sabato 31 marzo 2012

Powerless


Immagino succeda anche a voi di ritrovare ogni tanto, nella pila di fumetti che dovete ancora leggere, un volume che vegeta lì da mesi, se non addirittura anni, magari perchè il titolo non vi attirava più di tanto o semplicemente ve ne siete dimenticati. Poi però lo leggete e rimanete piacevolmente stupiti. La miniserie, datata 2004, che ho scoperto e letto di recente è appunto stata questa piacevole sorpresa: sto parlando di Powerless, mini di 6 numeri scritta dagli sceneggiatori televisivi Matt Cherniss e Peter Johnson e disegnata da Michael Gaydos, l'artista di Alias che per questa storia di sicuro ha deciso che Alex Maleev era un buon modello a cui ispirarsi (non gliene facciamo una colpa, sia ben chiaro).
Diciamolo subito, l'idea alla base della storia non è nulla di originale: dimostrare che il coraggio e l'altruismo di alcuni eroi (Devil, Uomo Ragno e Wolverine nello specifico) esistano aldilà dei loro superpoteri. Premesso questo, però, il tema centrale di tutta la miniserie, ovvero la narrazione delle vicende che coinvolgono tre semplici "esseri umani" di nome Matt Murdock, Peter Parker e Logan è a mio avviso veramente ben narrato, senza eccedere in inutili spiegazionismi o psicologismi (se questo termine non è mai stato usato prima, ne reclamo la paternità). Inoltre non si toglie il lusso (sarebbe stato anche semplice farlo) di intrecciare le varie storie tra loro. Ognuno dei protagonisti prosegue per la sua strada, che porterà ad una tragedia o ad un apparente lieto fine. Unico collante, uno psicologo con cui i tre entreranno in contatto, William Watts, di cui scopriremo l'identità Marvel solo nell'ultima pagina (un piccolo colpo di scena davvero ben fatto).
L'edizione italiana credeva così tanto in Devil... che l'ha depennato come protagonista dal titolo della copertina, lasciando l'onore della ribalta solo all'Uomo Ragno e Wolverine. Va beh, si può perdonare. Nelle note finali si parla anche di un possibile seguito, che però non è mai stato realizzato: forse è meglio così, alla fin fine.
Torno a rovistare nella pila di fumetti lasciati in sospeso, visto mai che scopra qualche altra perla...

giovedì 22 marzo 2012

I film che... ma anche no: Wrestlemaniac


Ci sono quei film trash, talmente trash da risultare geniali. E poi ci sono quei film trash, talmente trash da risultare vomitevoli. Con questa nuova rubrica, a cadenza 'la faccio quando trovo il film adatto', andremo ad occuparci della seconda categoria. Le pellicole che se non le vedete... meglio. Ovviamente in rete (youtube, blogosfera, ecc...) c'è gente molto più brava di me a fare questo tipo di recensioni, ma spero possano interessarvi.
Cominciamo da questo slasher ma mica tanto horror del 2006. Vai con la trama: un regista di porno amatoriali credibile quanto un Alan Moore sostenitore dei prequel di Watchmen se ne va in giro bel bello col suo furgoncino per gli States, insieme al suo unico cameraman (e una telecamera che si usava ai tempi dei fratelli Lumiere), le sue tre attrici por...tate per la recitazione ed il suo, boh non l'ho capito, sarà il produttore. Tutti loro pippano alla grande e questo fin dall'inizio segna la loro fine (niente droga oggi, niente sesso pre-matrimoniale negli anni '80, insomma non ci si può proprio divertire).
I primi 15 minuti sono dedicati all'appassionante e spasmodica ricerca di una toilette per una delle pu...lzelle (giuro che è così). E subito si intuisce uno dei leitmotiv del film: non appena una delle ragazze fa tanto di voltarsi, c'è un primo piano del suo lato B. Cosa che, per carità, va benissimo, ma alla novantanovesima volta viene un po' a noia. I nostri eroi preferiti dai pusher di mezzo mondo giungono infine nella consueta, scalcinata stazione di servizio (si passano questo set di film in film) dove trovano il solito buontempone che li esorta a non andare nella città fantasma chiamata El Sangre De Dios, perchè lì c'è il Diablo... che mirabile sottigliezza.
Chissà come mai, nessuno gli presta ascolto e così il furgoncino, dopo aver cozzato contro un enorme sasso in mezzo alla strada, va in panne e si ferma proprio davanti a... toh, El Sangre De Dios. Dopo le prime, focose riprese (eeeeehhhh), il produttore pipparolo ed una delle attrici scompaiono, al che il regista dice:"Fan..., io li lascio qui". Premuroso. Una delle altre ragazze poi decide di riparare il motore perchè "sono figlia di un meccanico e non sono solo un paio di tette". Se lo dici tu, ci fidiamo.
Gli altri tre allora vanno a cercare i loro amici scomparsi, scoprendo infine la verità. El Sangre De Dios è abitato da un'unica persona, El Mascarado, un lottatore di lucha libre così violento, che ha ammazzato così tanta gente che... lo hanno lasciato qui solo. Capite? Non lo hanno messo in prigione o in un istituto psichiatrico, ma confinato in una città fantasma. Il sistema penale messicano è troppo avanti!
Ma il cameraman ha l'intuizione del millennio: El Mascarado segue le regole della lucha libre, quindi se gli si toglie la maschera si arrenderà e non ucciderà più. Bravo! Seguono meritate botte da orbi a tutti e tre e, come premio, la loro faccia strappata ed appesa alla parete dei trofei. Memento mori. L'ultima sopravvissuta intanto ripara il motore e va alla ricerca dei suoi amici, per poi sfuggire al mascarado e nascondersi in un posto geniale, con una posa non sessualmente allusiva.

