shooter è come certi imprenditori che vogliono il massimo dai propri dipendenti imponendo la propria legge ed a volte non tenendo in considerazione le loro richieste. L’esempio più lampante di questa cosiddetta ingerenza è quello capitato per il finale di UNCANNY X-MEN 137, del 1980. Se la storia vi dice qualcosa non mi sorprende, poiché è l’epilogo della celeberrima Saga di Fenice Nera, durante la quale Jean Grey viene sedotta al lato oscuro da Mastermind e dal Club Infernale (tralasciamo le future retcon, per la salute mentale di questo articolo). Portata sul pianeta Shi’Ar per essere giudicata, infine si uccide, consapevole di non poter gestire un potere così grande. Ora nei piani originali di Claremont alla fine della saga Jean non moriva e la sua trama durava ancora circa un annetto, culminando col nr. 150 ed uno scontro con Magneto che l’avrebbe fatta rinsavire. Ma accade qualcosa. Nel corso della saga, Jean distrugge un intero pianeta e stermina tutti i suoi abitanti, circa cinque miliardi di persone. Shooter viene a sapere dei piani originali di Claremont e li boccia, poiché a suo dire per una persona che ha ucciso tutti quegli esseri viventi non si può semplicemente cancellare la lavagna e ricominciare da capo. Dunque, andando contro le decisioni dello sceneggiatore della serie e del suo supervisore che aveva approvato il piano iniziale, Shooter cambia le carte in tavola a storia praticamente già conclusa (il disegnatore infatti aveva completato le sue tavole). Serve una punizione adeguata. E la punizione arriva ed è quella che conoscete tutti. In realtà dietro a questa decisione pare ci sia stata anche una imbeccata di John Byrne (toh, guarda chi rispunta), nemmeno lui convinto del finale originario. Un evento che, insieme a tante altre cose, avrebbe poi portato alla rottura dei rapporti tra lui e Claremont.
Questo diviene all’epoca il più noto caso di ingerenza editoriale, anche perché qualche tempo dopo viene pubblicato il finale originario ed il dibattito si apre. Non che ingerenza editoriale non ci sia stata in precedenza, tutt’altro, ma forse in questo caso per la prima volta i lettori (in un’epoca in cui Internet non era diffuso) hanno la percezione di come il prodotto che giunge nelle loro mani sia a volte il frutto di un compromesso. O di una decisione arbitraria.

sabato 25 febbraio 2012

Quel megalomane di Jim Shooter (I)


Vi ripropongo un mio articolo pubblicato tempo fa sulla mai troppo compianta rivista Omniverso, dedicato a questo celebre personaggio del mondo del fumetto.

Pazzo. Arrogante. Genio incompreso. Megalomane. Venduto. Bastardo. Ed altri termini poco riferibili: questo ed altro è stato detto nel corso degli anni di Jim Shooter, sicuramente una delle figure più controverse nel panorama dei comics statunitensi. Anche se bisogna dire che il tempo come sempre ha fatto il suo sporco lavoro: se provate a pronunciare questo nome a dei giovani lettori, sia americani che italiani, difficilmente dirà loro qualcosa. Invece dite ‘Jim Shooter’ di fronte a dei fan di fumetti più ‘attempati’, che magari hanno cominciato a leggere storie Marvel con la Star Comics: nascerà subito una accesa discussione. Tra innocentisti e colpevolisti, lettori entusiasti e critici infuriati, non ci sarà una via di mezzo. E a volte questi dibattiti offrono spunti sia interessanti che divertenti, del tipo:”Come erano belli i tempi in cui…”. Come si diceva di un nostro dittatore che durante il suo regime “i treni arrivavano sempre in orario”, così di Shooter si è spesso detto:”Con lui, quando Malekith ha aperto lo Scrigno dei Mille Inverni su THOR, su tutte le testate Marvel è nevicato”.
Ma allora Jim Shooter è da considerarsi un dittatore? O una vittima del sistema? Oppure qualcos’altro, magari un po’ banalmente un uomo che ha fatto il suo tempo ed gggi non ha più nulla da dire al mondo dei fumetti? Cercheremo di scoprirlo nelle pagine che seguono, cercando per quanto possibile di dare una versione oggettiva dei vari eventi che hanno caratterizzato la carriera di questo scrittore/editor, anche se, lo diciamo fin da subito, non sarà una cosa facile.