Si vede il marsupio?
Ma il tipo, che è fuuuuuuurbo, finge di andarsene e la coglie di sorpresa. E dopo altri 5 minuti di inseguimento utili a far durare questo film più di un'ora, anche la meccanica de no'altri ci lascia.
Il film si chiude col Mascarado che prende il furgone e se ne va, pronto a nuove stragi per un sequel che grazie al cielo non vedremo mai. Ci vediamo invece i titoli di coda, dove il cameraman si lancia in "divertentissimi" rap che suscitano le risate della troupe, che ancora non sa che non verrà pagata per questo film.

Minuti della vostra vita che guadagnerete non vedendo questo film: 75
Giudizio: What you gonna do when the Hulkmania runs wild on you!

lunedì 12 marzo 2012

Quel megalomane di Jim Shooter (IV)


10 – I SOGNI SON DESIDERI

Nell’epoca attuale, dominata dalla notizia dell’acquisto della Marvel da parte della Disney, forse stupisce un po’ che qualche tempo fa uno sceneggiatore abbia cercato di fare la stessa cosa. Con i se e con i ma non si arriva da nessuna parte, eppure mi chiedo come sarebbero andate le cose se fossero andate in un certo modo: la Casa delle Idee avrebbe mai rischiato il fallimento?
Dopo il suo defenestramento, Shooter tenta di rientrare in Marvel dalla porta principale: mette insieme una partnership e comincia a raccogliere soldi da una piccola compagnia creata per l’occasione, il tutto attraverso quello che lui stesso ha definito un anno da incubo. Alla fine la somma totale raccolta corrisponde a 81 milioni di dollari, sembra sia praticamente fatta, ma arriva la doccia fredda. Giunge all’ultimo istante un’offerta ritardataria da parte del gruppo di Ron Perelman (tramite una manovra di insider trading, peraltro) del valore di 82.5 milioni, che si aggiudica l’intera torta.
Ma non tutto il male viene per nuocere, come si suol dire. Perché quella somma di denaro raccolta c’era ancora e bisognava in qualche modo impiegarla. Dopo aver inutilmente tentato di acquistare anche la casa editrice Harvey, Shooter decide infine di fondare una propria compagnia editoriale. Dalla Voyager Communications nasce poi la casa editrice Valiant, grazie anche alla partnership con Steve Massarsky. Insieme i due si recano alla Fiera Internazionale del Libro di Francoforte, dove trovano un ottimo investitore nella Triumph Capital, che anch’essa tempo prima aveva avuto l’intenzione di acquistare la Marvel. Shooter li convince a gettarsi in questa nuova impresa. Verso la fine del 1989 l’avventura comincia.
Possiamo definire il Valiant Universe, anche se probabilmente sarebbe una definizione banale, come una sorta di New Universe 2.0: anche qui un universo non dominato dai supereroi, ma da un evento unico che corrispondeva al rilascio dei poteri della mente. Anche qui gli eventi di questo universo seguono il tempo reale del nostro mondo. Per procurarsi un solido background, Shooter acquista i diritti di pubblicazione di alcuni personaggi pubblicati tempo prima da un’altra casa editrice, la Gold Key Comics, come ad esempio Turok o Solar. Shooter coinvolge in questa impresa altra gente rimasta delusa dalle due grandi casi editrici di fumetti americane (questo due anni prima della fondazione dell’Image) come Bob Layton o anche Barry Windsor-Smith, nonostante la minaccia silenziosa per chiunque che, qualora qualcuno fosse andato a lavorare per lo spilungone, sarebbe entrato di diritto nella lista nera delle due big. Inoltre l’abilità di talent scout di Shooter non è mai venuta meno: nel corso degli anni la Valiant vedrà esordire quelli che sono oggi i grandi nomi del fumetto americano. Valga uno per tutti: su una serie di nome NINJAK, compare per la prima volta il nome di un certo Joe Quesada. Vi suona familiare, vero? E poi David Lapham, Tony Bedard…
Dopo un inizio inevitabilmente un po’ difficile (del resto agli esordi pubblicava fumetti dedicati al wrestling ed ai personaggi dei videogames), il Valiant Universe comincia ad ingranare circa un anno e mezzo dopo grazie soprattutto al crossover UNITY, scritto proprio da Shooter, che rende più coeso ed omogeneo il panorama di questo universo narrativo introducendo i primi, veri supereroi. Sempre Shooter si occupa inizialmente dei testi di ben sei serie regolari, qualcosa che lo fa quasi impazzire, soprattutto perché per la Valiant arriva a dare letteralmente l’anima lavorando anche nei giorni festivi. In un paio di anni questa nuova casa editrice si fa spazio nel mondo dei comics USA, fino ad insidiare le due big.
Ma anche questa vicenda non si conclude bene per lo spilungone. Tramite alcune manovre i suoi partner economici, che gli garantivano la quota di maggioranza della società, vengono licenziati e lui si ritrova in minoranza. La Triumph tuttavia afferma che la società è in perdita ed occorre l’inserimento di un nuovo investitore: Shooter inizia a pensare che questo non sia nient’altro che un modo per allontanarlo definitivamente dalla società, alla sua richiesta di maggiori spiegazioni riceve solo promesse di futuri chiarimenti e l’assicurazione che i nuovi partner, legati al colosso Toys R’Us, saranno fondamentali. Alla fine Shooter legge i termini dell’accordo e rimane scioccato: gli viene promesso un contratto di dieci anni da semplice dipendente, senza aumento di paga e con la sottrazione di tutti i suoi titoli come azionista della società. Inoltre i suoi nuovi compiti non sono ben definiti e c’è la possibilità di un immediato licenziamento in tronco al sorgere della prima, minima difficoltà. Al suo posto, con una classica manovra di nepotismo (ehi, esiste anche negli Stati Uniti, dunque) i parenti di altri azionisti.
Lo spilungone chiaramente non la prende bene, col carattere che si ritrova poi... Poco dopo ha un incontro con Bob Layton, il quale gli dice che i suoi compiti editoriali verranno rilevati da lui e da Barry Windsor-Smith: Shooter lo manda a quel paese e non gli ha più parlato da quel momento in poi. Poi fa fuoco e fiamme contro chiunque, sicuramente commettendo anche qualche errore di giudizio, minacciando cause e querele: inevitabile conseguenza, nel 1992 viene licenziato in tronco e deve successivamente affrontare lunghe e costose cause civili.
Cosa è accaduto dopo: il boom della Valiant termina, la società comincia a sperimentare gravi difficoltà finanziarie. Per farvi fronte la compagnia viene acquisita dalla Acclaim, una casa produttrice di videogiochi. La Valiant viene rinominata poco prima del 2000 Acclaim Comics, la quale decide di far ripartire tutti i titoli sfruttando sì il nome dei personaggi, ma introducendone nuove e più giovani versioni, senza apparentemente alcun punto di contatto col vecchio universo narrativo (questa storia l’ho già sentita). Fabian Nicieza viene nominato nuovo editor-in-chief. Ma ormai il periodo di vacche grasse è finito, tutte le case editrici di fumetti attraversano un periodo di crisi e la Acclaim non fa eccezione (aggiungiamo inoltre che qualche anno dopo la compagnia di videogiochi dichiarò bancarotta).
In un ultimo disperato tentativo di risollevare le sorti di questa casa editrice, nel 1999 Jim Shooter viene richiamato all’ovile. Lo scrittore progetta il crossover in sei parti UNITY 2000, col quale intende spiegare l’esistenza del nuovo universo narrativo, metterlo in correlazione col precedente e fonderli entrambi. Tuttavia è già troppo tardi, i gravi dissesti finanziari fanno sì che la casa editrice chiuda definitivamente i battenti quando solo tre capitoli del crossover sono stati pubblicati. E termina così una bella avventura, o forse no…