1 – NASCITA DI UNA NOZIONE

Jim Shooter nasce il 27 settembre 1951 a Pittsburgh, Pennsylvania (ricordate questa città, vi sarà utile per dopo). La sua è la classica famiglia del proletariato americano: il padre operaio (in una delle tante industrie dell’acciaio di Pittsburgh), la madre casalinga e numerosi figli. Un solo reddito e gli inevitabili problemi economici. Una realtà difficile, da cui a quel tempo si può fuggire in un unico modo, immergendosi nelle pagine colorate e nei mondi incredibili del fumetto di supereroi, il divertimento più a basso costo che ci sia. E negli anni ’50 supereroi è sinonimo di DC Comics, che comincia proprio in quel periodo la sua Silver Age. Shooter legge le storie di questa casa editrice sin da piccolo, ma se ne stanca abbastanza presto, già ad otto anni, perché a suo dire presentano sempre le stesse situazioni (soprattutto i racconti di Superman, dove Lois Lane ha in mente solo di scoprire il segreto di Clark Kent, mentre l’Uomo d’Acciaio affronta o Lex Luthor o mostri generati dalla kriptonite rossa). Così nei successivi quattro anni praticamente abbandona la loro lettura.
Ritrova l’entusiasmo a dodici anni, grazie alle prime storie della Marvel Comics di Stan Lee e soci, nelle quali avverte un’atmosfera ed un modo di delineare i personaggi totalmente differente. Le serie della DC Comics invece, a suo dire, non sono cambiate. E nella sua candida mente di dodicenne nasce un pensiero: se riuscisse a scrivere storie come Stan Lee, potrebbe tranquillamente venderle alla DC, che ne ha disperatamente bisogno. Ben presto tutto questo diventa realtà.