11 - PROVOCATO

Nel 1993 Shooter fonda la Defiant Comics, coinvolgendo in questa sua nuova impresa alcuni artisti provenienti dalla Valiant che gli erano rimasti fedeli come Dave Lapham. Inoltre anche alcune “vecchie glorie” come Dave Cockrum e Chris Claremont entrano nella squadra. Anche qui ci sono gli inevitabili problemi iniziali e la qualità degli albi, soprattutto a livello colorazione, non è quella che un perfezionista come lo spilungone desidera.
Non ci vuole molto tuttavia perché le vere difficoltà facciano capolino, basta solo l’annuncio del primo titolo: PLASM. Al sentirne il nome la Marvel Comics fa immediatamente causa alla Defiant in quanto a suo dire questo titolo violerebbe un loro marchio registrato per la linea editoriale Marvel UK, PLASMER. Dietro consiglio dei loro avvocati, la Defiant cambia il titolo della serie in WARRIORS OF PLASM, ma la Marvel Comics va avanti con la sua causa. Alla fine il giudice dà ragione alla Defiant, ma c’è una controindicazione: tutta questa vicenda è costata alla compagnia ben 300.000 dollari di spese legali. Una inezia per dei colossi editoriali, una vera e propria tragedia per una piccola casa editrice, praticamente i fondi aziendali sono stati prosciugati. E così, nell’estate del 1995, la Defiant cessa del tutto le sue pubblicazioni. I diritti sul suo parco personaggi sono attualmente nelle mani della Golden Books e Shooter non esclude di potervi tornare a lavorare, un giorno, in futuro.

12 – LA STRADA VERSO IL SUCCESSO

Jim Shooter si lancia subito in una nuova impresa, immediatamente dopo la chiusura della Defiant: Broadway Comics. Anche in questo caso l’universo narrativo che prendeva forma dai vari titoli ricordava molto come concetti di base il New Universe ed il Valiant Universe (avventure in tempo reale, scarsa presenza di uniformi supereroistiche), tuttavia la cosa ha breve vita poiché la compagnia a supporto della casa editrice (la Broadway Video Entertainment) nel 1996 viene ceduta alla Golden Books, la quale però ne dichiara immediatamente la bancarotta.
Quello che segue subito dopo è probabilmente, da un punto di vista strettamente editoriale, uno dei periodi più neri per Jim Shooter. Dopo il breve e fallimentare ritorno alla Valiant/Acclaim cui abbiamo già accennato, nel 2000 diviene consulente creativo di una ditta che si occupa di creare contenuti di entertainment per siti Internet.
Nel 2002 quella che sembra una svolta. A quel tempo Joe Quesada è già divenuto nuovo editor-in-chief della Casa delle Idee e contatta Shooter perché dia un seguito alla celebre saga vendicativa di Korvac: dopo numerose, gentili insistenze da parte di Quesada lo spilungone accetta e la notizia del suo imminente ritorno alla Marvel rimbalza su molti siti specializzati. Shooter scrive un soggetto di base di 8.000 parole per una miniserie di otto numeri, che incontra l’approvazione sia di Quesada che dell’editor designato, Tom Brevoort. Ma poi, alla prova dei fatti, tutto crolla. Per la prima volta da molto tempo Shooter si ritrova dall’altra parte della barricata, non è più il capo e deve sottostare alle indicazioni di altre persone. Aggiungiamo a questo che la figura dell’editor è decisamente cambiata dagli anni ’80 e che Brevoort è una forte personalità, capace di influenzare direttamente le trame altrui, e non avremo difficoltà a capire come mai questo progetto finisce prima ancora di iniziare.
Seguono altri anni di buio, di oscurità, ma alla fine qualcosa accade. Nel 2007 Jim Shooter torna al titolo che lo aveva reso celebre da ragazzino, LEGION OF SUPER-HEROES: non si tratta della Legione classica, ma di quella ideata da Mark Waid qualche tempo prima. Il problema è che proprio in quello stesso periodo la dirigenza DC inizia ad ideare progetti che possano riportare in auge la Legione del passato. Il risultato è che la serie viene lasciata un po’ a sé stessa e termina dopo neanche un anno. Nel suo classico linguaggio senza peli sulla lingua, Shooter afferma che ciò è stato fatto semplicemente per allontanare lui, dal momento che il disegnatore è stato subito assegnato ad altri progetti.
E proprio quando tutto sembra perduto, una nuova luce risplende. Nel 2008 i diritti della Valiant/Acclaim sui personaggi della Gold Key da lei acquisiti, ma anche quelli sui suoi personaggi, scadono. Messi all’asta, i diritti su Solar, Turok e Magnus Robot Fighter vengono acquisiti dalla Dark Horse, la quale ha recentemente annunciato l’intenzione di rilanciarli. E chi si occuperà di questo progetto, nonché delle sceneggiature? Proprio lui, Jim “Jimbo” Shooter. A quanto pare per lui la parola fine non vuole proprio arrivare e presto sicuramente sentiremo riparlare di lui, nel bene e temiamo anche nel male. Ma è per questo che abbiamo imparato a conoscerlo e ad apprezzarlo.

E così si concludeva il mio articolo originario. Da quel giorno in poi Shooter è stato coinvolto nel rilancio di alcuni titoli della Gold Key (Solar, Magnus, etc...) i cui diritti erano passati alla Dark Horse. Solo poche storie tuttavia sono uscite ed ancora si attende un vero e proprio revamp di questi personaggi... oh, poi tra un po' torna anche la Valiant, eh? E chiudo con questa sua frase:

“Se tu fossi l’attuale EIC della Marvel, cosa faresti di diverso?”
“Renderei migliori i fumetti”

martedì 6 marzo 2012

Quel megalomane di Jim Shooter (III)


7 – GUERRE (SEGRETE E NON)