2 – LA LEGIONE DI JIMBO

Alcuni mesi dopo la famiglia di Shooter si ritrova in una drammatica condizione economica, alle soglie della povertà. Il giovane ragazzo vorrebbe aiutare i suoi cari per quanto può, ma alla sua età uno come lui non può di certo andare a lavorare in fabbrica, al massimo deve accontentarsi di incarichi mal pagati come consegnare i giornali porta a porta. Ed allora quella idea di qualche tempo prima gli torna alla mente. È giusto precisare una cosa: Shooter non ha mai visto questa cosa come un divertimento, anzi, trattandosi di dover aiutare la sua famiglia era per lui una cosa molto seria. E mai gli è passato per la testa che fosse inconcepibile che un tredicenne entrasse in un mondo competitivo come quello dei comics. E così inizia, letteralmente, a studiare le storie di Stan Lee, cercando di capire cosa le renda così speciali e di adattare quello stile ai racconti della DC, che possiedono un impianto narrativo leggermente differente, più formale se possiamo così definirlo.
La scelta di Shooter ricade sulla Legione dei Supereroi, le cui avventure a quell’epoca sono pubblicate su ADVENTURE COMICS. Il giovane scrittore, ovviamente ignaro di come si stenda una sceneggiatura, disegna degli schizzi della sua storia a cui aggiunge poi i dialoghi e le didascalie. Terminata la sua opera la spedisce alla DC, la quale la consegna all’editor Mort Weisinger, che assolutamente ignaro dell’età dello scrittore rimane così impressionato dalla storia da accettarla subito e chiederne altre. Shooter manda una saga in due parti, che viene ugualmente approvata, poi Weisinger gli offre il suo primo lavoro su commissione, un racconto di Supergirl. Nasce così una leggenda. Le prime storie di Shooter vengono affidate a disegnatori più esperti come Sheldon Modoff e Curt Swan perché le ripuliscano da inevitabili imperfezioni: nonostante ciò soprattutto Swan (disegnatore del maggior numero di storie di Superman) rimane impressionato dagli schizzi del ragazzo ed adatta ad essi il suo stile. Questi racconti vengono infine pubblicati dal luglio 1966 sui nr. 346 e seguenti di ADVENTURE COMICS (ignoro se abbiano mai avuto una edizione italiana).
Shooter viene infine contattato da Weisinger, che scopre finalmente di aver a che fare con un quattordicenne. Ma questo non lo scoraggia e chiede al ragazzo di iniziare a scrivere su base regolare per la DC e di venire a New York per discutere di alcune cose, anche se per richiesta di Weisinger il primo viaggio Shooter deve farlo accompagnato da sua madre, cosa che lo imbarazza un po’. Arrivato nella Grande Mela a Shooter viene chiesto di non recarsi direttamente negli uffici della DC, ma di aspettare nella sua stanza d’albergo. Quando Weisinger infine arriva rimane impressionato da due cose: Shooter è più alto di lui (non a caso nel corso degli anni è stato spesso soprannominato lo Spilungone) ed è vestito in modo impeccabile, in giacca e cravatta. Weisinger invece si aspettava un ragazzino lentigginoso con una maglietta casual. Shooter ha il giusto codice di abbigliamento e di comportamento da passare come scrittore e può ora recarsi negli uffici DC.
Nei successivi cinque anni, oltre ai racconti della Legione, Shooter riceve da Weisinger altri incarichi per altre testate ed impara come sceneggiare in modo appropriato una storia. Non è tutto rose e fiori ovviamente. Innanzitutto c’è un problema che solo uno con l’età di Shooter può avere: la scuola. Il giovane sceneggiatore è costretto a studiare di giorno e scrivere la sera o la notte, cosa che non è esattamente salutare per nessuno. Oltre a ciò è a volte costretto a recarsi a New York, negli uffici della casa editrice, per discutere con alcuni editor. Secondariamente, quello che forse era iniziato come un divertimento, si rivela ben presto un lavoro serio e più duro del previsto, competitivo come molti altri: le scadenze e le pressioni editoriali sono davvero forti e spesso Weisinger critica il suo protetto definendo le sue storie stupide e lamentandosi anche dei particolari più insignificanti. Shooter (che bene o male all’epoca è ancora un ragazzo) all’inizio ci rimane male e pensa di ritirarsi dalle scene, poi però capisce che quella di Weisinger è solo una posa: finge di criticarlo, in realtà apprezza quanto sta facendo. E lo sceneggiatore di Pittsburgh prova ad osare.
Prima di questo tuttavia mi preme sottolineare una cosa: Mort Weisinger, uno della vecchia scuola, è la prima figura autoritaria, per così dire, che Shooter incontra nel corso della sua carriera. Da lui capisce che essere il capo non significa necessariamente essere l’amico di tutti, anzi, a volte comporta dire “no” soprattutto agli scrittori più quotati, che in forza di ciò credono che qualsiasi loro idea possa passare, anche la più orrenda. Inoltre, nel corso dei loro colloqui newyorchesi, Weisinger spiega a Shooter non solo il lato creativo dei fumetti, ma anche ciò che vi sta dietro: la produzione di un albo, la sua stampa, il merchandising, la pubblicità… Lezioni che Shooter ascolta con piacere e che gli sarebbero presto tornate utili.
Lo sceneggiatore di Pittsburgh è un nome nuovo negli uffici della DC Comics, una forza fresca, una mente giovane con idee nuove laddove gli altri scrittori, nella stragrande maggioranza dei casi, provengono dalla Golden Age ed hanno inevitabilmente idee conservative. Così prova ad inserire temi sociali nelle sue storie, ma capisce subito che un editor quando deve dire no non usa tanti giri di parole, lo dice e basta. La sua prima idea è di creare un supereroe afroamericano, Ferro Lad, che inizialmente appare solo in maschera: nei suoi piani, quando si fosse rivelato, la cosa sarebbe stata accolta come normale ed ordinaria, poiché in un illuminato trentesimo secolo di certo non possono esistere pregiudizi ed odi razziali. Sfortunatamente per lui, Shooter ha a che fare con menti precluse del ventesimo secolo: in questo caso l’idea gli viene bocciata poiché la presenza di un supereroe nero avrebbe reso difficile se non impossibile la distribuzione dell’albo nel sud degli Stati Uniti; successivamente il giovane scrittore prova ad introdurre lo scottante tema della droga, ma la storia (“The Lotus Fruit”) viene pesantemente revisionata togliendo ogni problematico riferimento poiché un racconto del genere, con un argomento del genere, sarebbe sicuramente stato bocciato dal Comics Code, cosa che all’epoca la DC non poteva permettersi. Lo stesso Stan Lee, quando poco tempo dopo fece una cosa simile su AMAZING SPIDER-MAN, andò avanti consapevole che non avrebbe avuto l’approvazione, una manovra più che rischiosa per quei tempi.
Tra alti e bassi Shooter scrive le storie della Legione fino al nr. 380 di ADVENTURE COMICS. Cinque anni durante i quali, anche grazie a lui, le condizioni economiche della sua famiglia migliorano. Inoltre, terminato il liceo, il giovane sceneggiatore si appresta ad entrare nel college. Il tutto mentre la storia dei suoi esordi comincia a filtrare fuori dagli uffici della DC Comics: inizialmente molti la ritengono una leggenda metropolitana e non ci credono. La Legione viene sostituita da Supergirl, mentre Cosmic Boy e soci diventano protagonisti di storie d’appendice su ACTION COMICS. Shooter però ha già raggiunto il suo scopo, la carriera nel campo dei fumetti non gli interessa: può dedicarsi ad altri obiettivi ora. E così abbandona questo colorato mondo, non immaginando che ne sarebbe presto diventato uno dei protagonisti principali.