Nel 1984 Shooter ottiene la sua ultima, personale soddisfazione. Tutto ha inizio quando una casa produttrice di giocattoli, la Mattel, si propone di lanciare una linea di action figures dedicata ai supereroi Marvel. Tuttavia chiede prima alla casa editrice di pubblicare qualcosa di epocale con il maggior numero di personaggi, di modo da suscitare curiosità intorno alla cosa. Anche stavolta piovono le critiche sul fatto che la storia che ne segue è semplicemente motivata da una scelta economica e nulla più. Probabilmente anche Shooter oggi sarebbe d’accordo, ma nonostante ciò decide di costruire attorno all’evento anche una epopea editoriale. Dopo un paio di titoli proposti e scartati, viene accettato MARVEL SUPERHEROES SECRET WARS, fondamentalmente perché la parola “secret” piaceva alla dirigenza. Il problema fondamentale che si pone attorno ad una cosa del genere è chi debba scriverla, poiché essendo coinvolti decine di personaggi appartenenti a svariati sceneggiatori è inevitabile che qualcuno possa vedere in malo modo il trattamento che un altro scrittore riserva ad un personaggio da lui gestito. La soluzione di Shooter è la più semplice, la maxiserie la scriverà lui: perché è il capo della baracca e, anche se qualcuno dovesse protestare, lui ha le spalle larghe ed inoltre potrà proporre interessanti evoluzioni narrative.
Su SECRET WARS ci sono alcuni tra i pareri più discordanti dell’intera storia del fumetto, tra chi la esalta e chi la boccia senza appello. Shooter ha cercato senz’altro di andare oltre il semplice concetto di “buoni contro cattivi”, cercando anche di introdurre nella storia alcuni elementi filosofici/esistenziali: in questo ha apportato uno dei cambiamenti più duraturi per quanto riguarda l’Uomo Ragno, facendogli assumere il costume nero che si sarebbe poi rivelato come Venom, uno dei nemici ancora oggi più insidiosi ed amati del tessiragnatele. Lo sceneggiatore non ha avuto problemi a gestire personaggi di cui si era già occupato in passato (i Vendicatori), ma ha avuto qualche difficoltà con quelli che non aveva mai scritto (gli X-Men). Aldilà di insignificanti questioni di continuity, SECRET WARS rimane ancora oggi una pietra miliare del fumetto. Shooter dice che è stato uno dei titoli più venduti della Marvel (vero) e non ne rinnega nemmeno una pagina, forse è l’opera che sente come la più personale e per questo non ha nemmeno voluto dare un’occhiata al “sequel” di qualche anno fa, che peraltro parlava di tutt’altro.
SECRET WARS avrebbe avuto l’anno dopo un secondo capitolo, dove gli elementi filosofico/esistenziali sarebbero stati maggiormente approfonditi, ma martoriati da disegni tremendi. Inoltre la descrizione dell’Arcano come sosia di Prince che cerca di sperimentare tutte le sensazioni umane toglie molto appeal a questo personaggio, che oggi alla Marvel è visto come una sorta di macchietta.
Nel frattempo i rapporti di Shooter con i pezzi forti della sua scuderia si incrinano drasticamente. Non è ben chiaro se ci sia lui dietro la partenza di Frank Miller dopo RINASCITA, ma di certo è da addebitare a lui l’allontanamento di Dennis O’Neil e Michael Carlin, due supervisori molto apprezzati dalla dirigenza. Ma di certo la diatriba più famosa rimane quella con John Byrne: nasce dopo il netto rifiuto di pubblicare una storia di Hulk piena solo di splash page ed alcuni contrasti in merito ad alcune trame future dei Fantastici Quattro. Di certo però dietro deve esserci qualcos’altro: un uomo pur rancoroso come Byrne deve avere un buon motivo se ancora oggi non può sopportare Shooter, e questo di certo non a causa solo di una storia bocciata. E così tutti questi nomi citati vanno alla DC Comics, che non è rimasta con le mani in mano. La pubblicazione di CRISIS ON INFINITE EARTHS e TEEN TITANS aveva dato nuova linfa ad una casa editrice che poco tempo prima era in condizioni disastrate ed il totale restyling di tutti i suoi personaggi più celebri (pur con le incongruenze del caso) attira molti nuovi lettori.
Byrne su Superman, Miller su Batman e tra i nuovi supervisori guarda caso Dennis O’Neil e Michael Carlin. Insomma, con le sue manovre Shooter si è creato dei nuovi, forti competitori e la dirigenza vede in lui il principale se non l’unico responsabile della rinascita della DC Comics ed il crollo delle vendite degli albi della Casa delle Idee. Non un crollo tragico, ovvio, però evidente. Appare chiaro che già dal 1986 i piani alti della Marvel cercassero un pretesto per poter allontanare Shooter: quel pretesto sarebbe arrivato presto ed avrebbe portato un nome infausto.