3 – L’APPRODO ALLA MARVEL

I fan della Legione non approvano il cambiamento. Su ADVENTURE i loro eroi erano i protagonisti assoluti, su ACTION COMICS invece devono accontentarsi di poche pagine d’appendice. Inoltre manca qualcosa, manca quel mordente che c’era prima: è inevitabile che lettori adolescenti si identifichino in personaggi tratteggiati da un loro coetaneo e non da un ultraquarantenne vissuto in un’altra epoca. E così cominciano ad inondare la redazione di lettere, chiedendo che si torni a quei temi ed a quelle atmosfere. Occorre dire che a quell’epoca la DC Comics non inseriva i credits nelle sue storie, dunque a parte le persone più informate in pochi potevano dire:”Rivorrei quel ragazzo di Pittsburgh al timone della serie”.
Comunque la casa editrice corre immediatamente ai ripari: trasferisce la Legione su SUPERBOY, che per l’occasione viene rinominato SUPERBOY AND THE LEGION OF SUPER-HEROES, e circa a metà degli anni ‘70 richiama Shooter all’ovile, suppongo con un contratto economico non indifferente. Questo sancisce il ritorno definitivo dell’autore nel campo dei comics e ben presto avrebbe scalato le gerarchie, imponendosi come una delle più importanti figure mai esistite. Ma andiamo con ordine: Shooter ricomincia a scrivere le storie della Legione, ma entra subito in contrasto col suo nuovo editor Murray Boltinoff. E non solo una volta. Da qui all’addio alla serie il passo è breve. Ma stavolta Shooter decide di non ritornare nell’oblio.
Nel 1976 Marv Wolfman lo assume alla Marvel come editor associato. Shooter rimane colpito, la prima volta che entra negli uffici di questa casa editrice, dall’ambiente informale e goliardico che domina tra i suoi dipendenti, molto diverso da quello da lui visto alla DC. C’è gente che ride, scherza e gioca, ci sono persone vestite in modo assolutamente casual e non costrette ad indossare giacca e cravatta, ci sono gigantografie dei vari personaggi pubblicati… insomma, c’è di tutto. Ed a lui piace molto. Dopo un breve periodo di rodaggio Shooter comincia a sceneggiare alcune serie, tra queste GHOST RIDER, DAREDEVIL e AVENGERS.
Soprattutto su quest’ultima testata lo scrittore mostra tutte le sue capacità: coadiuvato dagli esordienti ma già capacissimi George Perez e John Byrne (futuro amico/nemico) dà vita a celebri saghe come ‘La Sposa di Ultron’ o ‘La Saga di Korvac’ e crea personaggi come Jocasta e Graviton. Oltre a ciò riceve il prestigioso incarico di plottare insieme a Stan Lee le storie dell’Uomo Ragno che compaiono sulle strisce sindacate di vari quotidiani. E questo fino al 1978, quando Archie Goodwin abdica dalla sua posizione come Editor-in-Chief e Shooter ne prende il posto.

martedì 21 febbraio 2012

Massimo un anno poi chiude ovvero lunga Ultimate vita!