8 – IL NEW UNIVERSE

Quello che è stato forse il più grande fallimento economico della Marvel ha avuto radici profonde. Nel 1986 la Casa delle Idee festeggiava i venticinque anni di vita, essendo passato appunto un quarto di secolo dall’uscita del primo numero di FANTASTIC FOUR. Chiaramente la storia della Marvel ha origini più profonde e sotto altri nomi e serie, ma in questo caso si voleva celebrare degnamente l’anniversario di un evento che aveva segnato la storia del fumetto.
E per eventi del genere bisogna prepararsi con largo anticipo. Due anni e mezzo prima, avviene una riunione editoriale tra Shooter, il Presidente ed i vicepresidenti della Marvel per discutere al meglio come celebrare questo anniversario. L’EIC propone due idee: far ripartire tutte le serie da uno, come una sorta di rinascita (così come era stata una “rinascita” FANTASTIC FOUR 1), ma questa viene scartata poiché le testate non vendevano così male e ciò poteva rivelarsi una manovra fin troppo azzardata; la seconda idea sul piatto è quella di onorare la nascita di un universo narrativo dando vita ad un altro universo narrativo. Un New Universe, appunto. Stan Lee e soci avevano rotto gli schemi prefissati del medium fumetto dal 1961 in poi, questo nuovo progetto doveva fare altrettanto. E così alla fine l’idea viene accettata ed a Shooter viene offerto un budget di circa 120.000 dollari per svilupparla.
Dopo il meeting Shooter incontra Tom DeFalco, il quale si propone come assistente per sviluppare il progetto: lo spilungone gli consegna il budget e gli dà carta bianca. Tuttavia passano svariati mesi e Shooter non vede risultati: dopo circa un anno poco di quel denaro è stato speso e principalmente per la creazione di un paio di personaggi che non trovano il gradimento dell’EIC. Uno di questi, in versione abbozzata, qualche anno dopo avrebbe trovato gloria come Speedball. Shooter prende personalmente in mano le redini della cosa ed insieme a DeFalco ed il fido Eliot Brown passa una intera giornata a buttare giù idee per questo Nuovo Universo. A Shooter viene in mente una cosa: l’originale Marvel Universe, nella concezione di Stan Lee, cercava davvero di fare della fantascienza credibile inserendola in un contesto realistico. Nel primo numero di FANTASTIC FOUR, ad esempio, gli eroi non indossano alcun colorato costume. Solo successivamente sono state inserite idee fantasy come la Zona Blu o Atlantide, nella tipica grandeur di Kirby. Shooter propone di ritornare a quella originale concezione, con un contesto il più possibile realistico (il famoso detto “il mondo che potete vedere fuori dalla vostra finestra”) e veri fumetti (fanta)scientifici, dove gli eventi si basano su fatti reali. Niente elementi fantasy come la Zona Blu e soprattutto niente costumi.
Shooter scrive una pagina di presentazione di questo suo progetto e lo sottopone alle alte sfere ed a Stan Lee: tutti quanti lo approvano e lo esaltano. Vengono ideate otto testate: STARBRAND, DP7 (le uniche due che si sono viste anche in Italia), JUSTICE, SPITFIRE AND THE TROUBLESHOOTERS, KICKERS INC., NIGHTMASK, MARC HAZZARD: MERC, PSI FORCE. Col senno di poi si può dire che questa è stata una manovra azzardata: in un mercato di allora con molte buone proposte era improbabile che il pubblico si interessasse subito ad un progetto così sofisticato. Ma i problemi cominciano anche prima. La Marvel Comics ed il gruppo editoriale iniziano ad avere infatti i primi dissesti economici, quelli che in un futuro non troppo lontano avrebbero quasi portato al fallimento. Il budget per il New Universe viene ridotto a 80.000 dollari, poi a 40.000, poi a 20.000, infine bloccato del tutto. Shooter si incazza leggermente, ma non può fare altro. Chiaro che con queste premesse nessun grande nome del fumetto avrebbe preso parte al progetto, se non i fedelissimi di Shooter (DeFalco, Goodwin, Gruenwald) che lavorano praticamente pro-bono: le uniche due grandi firme sarebbero state John Romita Jr. e Al Williamson, solo perché conquistati dall’idea di STARBRAND e pagati praticamente una miseria, per loro scelta. Per il resto, molti di quelli che parteciparono allora oggi sono o sono state delle star (Lee Weeks, Peter David, Fabian Nicieza, Mark Texeira, Whilce Portacio, ecc…) ma all’epoca erano dei perfetti sconosciuti. Non è difficile dunque intuire cosa sia accaduto.
Entro un anno dall’inizio metà delle otto serie ha chiuso i battenti, mentre le altre sono state rilanciate a parte DP7, unica ad avere mantenuto lo stesso team creativo sino alla fine. Il motivo l’ho spiegato più sopra, aggiungiamo a questo il fatto che dopo CRISIS ON INFINITE EARTHS la DC Comics era tornata ad essere un forte competitor ed aveva sottratto quote di mercato alla Marvel, la quale ben si guardò dal promuovere minimamente il New Universe. Lo stesso Shooter ammette oggi senza troppi giri di parole che buona parte di quei fumetti era spazzatura (lui ha usato un termine anche più forte) fatta da gente che all’epoca non aveva lavoro. E se tutti si erano dichiarati entusiasti all’inizio, col fallimento del progetto la colpa ricade unicamente sull’EIC, che pure non è esente da negligenze in questi fatti, è giusto affermarlo. E così il pretesto, un ottimo e giustificato pretesto, per cacciare via lo spilungone arriva: alla fine del 1987 Jim Shooter non è più EIC della Marvel e viene licenziato in tronco.