"Gli dò un anno e poi chiude". "Ma sì, sarà come il 2099: tanto entusiasmo all'inizio, poi faranno andare tutto a... e chiuderanno in fretta e furia". "Una volgare operazione commerciale". E frasi derivate. Queste sono state un leit-motiv che ha connotato i primi anni di vita editoriale italiana dell'Universo Ultimate. Facili profeti, anzi, pessimi indovini.
L'Universo Ultimate nasce nel 2001. Da quanto ne so era un'idea che volteggiava negli uffici Marvel già nelle ultime settimane del "regno" di Bob Harras, poi Joe Quesada gli è succeduto come editor-in-chief e ha lasciato la sua impronta indelebile sul progetto. L'idea vincente (certo, vincente col senno di poi) fu quella di chiamare autori a quell'epoca poco noti, tali Brian Michael Bendis e Mark Millar, ma che o si erano fatti le ossa nel circuito indipendente con opere apprezzate e fuori dagli schemi (il primo) o che potevano contare su buone raccomandazioni (il secondo, spinto caldamente da Grant Morrison, i due infatti avevano collaborato su alcuni titoli DC/Vertigo).
Da questa triade, ma diciamo pure quadrilatero ed includiamoci il desaparecido Bill Jemas, nacquero Ultimate Spider-Man e Ultimate X-Men, che scossero le fondamenta dell'allora un po' assonnato comicdom. L'idea di fondo (banale? Scontata? Non se fatta bene) era quella di rivisitare i concetti che avevano reso grande il Marvel Universe alla sua creazione e riadattarli per le nuove generazioni, per quelli il cui padre manco era nato nel 1961. E, perchè no, strizzare l'occhio anche a quei lettori che quelle storie le conoscevano a menadito. Sarà strano, ma nessuno ci aveva pensato prima: tutti i precedenti tentativi di mondi alternativi come il New Universe o lo stesso 2099 si basavano su concetti narrativi differenti. E questo aldilà di sterili discussioni di una presunta continuity invasiva di quarant'anni, che inevitalmente lasciano il tempo che trovano dopo pochi mesi. Come ho accennato, ciò che fece breccia più di ogni altra cosa fu il modo in cui il tutto venne portato sulla carta, con sceneggiature fresche e moderne e disegni che andavano dritti allo scopo. Un modo che ha influenzato anche il Marvel Universe classico, e non solo perchè poi Bendis e Millar sono passati anche da quelle parti a "dettare legge". I brontoloni, gli uccelli del malaugurio, come ho detto ci furono, ma ho sentito anche pareri di persone che consideravano e considerano la continuity un mostro sacro, i quali ancora oggi continuano a dire che le prime storie Ultimate sono state ben realizzate.
Già, le prime storie... perchè a ben vedere le ultime... Il fatto che i concetti narrativi dell'Ultimate Universe siano andati ad influenzare le tematiche del Marvel Universe ha creato un circolo vizioso ed un gatto che si morde la coda: poichè quell'iniziale elemento di diversità non era ormai più presente. E cosa si è scelto allora per differenziare il franchise? Si è optato per la soluzione "overkill", stragi a getto continuo. Ovvero Ultimatum. Pessima scelta. Non è solo il fatto che nell'Ultimate Universe si possano narrare storie "che sarebbe impossibile vedere in un Marvel Universe oppresso da una continuity ultradecennale" (anche questo leit-motiv ha decisamente stancato e secondo me non corrisponde al vero), ma è il fatto che queste tematiche vadano affrontate da sceneggiatori che stiano al passo coi tempi. Jeph Loeb non rientra in questa categoria. E metterci tutti quei riferimenti al sesso, sinceramente... non è che si diventa moderni dicendo "tetta". Anche i primi due architetti ormai a mio avviso hanno fatto il loro tempo (parlo delle storie che sono arrivato a leggere finora, ovvero quelle precedenti a Fallout). Millar fa saghe che più che altro sono sue seghe mentali, mentre Bendis col "reboot" mi sembra aver gettato via in un sol colpo tutto ciò che aveva reso grande il suo Ultimate Spider-Man (oh, forse è anche per questo che lo ha fatto morire). Per quanto possa essere brutto dirlo, loro erano la novità dieci anni fa, ora sono la classicità dell'Ultimate Universe. E l'Ultimate Universe per sua natura deve prescindere dal classicismo.
Non conosco i dettagli del prossimo rilancio, ma a mio avviso bisogna ora, ad undici anni dall'esordio, ripartire con idee e sceneggiatori nuovi. Il concept iniziale ormai non è più perseguibile nè lo sarà mai più. Rimane la carta del narrare buone storie, fuori dagli schemi narrativi convenzionali. Quello ha sempre funzionato. In ogni caso quei pessimi indovini non li sento più parlare da anni. 

giovedì 16 febbraio 2012

Quella volta con Sergio Bonelli

Quella che segue è la cronaca di una giornata che per ovvi motivi non potrò mai dimenticare e che voglio condividere con voi.
Nel 2011 si sono celebrati i cinquant'anni della nascita di Zagor, personaggio che è stato giustamente celebrato nel corso dell'anno appena passato in numerose manifestazioni. Anche Comicus doveva dare il suo contributo a questa onorevole causa e ad un certo punto si prospettò la possibilità di poter intervistare nientedimeno che Sergio Bonelli. Era una possibilità che all'inizio appariva labile (non si era certi se Bonelli ci sarebbe stato e se, dovendo presenziare ad una delle tante manifestazioni in onore del personaggio da lui creato, avrebbe trovato il tempo per me), ma che io intendevo perseguire.
E così io e il mio amico Michele, in una afosa serata di fine giugno 2011, il 28 per la precisione, ci dirigiamo alla volta del Castello Visconteo di Pavia. Cominciamo subito bene imboccando l'autostrada dal lato sbagliato, ancora un po' ed arrivavamo a Bologna. Rapida marcia indietro, ma Michele mi rassicura:"Tranquillo, non mi sono perso a Las Vegas, vuoi che mi perda a Pavia?". Morale della favola, ci siamo persi a Pavia. E chiedi qui e chiedi là, e vai di qui e vai di là, alla fine superiamo quasi senza accorgercene una volta che sembra essere la porta ad un'altra dimensione e... toh, il castello è lì di fianco!
Michele mi rassicura ancora. "Tranquillo, non mi sono perso a Las Vegas, vuoi che mi perda dentro il castello?". E subito ci troviamo di fronte ad un cancello sbarrato. E allora seguendo con accortezza la scia di molliche di pane (i cartelli indicatori) arriviamo infine a destinazione, certi di essere in spaventoso ritardo.
La cornice della manifestazione era spettacolare, purtroppo per quante parole possa usare non riuscirei a descriverne la bellezza. Non siamo in ritardo, come temuto: ci sono poche persone, la manifestazione deve essere ancora inaugurata. Bonelli però è già presente e si sta intrattenendo con alcuni lettori. Qualche minuto dopo arriva Moreno Burattini, che Michele aveva conosciuto ed ospitato nel corso del ParmaFantasy di poche settimane prima. È lui che ci presenterà e porterà avanti la mia richiesta. La manifestazione ha inizio e gli zagoriani ammirano alcune tavole ed alcuni fumetti d'epoca, ma la mia attenzione è rivolta altrove. Chiaramente Bonelli è il centro dell'attenzione, e come potrebbe essere diversamente, ma alla fine Burattini ci introduce e gli chiede se è possibile fargli qualche domanda. La risposta è positiva e io cerco di non dare troppo a vedere la mia felicità.
"Andiamo fuori?" chiede Bonelli, capendo che il caos della manifestazione avrebbe reso impossibile una intervista in tutta tranquillità. Così prendiamo posto su un tavolino, affido a Michele la mia fotocamera e ne viene fuori il video che potete vedere qui sotto (mi rammarico sempre per l'audio che mi ha costretto a tagliare alcune parti).



Avrete potuto intuire la mia emozione da come agito i piedi all'inizio del video e di come la risposta di Bonelli a perchè i lettori di Zagor siano così fedeli mi abbia particolarmente colpito. La serata prosegue, c'è una bellissima conferenza in cui il grande editore ha il merito di non porsi al centro dell'attenzione e lasciare ampio spazio ai suoi collaboratori, infine tutto termina. C'è un ultimo saluto e poi io e Michele torniamo a casa (stavolta non ci perdiamo per davvero).
La mia intervista compare pochi giorni dopo su Comicus, al seguente indirizzo: http://www.comicus.it/interviste/item/49513-sergio-bonelli-lo-spirito-della-scure Un paio di mesi dopo faccio il montaggio delle riprese di quella sera e le carico sul mio canale Youtube. All'inizio e per un po' non ha molti contatti, poi un giorno collegandomi scopro che in una sola giornata ha ricevuto quasi 100 visualizzazioni. Temo il peggio. E così è: è il 26 settembre e Sergio Bonelli ci ha lasciato.
Qualcuno ha detto che solo perchè lui è scomparso, questo non significa che i lettori smetteranno all'improvviso di leggere Tex o Zagor. Vero. Ma quel bagaglio di esperienza, di maturità, di conoscenza profonda del mercato che Sergio Bonelli aveva... quello è irrepetibile, quello è perso per sempre. Solo il tempo ci dirà quanto e se questo avrà influenza sul mercato fumettistico italiano. A me nel frattempo rimangono i ricordi di quella piacevole serata.