9 – JIMBO ALLA CONQUISTA DEL MONDO

Il giorno in cui Jim Shooter venne cacciato dalla Marvel probabilmente fu acclamato con un grido di gioia collettivo, senza barriere editoriali: i nemici, i rancori ed i risentimenti che l’EIC si è guadagnato nel corso degli anni  lo perseguiteranno per molto tempo. Deve essere davvero dura sperimentare sulla propria pelle le sensazioni di essere visto come un reietto, quando poco tempo prima eri in cima al mondo. Infatti per molto tempo il telefono di Shooter non suona più.
Così decide di prendere in mano lui la situazione, ma come detto le mura erano già state erette. Un esempio concreto Shooter lo ha quando contatta Paul Levitz e gli propone una storia della Legione dei Supereroi, una sorta di ultima avventura. Una storia senza legami di continuity, da pubblicare a parte, insomma che non pestava i piedi a nessuno. Eppure l’ex EIC si premura di avvisare Levitz che ci sarebbe stato qualcuno che avrebbe protestato, ma lui lo esorta a non pensarci e gli promette di richiamarlo presto. La promessa non viene mantenuta e così Shooter ricontatta Levitz, la sua risposta è disarmante: i rancori sono ancora troppo forti, si creerebbe troppa tensione, meglio lasciar perdere. Shooter allora si propone di diventare direttore della divisione editoriale della Disney, ma persino lì le voci a lui contrarie lo scalzano da quel ruolo prima ancora che possa conquistarlo.
Ciliegina sulla torta: con la cacciata di Shooter il New Universe viene ridimensionato, ma STARBRAND continua comunque ad uscire. E c’è qualcuno che non vede l’ora di metterci le mani addosso: si chiama John Byrne. Il suo intento dichiarato è quello di ridicolizzare le idee ed i personaggi di Shooter e far capire chiaramente quanto il suo allontanamento sia stato un bene per tutti. Gli basta un solo numero. Ken Connell è un personaggio complesso e dalle molte sfaccettature? Diventa un idiota che viene deriso dai suoi amici e dalla sua fidanzata. Niente costumi colorati? Arrivano subito e senza troppi ripensamenti. Realismo? Ken Connell incontra ad una convention di fumetti John Byrne, Mark Gruenwald e Howard Mackie, i quali gli fanno capire che lui è un personaggio irreale che vive in un contesto irreale.
Ed infine l’apoteosi: nelle ultime pagine Ken Connell con un’azione avventata distrugge Pittsburgh. Sì, proprio la città natale di Jim Shooter. Non c’è molto sottotesto in questa decisione, è tutto perfettamente chiaro. Shooter (come EIC) è morto, sono morte anche le sue idee e la sua città.
Insomma, sembra proprio sia arrivato il periodo più buio per lo spilungone, un qualcosa che lui non poteva prevedere. Ed è allora che ha una idea folle, una idea che rischiava quasi di concretizzarsi: comprare la Marvel Comics.