lunedì 13 febbraio 2012

Caro Gardner Fox, J.J. Abrams avrebbe dovuto offrirti quantomeno un caffè

Sono reduce dalla visione della terza stagione di Fringe, la migliore di sempre a mio parere. E durante tutta la visione dei 22 episodi, un nome tornava ad affacciarsi alla mia mente: Gardner Fox.
Non so quanto questo autore possa dire qualcosa ai giovani lettori di oggi cresciuti a pane e Bendis (povere anime), ma Fox è stato un grande e se ancora oggi amiamo i fumetti lo dobbiamo anche a lui. In un impeto di sboronismo, affermo che il suo ciclo di Justice League Of America insieme a Mike Sekowsky sta quasi alla pari con i 102 episodi di Fantastic Four di Lee & Kirby.
Gardner Fox è già attivo durante la cosiddetta Golden Age, durante la quale crea decine di personaggi (tra cui "gentucola" come Flash, Hawkman e Sandman) nonchè il primo supergruppo della storia: la Justice Society of America. Ma andiamo oltre, arriviamo alla Silver Age. Dopo una tremenda crisi che rischiava di spazzare via i supereroi, essi ritornano in auge dal 1958 grazie a Robert Kanigher, Julius Schwartz e un nuovo Flash, quello di cui ancora oggi leggiamo le storie.
L'intuizione di Schwartz fu quella di riprendere gli elementi che avevano caratterizzato il successo del primo Flash negli anni '40 ed adattarli ad una nuova generazione di lettori, senza però dimenticare gli aficionados (eh, ce ne fossero ancora di editor così). Poichè infatti c'era un bagaglio di storie alle spalle che era un peccato dover buttare via. E così ecco che, col celebre nr. 123 di Flash, arriva la storia "Flash Of Two-Worlds". La cover di questa storia è entrata nella leggenda.


Giustamente è proprio Gardner Fox a riunire il vecchio ed il nuovo Flash, con una storia che seppure oggi un po' ingenua introduce il meraviglioso concetto di Multiverso: terre che vibrano su una diversa frequenza ma coesistono tutte nello stesso spazio. Inizialmente il tutto si limita a due mondi e con un successivo dittico di Justice League Of America essi assumono la denominazione di Terra-1 (il mondo dei nuovi eroi) e Terra-2 (il mondo degli eroi della Golden Age). Negli anni il numero di terre alternative aumenterà a dismisura, fino ad apparire agli occhi dei lettori (almeno così narra la leggenda) ingestibile.
Ma torniamo a Fringe. Anche se, ogni volta che veniva citata, ci si limitava a definirla "l'altra Terra", io definivo Terra-1 il mondo con l'Olivia originale e Terra-2 il mondo di Altlivia e soci. Perchè, onestamente, come non fare altrimenti? E quell'idea che la storia proseguisse sostanzialmente identica nei due mondi, con qualche lieve differenza, ecco... indovinate dove l'avevo già sentita? Non so se J.J. Abrams in qualche occasione abbia dichiarato questa sua ispirazione, che a me pare palese, ma ricordo molto bene l'episodio finale della stagione 2 in cui vengono mostrate le cover dei fumetti DC di Terra-2, tra cui Red Lantern & Red Arrow!
Altro richiamo fumettistico di questo telefilm sono gli Osservatori, nell'aspetto tutti dei piccoli Uatu. Anche la Marvel ha ricevuto un piccolo tributo, dunque. Insomma, perchè sforzarsi quando a volte le buone idee ce le hai sotto il naso e qualcuno le ha già scritte per te?


Gardner Fox muore nel 1986, lo stesso anno in cui la DC inizia a pubblicare Crisi Sulle Terre Infinite, storia che avrebbe spazzato via il suo concetto di Multiverso. Chissà cosa ne avrebbe detto, chissà cosa ne avrebbe pensato.

venerdì 10 febbraio 2012

Nerd Hulk ovvero dare a Ciommei quel che è di Ciommei

La mutazione è la chiave dell'evoluzione... scusate, la mia solita mania citazionistica. Ma un blog, per sua natura, è davvero un qualcosa in continua mutazione. Faremo ogni tanto delle modifiche qua e là, dei piccoli cambiamenti che speriamo possano piacervi.
Uno probabilmente l'avrete già notato: da un primo, scarnissimo, logo alla intestazione attuale che a me piace davvero molto. Il nostro caro Nerd Hulk (caro a Mark Millar, quantomeno) che nulla può contro la potenza di Nerdiade, da cui viene travolto e spazzato via... almeno io è così che lo interpreto :)
Un doveroso ringraziamento va all'ideatore del nuovo logo, Federico Cerri Ciommei, a cui dovrò offrire quantomeno un caffè la prossima volta che mi recherò a Terni. E vi propongo anche altre due prove da lui ideate e per ora messe da parte, ma chissà che un giorno...

Prova 1

Ci siete tutti?

Prova 2

Quel numero di FQ mi manca!

Io non sono così nerd come lei...

lunedì 6 febbraio 2012

Cioè, scusate... ovvero il trailer di Avengers



"I have an army"

"We have a Hulk"

Adoro queste gare a chi ce l'ha più lungo, ehm... Cari Ralph Fiennes e Uma Thurman, potete farvi da parte, grazie.



domenica 5 febbraio 2012

Così ha inizio - Ovvero chi sono e come lo sono diventato

Farò un esordio originale: ciao a tutti!
Vi scrive un aspirante nerd, perchè la strada per conseguire questo ambito titolo è lunga e piena di insidie, alcune delle quali passano da questo blog.
Il titolo di questo post è un "omaggio" a qualcuno che (forse senza neanche saperlo del tutto) mi ha consigliato alcune interessanti letture nel corso di questi anni: Michele, sentirete spesso questo nome in futuro. Perchè, per dirne una, fino a cinque anni fa non mi sarebbe mai passato per la testa di prendere l'edizione definitiva dell'Eternauta o la ristampa cronologica di Zagor, di prossima uscita. Per fortuna oggi non è più così.
Ma non parlerò solo di fumetti (e non solo di quelli del Marvel Universe, nonostante lo sfondo che vedete). Telefilm, film, libri... insomma, tutto quello che alimenta la passione di un (aspirante) nerd.
A questo punto sarebbe doverosa una presentazione, ma non vi annoierò troppo (ed in uno slancio di megalomania oserei dire che alcuni di voi già mi conoscono): Fabio Volino, un uomo che scrive un po' ovunque e siccome scriveva troppo poco ha deciso di aprire anche questo blog. Magari avete visto il mio nome su Comicus o magari siete capitati qui per caso. In entrambi i casi spero che rimaniate e che possiate divertirvi. Cercherò di dare del mio meglio.
E chiudiamo con alcuni ringraziamenti (il secondo post e già siamo alla fase dei ringraziamenti? Sì, è strano, ma io dopotutto sono solo un aspirante nerd). Un grazie di cuore a:
Andrea Antonazzo, di cui fui per un po' il "sidekick" :)
Elia Bonetti, che ha portato un po' di Marvel nella sperduta Fidenza.
Massimiliano Brighel, appassionato lettore prima che editor.
Fabio Ciacci & Ester Colombarini, mitica coppia di letteristi, due persone per cui mi rammarico di non aver ancora stretto loro la mano.
Gennaro Costanzo, perchè mi ha accolto in Comicus... ed è pure un bravo recensore, su :)
Alfredo Goffredi, lo conosco da poco tempo ma insieme siamo invincibili, manco fossimo i fratelli Strucker.
Matteo Losso, da Amazing Comics a Marvel Made In Italy, non l'ho perso di vista un attimo. Aspetto Marvel Made In Italy 3, a proposito.
Stefano Munarini, per avermi supportato fino alla fine.
Giuseppe Pili, un'altra persona piena di sincera passione.
Marco Rizzo.
Francesco Settembre,che  ha la bontà di pubblicare le mie follie da più anni di quanti riesca a ricordare e che è una delle persone più propositive che conosca.
Daniele "Tarlo" Tarlazzi, ideatore del nome di questo blog.
E sicuramente ce ne saranno altre e, lo dico, subito, me ne sono dimenticato: se pensate di essere stati esclusi, ditemelo pure.
E quindi... si parte! Ok, il mio primo compito come aspirante nerd sarà trovare un miglior grido di battaglia.


Nerdiade ovvero...


Impressioni di un aspirante nerd